15 aprile 2019

Le inchieste di report: il fascino della divisa, per le sentenze aggiustate e per le allergie


Chi produce le divise per le nostre forze dell'ordine (e per qualche ministro col fascino della divisa)?
E poi, le sentenze pilotate all'interno del sistema Siracura.
Nell'anteprima, come sono tutelati i consumatori alle prese con le allergie alimentari?

L'anteprima della puntata: È INTOLLERABILE di Cecilia Andrea Bacci

Si stima che gli italiani che soffrono di allergie alimentari siano 2 milioni (fonte SIAAIC) e sono 14 gli alimenti che contengono gli allergeni contemplati dal regolamento europeo 1169, latte, uova e addirittura il sedano.


Secondo la legge è obbligatorio segnalarli anche se contenuti all'interno degli alimenti non preimballati, ovvero nei pasti che consumiamo nei ristoranti, nei bar, nei pub e nelle pasticcerie, oltre 330mila aziende solo nel nostro paese.
Ma chi controlla che la sicurezza del consumatore sia davvero garantita?
La giornalista Cecilia Bacci ha provato a chiedere in un ristorante il libro degli ingredienti o anche il libro con gli allergeni: “no, ma adesso chiedo” la risposta che ha ottenuto.
Dario Longo, esperto di diritto alimentare, la considera una violazione dei diritti del consumatore, che deve poter leggere se un alimento, un cibo, un preparato è idoneo per lui.
Le indicazioni devono essere scritte sancisce una nota del ministero della Salute in una nota in aggiunta al regolamento europeo,
Le allergie alimentari trasformano la quotidianità di chi ne soffre, circa due milioni di italiani, in un percorso a ostacoli. Per il regolamento europeo 1169 del 2011 gli alimenti da tenere d'occhio poiché contengono sostanze allergizzanti sono quattordici. E dovrebbero essere segnalati sul menu o sul libro ingredienti dei locali che ci forniscono cibo e bevande. Ma è davvero così? Quanti di questi locali sono in regola?

Il fascino della divisa

Salvini non perde occasione per mostrarsi (e farsi fotografare) con la divisa della polizia (ma anche dei Vigili del Fuoco e della Polizia Penitenziaria): strano modo di rispettare la legge, non avendone tutti i diritti per farlo.


Ma non è solo Salvini: la divisa è stata fatta dal ministro Bonafede e il sottosegretario alla Difesa Tofalo, che si è fatto ritrarre in divisa con tanto di fucile mitragliatore in mano.
Quest'ultimo si è difeso dicendo che non si può parlare di equipaggiamento senza averlo indossato almeno una volta

Chissà se Salvini (e gli altri ministri e sottosegretari) conosce l'origine della divisa che porta addosso (e che, leggendo i giornali di gossip, avrebbe regalato alla nuova fidanzata), quanto costano allo Stato, come sono fatte e chi ci guadagna a produrle.
Facendo qualche chilometro, andando anche all'estero, Emanuele Bellano ha trovato queste fabbriche e pure lui ha provato il piacere di indossare una di queste divise.
Il governo ha stanziato 65 milioni per le divise, a chi vanno questi soldi? “C'è un bando europeo” la risposta del ministro del prima gli italiani.
Ma quelle divise sono prodotte da aziende italiane che hanno delocalizzato la produzione in Romania: “è un motivo che ci porterà a voler cambiare le regole europee”.
Ma in questo caso le regole europee non c'azzeccano nulla: il made in Italy, per le divise e per le auto (di rappresentanza, le auto blu) non è più fatto in Italia solo per una questione di costi.
Emanuela Bellano ha provato ad informarsi sui costi di questi capi (in una sorta di trattativa privata): una giacca arriva a costare 35-40 euro in Romania e Moldavia (e alcune parti arrivano anche da fornitori turchi), dove il costo del lavoro è molto più basso dell'Italia: una divisa completa arriva a costare intorno a 90 euro.
Il ministero dell'Interno, senza nemmeno una trattativa e per un gran numero di capi, arriva a pagare 84 euro una giacca e 43 euro il pantalone, il 40% in più di quanto “spuntato” dal giornalista di Report.

La scheda del servizio IL FASCINO DELLA DIVISA di Emanuele Bellano in collaborazione di Alessia Cerantola e Greta Orsi
Per preservare il Made in Italy il governo intende disincentivare le delocalizzazioni in paesi con un più basso costo del salario e una minore imposizione fiscale. Negli ultimi anni i settori più colpiti sono quelli del tessile e dell’abbigliamento. Secondo l’Osservatorio Cribis, in dieci anni si sono persi 3,5 miliardi di fatturato, hanno chiuso 4.000 aziende e sono spariti 40.000 posti di lavoro. Tra le ditte italiane che producono abbigliamento, quelle che ricevono maggiori soldi pubblici sono le aziende che confezionano divise e uniformi per le amministrazioni dello Stato, forze armate e forze dell'ordine. I ministri e sottosegretari che amano indossare in pubblico giacche, giubbotti e divise di Polizia, Vigili del fuoco, Carabinieri, Esercito sanno dove vengono realizzati questi capi e chi li produce, quanto costano e chi ci guadagna? Report è entrata nelle fabbriche all'estero che confezionano uniformi e divise e ha parlato di prezzi con gli amministratori. Chi ci perde, quasi sempre, è lo Stato.

