Alla fine le cavallette non sono arrivate, dopo il botto dei populisti anti sistema: l'unica risposta che hanno dato i mercati è stato il -5% del titolo Mediaset, che è di fatto il commento politico più importante del dopo voto.
Crolla il titolo di un'azienda che è privata solo per finta, essendo legata a doppio filo alle fortune politiche del partito di Berlusconi che si è visto sorpassare dalla creatura mediatica coltivata nelle sue trasmissioni televisive.
Il giorno dopo non sono arrivate le cavallette e nemmeno le dimissioni del segretario PD: si dimette, ma dopo. Dopo aver condizionato la formazione del governo (chissà quando), del voto dei due presidenti di Camera e Senato.
Comunque ha detto un chiaro no agli estremisti del 5 stelle e della Lega. Perché Forza Italia, il partito di Dell'Utri, delle leggi vergogna, dei lodi e dei condoni non è estremista.
Ancora una volta si cercherà di tener fuori il m5s dal governo, così la prossima volta potrebbero prendere anche il 40%.
Vero che i (non) risultati di Roma sono sotto gli occhi di tutti, ma o decidiamo che il voto degli elettori non vale più (con grande soddisfazione degli opinionisti da salotto) oppure iniziamo a rispettare anche quegli elettori.
Sia da chi ha perso.
Sia da chi ha vinto, perché ora vogliamo veramente vedere all'opera i signori delle promesse: i clandestini da cacciare, le ruspe per le moschee, la flat tax.
Oppure, nel caso si arrivasse ad un governo di scopo, la sua composizione e la sua agenda. Il ricordo di Monti e del suo loden è ancora vivo.
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