17 luglio 2020

Riccardino sono (l'incipit dell'ultimo romanzo di Camilleri)

E' uscito ieri, postumo, il romanzo Riccardino di Andrea Camilleri.


L'incipit del romanzo, che comincia con una telefonata da un numero sconosciuto al commissario Montalbano, di prima mattina, dopo una notte insonne.
Il tilefono sonò che era appena appena arrinisciuto a pigliari sonno, o almeno accussì gli parsi, doppo ore e ore passate ad arramazzarisi ammatula dintra al letto. Le aviva spirimintate tutte, dalla conta delle pecore alla conta senza pecore, dal tintari d’arricordarisi come faciva il primo canto dell’Iliade a quello che Cicerone aviva scrivuto al comincio delle Catilinari. Nenti, non c’era stato verso. Doppo il Quousque tandem, Catilina, nebbia fitta. Era ’na botta d’insonnia senza rimeddio, pirchì non scascionata da un eccesso di mangiatina o da un assuglio di mali pinseri. 
Addrumò la luci, taliò il ralogio: non erano ancora le cinco del matino. Di certo l’acchiamavano dal commissariato, doviva essiri capitata qualichicosa di grosso. Si susì senza nisciuna prescia per annare ad arrispunniri. 
Aviva ’na presa tilefonica macari allato al commodino, ma da tempo non l’adopirava pirchì si era fatto pirsuaso che quella piccola caminata da ’na càmmara all’autra, in caso di chiamata notturna, gli dava la possibilità di libbirarisi dalle filinie del sonno che si ostinavano a ristarigli ’mpiccicate nel ciriveddro. 
“Pronto?”. 
Gli era nisciuta ’na voci non sulo arragatata, ma che pariva macari ’mpastata con la coddra. 
“Riccardino sono!” fici ’na voci che, al contrario della sò, era squillanti e fistevoli. 
La cosa l’irritò. Come minchia si fa ad essiri squillanti e fistevoli alle cinco del matino? E inoltre c’era un dettaglio non trascurabile: non accanosciva a nisciun Riccardino. Raprì la vucca per mannarlo a pigliarisilla in quel posto, ma Riccardino non gliene detti tempo. 
“Ma come? Te lo scordasti l’appuntamento? Siamo già tutti ccà, davanti al bar Aurora, ci ammanchi sulo tu! È tanticchia nuvolo, ma cchiù tardo sarà ’na jornata bellissima!”. 
“Scusatimi, scusatimi… tra deci minuti, un quarto d’ura massimo, arrivo”. 
E riattaccò, tornanno a corcarisi. 
D’accordo, era ’na carognata, avrebbi dovuto diri la virità: avivano fatto il nummaro sbagliato, ’nveci accussì quelli davanti al bar Aurora ci avrebbiro pirduto ’na mezza matinata aspittanno a vacante. 
D’autra parti, a voliri essiri giusti, non è consintito a nisciuno di sbagliari nummaro alle cinco del matino e po’ passarisilla liscia.
Il sonno era oramà perso senza rimeddio. Meno mali che Riccardino gli aviva ditto che la jornata sarebbi stata bona. Si sintì racconsolato.

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