L'amara giustizia (e le sentenze aggiustate)

Dall'anticipazione di Sigfrido Ranucci: “Chi sono quei politici, quei magistrati, quegli avvocati, quei faccendieri che hanno messo in piedi un sistema di potere per aggiustare sentenze, per aggiudicarsi appalti e addirittura modificare l'esito delle elezioni?
Dietro si aggiunge l'ombra della nostra più importante azienda di Stato”

Si parte da una suora, suor Concetta: nel suo appartamento si incontravano l'avvocato Amara e il signor Francesco Sarcina, agente dei servizi segreti.
A fare cosa? Lo racconta lo stesso Amara al giornalista di Report: informazioni su alcune indagini, due relazioni in bozza della Guardia di Finanza .. 


Era il sistema Siracusa, poi chiamato sistema Amara: notizie di reato e informative della GDF ottenute in anticipo da uomini dello Stato, corruzione di giudici e di magistrati, per sé e per i propri clienti.
Bufera sul Consiglio di Stato. Questa mattina il gip di Roma Daniela Caramico D’Auria ha emesso quattro ordinanze di custodia cautelare con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
Ai domiciliari sono finti il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l’ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, Raffaele Maria De Lipsis, l’ex giudice della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso mentre il deputato dell’Assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso, seppur raggiunto dall'ordinanza di custodia cautelare, è al momento irreperibile ai magistrati in quanto risulterebbe all’estero.
Sono in totale quattro gli episodi di corruzione contestati dai magistrati di piazzale Clodio, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. In totale – secondo l’accusa – il denaro utilizzato per corrompere i giudici si attesterebbe sui 150 mila euro. L’indagine si basa sulle dichiarazioni fatte negli ultimi mesi dagli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio del 2018 scorso nell’ambito in uno dei filoni dell’inchiesta. 
Gli arresti di oggi, infatti, sono solo l'ultimo atto dell’inchiesta della magistratura intorno al cosiddetto Sistema Amara nato a Siracusa qualche anno fa. L'avvocato Piero Amara, uno dei più noti legali dell'Eni nel sud Italia, secondo i magistrati di diverse procure italiane, da Milano a Messina passando per Roma, è al centro di un sistema corruttivo tra imprenditori che partecipano agli appalti pubblici milionari, magistrati ordinari e giudici del Consiglio di Stato.

Tra le sentenze comprate, anche quella a danno dell'ex deputato regionale Pippo Gianni: intervistato da Luca Chianca racconta della richiesta ricevuta, versare 200mila euro al presidente del CGA, altrimenti avrebbe mandato tutti a votare (ma solo nella zona di Siracusa): dopo le mini elezioni, Gennuso è diventato deputato mentre Pippo Gianni ha perso il suo posto.
Secondo l'accusa, la sentenza del giudice De Lipsis sarebbe stata comprata per 30mila euro.

Sono informazioni su cui l'avvocato non può parlare perché c'è un'indagine in corso, ma ha ammesso di aver pagato e aver fatto pagare mazzette, per queste informazioni: avvocato dell'Eni, Piero Amara è il direttore d'orchestra di questa storia; accanto a lui per molti anni un altro avvocato, Peppe Calafiore, che nelle loro chat segrete si faceva chiamare “Pablo Escobar” per la somiglianza.
Prima di accettare l'intervista con Chianca, Calafiore ha preferito sentire i suoi avvocati, prima di parlare di alcuni fatti, come l'inchiesta sul complotto contro l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.

Luca Chianca ha intervistato l'ex consigliere Eni Luigi Zingales: la sua battaglia nell'azienda di Stato è stata quella di rende difficile il crearsi di situazioni di corruzione, a tutti i livelli.
Zingales è rimasto nel cda di Eni per poco più di un anno: è diventato ingombrante quando ha cominciato a chiedere chiarimenti al capo dell'ufficio legale, Alessandro Mantovani, sulle indagini riguardanti la tangente nigeriana e, ammette lo stesso Zingales, il governo che l'aveva nominato all'Eni non l'ha mai sostenuto in questo suo lavoro.
Il suo nome compare in una lettera anonima recapitata presso la procura di Trani, nella quale si denuncerebbe un complotto ai danni dell'AD di Eni Claudio Descalzi, uno dei registi di questo complotto sarebbe proprio Zingales.
Quelle lettere anonime non potevano che arrivare dai vertici dell'Eni – racconta oggi Zingales – perché riportavano fatti che solo chi era vicino ai vertici potevano conoscere.

Nell'inchiesta di Luca Chianca si parlerà anche del mercato libero dell'energia - ci farà risparmiare veramente? - e di società che producono energia rinnovabile con sedi fantasma.

La scheda del servizio: L’AMARA GIUSTIZIA di Luca Chianca in collaborazione di Alessia Marzi
La giustizia dovrebbe essere imparziale e le sentenze frutto di decisioni non condizionate da interessi personali. Ma cosa succede se accusa, difesa e giudici si scambiano favori, soldi e informazioni segrete? Proveremo a capirlo raccontando il cosiddetto sistema Siracusa: notizie di reato e informative della Guardia di Finanza ottenute in anticipo da uomini dello Stato, dossier segreti, presunta corruzione di magistrati per favorire i propri clienti tra cui l'Eni - il gigante petrolifero italiano. Una rete che unisce i misteri della presunta maxi tangente per il giacimento nigeriano Opl245, il petrolchimico di Augusta, un ministro della repubblica e il Consiglio di Stato, la più alta corte di giustizia amministrativa. Report ha raccolto in esclusiva la versione di Piero Amara, l'avvocato al centro di questa fitta trama di relazioni opache. Proveremo a capire cosa è successo davvero e quanto la giustizia italiana sia ancora affidabile.

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