Incipit
Milano, 10 ottobre 1990Via Monte Nevoso Ore 04.00
L’uomo parcheggiò sul passo carrabile. Scese dalla macchina con la sua solita tracolla di pelle. Estrasse le chiavi del civico 8, aprì il portone, salì al primo piano ed entrò nell'appartamento che dodici anni prima era stato il covo di Azzolini, Bonisoli e della Mantovani.Si chiuse la porta alle spalle e iniziò a girare la casa, al buio.Raggiunse il tavolo su cui il capitano Arlati aveva trovato il memoriale di Aldo Moro, spostò una sedia e ci sprofondò sopra.Dall'imbottitura uscì uno sbuffo di polvere.Fumò una Gauloises.Quando ebbe finito si alzò, si avvicinò alla finestra, guardò dall'altra parte della strada: a sette metri da lui, nella vecchia camera di Fausto Tinelli, c'era la luce accesa.Erano anni che Danila non la spegneva.Poi l'uomo si chinò, rimosse la parete di cartongesso sotto alle imposte e aprì la sua tracolla di pelle. Estrasse il plico. Lo guardò a lungo.Erano dodici anni che lo custodiva.Gli era arrivato per posta quando le cose si erano messe male – il mantenimento di una promessa cui non aveva mai creduto davvero – e da quel momento non ne aveva mai parlato con nessuno.Dietro al pannello, nell'intercapedine, c'era il borsone nero.Lo aprì e controllò il contenuto.Sorrise.Esattamente come gli avevano detto.Poi infilò il plico nel borsone, riposizionò nel pannello e se ne andò.
Nell'introduzione
al romanzo, l'autore scrive:
«Questo è un romanzo in cui si narra di fatti realmente accaduti, di altri che non sono accaduti e di altri ancora che sarebbero potuti accadere.»
I
fatti accaduti sono quelli ricordati ogni anno, ogni 16 marzo: il
rapimento di Aldo Moro e l'uccisione della sua scorta, in via
Fani a Roma, mentre si accingeva di andare a votare la fiducia alla
Camera al governo di “non opposizione” dei comunisti,
frutto del lungo percorso di avvicinamento dei due grandi partiti di
massa.
Ma
tra i fatti reali attorno a cui si sviluppa il racconto c'è anche il
duplice omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Jannucci, delitto
senza alcun colpevole anzi, un delitto con una soluzione di comodo
(una storia tra spacciatori, no un omicidio interno alla sinistra) e
senza alcuna indagine seria da parte della polizia.
La
caccia al memoriale di Moro, quello scoperto una prima volta nel covo
delle BR di via Monte Nevoso, a pochi passi dalla stanza di
Fausto Tinelli guarda caso.
E
quello scoperto poi successivamente nell'ottobre 1990, a muro di
Berlino abbattuto, contenente qualche paginetta in più.
Un
memoriale contenente gli interrogatori, le lettere, i segreti di
Stato confessati da Moro ai suoi carcerieri nella prigione del
popolo. Gladio, il golpe De Lorenzo, Piazza Fontana ..
Un
memoria che faceva paura a tanti e che in tanti avevano cercato: come
il generale Dalla Chiesa e il suo aiutante Varisco, come il
giornalista Carmine Pecorelli, giornalista.
Tutti
e tre accomunati dal medesimo destino di morte.
Ecco,
su queste storie, su queste strane (perché misteriose, perché
con troppe zone d'ombra) possiamo fermarci alla verità di comodo,
alla forma dell'acqua (per citare un famoso romanzo di Camilleri),
oppure possiamo usare l'arma della fiction, della storia romanzata,
per cercare di arrivare ad una verità diversa, scomoda per qualcuno,
ma forse più verosimile di quello che si è raccontato fino ad oggi.
Così,
Alessandro Bongiorni, promettente giallista milanese, prova a
raccontarci le stesse storie, seguendo punti diversi, quelli degli
strani eroi di un “romanzo criminale” della fine della
Prima Repubblica.
Persone
che forse non sono mai esistite, ma che avrebbero potuto anche
esistere.
Persone
che si muovono a fianco degli attori principali, Aldo Moro e la
scorta, Andreotti e Cossiga, la scorta, le BR ufficialmente
responsabili del rapimento e della morte del presidente DC.
Persone
come il colonnello Ruiu, anima sporca dell'Ucigos, la
struttura di intelligence del Viminale voluta da Cossiga, che prese
il posto dell'ispettorato antiterrorismo del prefetto Santillo,
composto da poliziotti poco flessibili alla ragione di stato, specie
quando questa è contraria alle leggi, in nome di una ragione di
stato usata per nascondere interessi di potere.
Ufficialmente era un carabiniere, ma da un mese e mezzo le cose erano cambiate. Il nuovo anno, infatti, si era aperto con la creazione, da parte del ministro dell’Interno Cossiga, dell’Ucigosuna struttura particolare che dipendeva direttamente dal Viminale. Un gradino sopra la normale polizia, un gradino sotto i Servizi.
