Erano poche mele marce a Genova, al 2001.
Erano poche mele marce anche nel caso dell'ex presidente Marrazzo.
Come poche mele marce quelle in cui si è imbattuto Stefano Cucchi.
Forse anche a Piacenza, dopo i casi nelle caserme della Lunigiana, sono solo poche mele marce.
Un anno fa veniva arrestato il presidente del Consiglio Comunale, oggi una caserma intera dei carabinieri è stata messa sotto sequestro.
No, non sono i personaggi della serie dei Bastardi, di Maurizio De Giovanni, che tra l'altro erano poliziotti.
Questa è la realtà.
La realtà che ci racconta della presenza, della colonizzazione della criminalità organizzata nelle province del nord (e oggi sentiamo al nord le frasi sentite decine di anni fa in Sicilia, la mafia non esiste).
La realtà che ci dice che forse il problema non è solo di poche mele marce: le storie citate sopra (e che Bonini racconta oggi sul suo articolo su Repubblica) parlano di violenza, di omertà coinvolgendo non solo militari di grado inferiore, ma anche ufficiali.
Come ci si arriva a questo?
Come succede che una persona in divisa decida di attraversare il confine tra cosa si può fare e cosa no?
Per Genova, per le violenze, per le torture (in cui anche la polizia era coinvolta) hanno pagato solo i vertici e solo dopo anni.
Sul caso Cucchi ha dovuto lottare con forza la sorella di Stefano, Ilaria, per avere giustizia in un processo che ha smascherato la vergogna.
Ora tocca ancora alla magistratura fare chiarezza, dare giustizia alle vittime e dare speranza a noi sul fatto che lo stato è in grado di fare pulizia al suo interno.
Che nessuna mela marcia è tollerata.
Che nessuna violenza è tollerata, nemmeno se si tratta di spacciatori o persone deboli.
Anche se il clima politico di questi anni va in direzione contraria, quella che bisogna essere forti coi deboli e deboli coi forti.
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