13 luglio 2020

10 anni dal crimine infinito

Dieci anni fa, nella mattina del 13 luglio 2010 uscirono i primi lanci d'agenzia: 300 persone venivano arrestate per i reati di usura, traffico di stupefacenti tra Lombardia e Calabria.
La più grande operazione contro la ndrangheta qui al nord: la mappa delle ndrine qui (fino a Mariano Comense, Desio, Canzo), nelle province lombarde portò in molti a dire che non si doveva più parlare di penetrazione mafiosa, ma di colonizzazione.
Colonizzazione che toccava l'imprenditoria, il mondo dei professionisti, il mondo della politica.

Ma nonostante gli arresti, i contatti, l'ultimo velo che cadeva sul segreto di Pulcinella, la presenza delle mafie al nord, la classe politica lombarda cercò di minimizzare la portata dell'operazione. Parlo del sindaco di Milano Moratti e del prefetto Lombardi. 
Parlo del ministro dell'interno Maroni che pretese un posto in prima fila in Rai per rispondere alle parole di Saviano, che aveva detto una cosa ovvia, le mafie al nord parlano con tutti i partiti.

"Non c'è la mafia, ci sono solo singoli mafiosi" .. "non c'è mafia, c'è la criminalità organizzata".
C'era proprio un tabù nel pronunciare la parola mafia: ma dopo quell'inchiesta cambiò tutto.
Non si poteva più negare nulla, dopo aver letto le carte sulla vicenda di Perego Strade, un'azienda nota qui in Brianza, finita nelle mani della ndrangheta.
Non si poteva negare nulla dopo le intercettazioni che inchiodavano l'assessore Zambetti, definito pisciaturo.

Attenzione, della presenza della mafia al nord lo si sapeva da anni, almeno dagli anni ottanta, con le inchieste sulla Duomo Connection, l'inchiesta Wall Street.

Imprenditori che non vedevano i mafiosi o che li vedevano ma non denunciavano per paura o convenienza.
Politici locali che facevano campagna non con l'antimafia ma sulla connivenza, accettando pacchetti di voti sporchi.
La procuratrice Alessandra Dolci oggi alla DDA di Milano, dieci anni fa era nel pool che aveva condotto l'inchiesta: a Rafdio Popolare ha commentato l'inchiesta crimine infinito spiegando che è cambiato poco, dopo dieci anni, non c'è la fila di imprenditri che vengono a denunciare il pizzo, il racket. E nemmeno c'è la fila di politici che denunciano contatti tra esponenti dei loro partiti con la mafia.

In dieci anni le cose sono cambiate poco: i boss della famiglia Moscatello, a Mariano, fino a ieri, ricevevano a casa i politici che chiedevano loro i voti dei mafiosi.
E oggi le mafie sono ben mimetizzate nell'hinterland milanese e nelle altre province, le nuove leve sanno essere bilingui, scriveva ieri Davide Milosa sul Fatto Quotidiano: sanno parlare lumbard ai tavoli che contano e sanno essere compari coi loro compari.
Ricchissimi al Nord, ma quando tornano in Calabria curano l’orto e guidano il trattore?
Una doppia faccia, certamente. Dico sempre che i nuovi mafiosi sono bilingui. Bravissimi a parlare lombardo quando devono sedersi ai tavoli che contano, e di nuovo compari con i compari, parlando il dialetto dell’Aspromonte.
 
Tra tutti gli eredi su cui ha avuto la possibilità di investigare, chi ha mostrato di avere queste capacità?
Alessio Novella, uno dei figli di Carmelo Novella, il boss che per anni, prima di essere ucciso, ha comandato la Lombardia. Più di altri ha mostrato una grande abilità nei rapporti con il “mondo di sopra”, che resta sempre di più l’obiettivo principale dei clan. Oggi sono tanti gli affari leciti nel mirino della ’ndrangheta lombarda. Dal settore del turismo, a quello dei rifiuti. In tutto questo, è certamente cambiata la percezione della società civile e delle istituzioni. Oggi certo nessuno può più negare l’esistenza della mafia a Milano. Questo però non significa che i mafiosi e i loro emissari siano tenuti a debita distanza da politici e imprenditori.
Con la crisi del Covid oggi le mafie al nord aspettano i soldi dall'Europa per la ripartenza e, soprattutto, sono pronte a vendere i loro servizi, i loro pacchetti di voti, al miglior offerente.

Fino a quando continueremo a far finta di niente?
In gioco c'è la salute della nostra democrazia, della nostra imprenditoria locale.

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