Dove
sta il confine tra il bene e il male, se sei costretto sempre a stare
dalla parte del male?
Persone
come il bastardo e il segugio, i due giornalisti de l'Unità
Brutto e Peres, che si mettono subito a seguire una loro pista
sul delitto di Fausto e Iaio.
Il
primo dei due, Mauro Brutto, è un giornalista è veramente
esistito (ancora una volta, realtà e un pizzico di finzione), se
volete sapere qualche cosa di più potete leggere il libro di Daniele
Biacchessi “Fausto e Iaio – La speranza muore a diciottoanni”.
Persone
come Cinzia, la donna usata dall'uomo Potente (così
viene chiamato nel corso del libro, senza mai usarne il nome, anche
se si comprende che dietro ci sia l'ombra di Gelli) per andare a
letto con gli uomini per carpire i segreti e poterli manovrare.
16
marzo 1978, Roma
Il
quinto governo Andreotti, monocolore DC con l'appoggio esterno del
PCI, doveva essere il culmine della carriera politica di Aldo Moro:
quella mattina, assieme alla sua scorta stava andando a votare la
fiducia ad un esecutivo in cui finalmente si coinvolgeva il più
grande partito comunista in Occidente di prendersi un pezzo delle
responsabilità di governo.
Un
percorso di avvicinamento, quello di Moro e Berlinguer, nato dal
desiderio di fare un passo in avanti al paese, dopo il golpe in
Grecia e quello in Cile, dopo la contestazione, le stragi negli anni
precedenti, le minacce velate ricevute da Washington.
«La avverto», aveva tagliato corto Kissinger, le mani piantate sul tavolo. «Se non cambia la sua linea politica, la pagherà molto cara.»
Il rapimento di Moro e la strage della
scorta (con tutti i dubbi sulla dinamica ancora oggi rimasti) fu
uno choc per il paese.
La mobilitazione delle masse, che si
auspicavano i dirigenti delle BR, ci fu, ma in senso inverso, per
difendere le istituzioni, non per abbatterle.
Uno choc per il suo partito, per il Parlamento,
ma in particolare anche per due suoi colleghi: Cossiga e Andreotti,
preoccupati per due borse di Moro finite nelle mani dei brigatisti e
contenenti documenti importanti per il paese.
Aveva
staccato da meno di un’ora, e alle sette avrebbe dovuto presenziare
al primo comitato di crisi. Parrucconi e spie. Froci baciapile.
Strani eroi.
Il
colonnello Ruiu, chiamato al Viminale
dal comitato di crisi, viene incaricato di recuperare queste valigie,
a qualunque costo.
«Prenda un paio di uomini dell’Ucigos, li scelga lei. Gente di cui si fida. Indagate per conto vostro e non condividete nessuna informazione con chicchessia. Neanche con i Servizi. Riportate solo ed esclusivamente a me, intesi?».
Ci sono segreti che non possono essere
rivelati al popolino, che non comprenderebbe quello che si gioca sui
tavoli della democrazia, non approverebbe forse certi giochi sporchi.
Come il fatto che le BR erano seguite
da mesi, come seguito da mesi era anche Moro.
Come certi personaggi dei servizi
presenti quella mattina in via Fani..
Matteo Brutto e Carlo Peres sono
invece due giornalisti vecchio stampo de l'Unità di Milano: Brutto
detto il segugio, l'anziano, e Carlo, la sua ombra, un giornalista
che “sapeva tacere. Taceva, e ascoltava. E capiva. Una dote,
questa, più unica che rara, soprattutto per un giornalista di fine
anni Settanta”.
Avvisati del
duplice omicidio nel quartiere Casoretto, in quella sera del 18 marzo
1978, si precipitano a raccogliere le notizie, a fare il loro
mestiere.
I
due giornalisti de l'Unità porteranno avanti, quasi in solitudine,
una loro indagine sul delitto di via Mancinelli, capendo fin da
subito di essere finito in un grande depistaggio, in un delitto dai
risvolti poco chiari: i troppi comunicati di rivendicazioni, le armi
utilizzate, la fuga degli assassini ..
Cosa avevano visto o fatto i due studenti, che
stavano scrivendo un libro bianco sul consumo di droga a Milano, per
essere uccisi?
Fausto Tinelli e
Lorenzo Iannucci erano due studenti, frequentavano il centro sociale
Leoncavallo ma non erano due estremisti (con tutto quello che può
voler dire questa parola), lavoravano ad un libro bianco sullo
spaccio della droga.
I loro assassini,
uno dei quali vestito con un trench bianco, li hanno fermati per
strada, gli hanno sparato e poi si sono dati alla fuga, ripassando
davanti al locale da cui i due erano usciti.
Un comportamento
strano. Come strano il fatto che sparassero attraverso una retina,
per non far ritrovare i bossoli. Strane anche le rivendicazioni.
Troppe, per non pensare ad un depistaggio.
L’accusa di depistaggio, poi, che classificava la prima rivendicazione come fittizia, sembrava grottesca. La puzza di insabbiamento si sentiva lontano un miglio.
E' un'indagine che li mette a dura
prova: come per Moro, anche qui ci sono troppe cose che non tornano,
le indagini non fatte dalle forze dell'ordine, gli strani
comportamenti dei killer. Cose strane successe nei mesi precedenti,
quando Fausto si sentiva seguito.
Strana anche la sparizione di parte del
libro bianco.
Strani anche quei movimenti di persone,
che muovono strani macchinari, vicino casa Tinelli, che si scoprirà
poi, era vicina al covo delle BR.
..due uomini che, carichi di scatoloni, uscirono dal palazzo di Fausto. I due attraversarono la strada e deposero gli scatoloni nel baule di una berlina scura parcheggiata. Peres intravide degli aggeggi elettronici spuntare da uno scatolone aperto.
L'indagine mette a dura prova anche
l'amicizia tra i due, il segugio e il bastardo, che si allontanano, come se
all'improvviso Mauro Brutto volesse tenere Peres al riparo da
certe indagini troppo pericolose.
I neofascisti, le BR, la droga, tutte
quelle morti:
… Carlo Peres era tornato a vedere i morti. Da quando aveva lasciato l’Unità, i corpi martoriati di Fausto e Iaio erano diventati solo un ricordo sbiadito
Infine Cinzia, la bellissima
donna dai capelli rossi, cresciuta con le suore e finita a fare la
cacciatrice di uomini per conto dell'uomo potente, una specie di
“grande vecchio” che vive sulla sua villa sulle colline di Siena:
uomini che fa innamorare, e che alla fine “finivano sempre per
fare quello che voleva lei. Soldi, gioielli, vestiti, viaggi: Cinzia
aveva tutto. Farsi mantenere da un uomo di successo era un gioco da
ragazzine..”
Questa volta è il
turno di un magistrato di Roma, impegnato nel caso Moro, che l'uomo
potente deve tener d'occhio, affinché la vicenda Moro segua il corso
che qualcuno ha deciso che deve prendere.
Moro deve morire.
Le BR devono essere portate là dove queste persone, l'uomo potente,
la sua loggia, l'alleato americano, vogliono.
Tutti e quattro, questi strani eroi,
sono alla ricerca di qualcosa: la verità sulla morte di Fausto e
Iaio, i misteri sul rapimento di Moro, la libertà da ricatti e
inganni.
Strani eroi è un giallo che
segue la scia di Romanzo Criminale, di Giancarlo De Cataldo o anche
Confine di Stato di Simone Sarasso: usare la fiction per cercare di
raccontare i misteri italiani, usando una forma di narrazione del
“non vero ma verosimile”, capace di colmare tutte le
lacune che la verità giudiziaria ha lasciato.
Ma le cose sono andate veramente così?
C'è stata veramente una femme fatale
nelle mani della P2 e del grande vecchio che, nella sua villa lontana
dal caos romano, decideva le sorti di Moro e della democrazia
italiana come un puparo muove i suoi burattini?
Veramente in quella mattina in via Fani
non c'erano solo le BR, ma anche altre persone?
Il direttore di Maquis si girò verso Peres. «Brutto ci è morto, per questa storia.» «Quale storia?» «Infiltrati. Spie. Agitatori.» «Agenti dei Servizi infiltrati nelle BR?» «Anche, ma non solo.» Calò un silenzio pesante.
Veramente le cose nel comitato di crisi
sono andate come ci racconta Bongiorni?
Veramente ai vertici della polizia di
Cossiga, l'Ucigos (una struttura che in seguito fu sciolta), c'erano
personaggi con gli occhi da demonio e pochi scrupoli di coscienza per
far fuori i nemici della ragion di Stato?
«Un capo assoluto a cui, in nome della ragion di Stato, tutto è concesso.» Poche parole ma dirompenti. Una sintesi oltremodo efficace. Due righe che spiegavano meglio di qualsiasi dissertazione chi era davvero Giulio Andreotti...
Veramente c'è stata una trattativa tra
parti dello Stato e le BR per consentire una soluzione della vicenda
Moro che fosse conveniente ad entrambi? Pochi anni di carcere per gli
assassini di Moro e della scorta in cambio della sparizione di
segreti troppo compromettenti per chi ha governato questo paese per
decenni...
Non è mai troppo tardi per chiedere e
pretendere la verità, che liberi la democrazia da ricatti e bugie.
Ma possiamo leggere questo romanzo solo
come un noir, un bel romanzo pieno di azione, colpi di scena, veloce,
serrato, drammatico e sconvolgente. Con dentro anime nere e anime
sporche. Pochissimi eroi dall'anima pulita. Strani eroi, appunto, che
dovranno decidere se vivere o morire:
Ricordati: puoi morire da uomo libero o vivere da persona intelligente. A te la scelta.
Buona lettura!
La scheda del libro sul sito di
Frassinelli
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