29 aprile 2019

Le inchieste di Report: la finta antimafia, i sovranisti in Italia e la differenziata nella ristorazione


Report torna sul caso Montante, l'ex presidente di Confindustria Sicilia e la sua finta antimafia.
Un'inchiesta interessante su Bannon e sui suoi interessi qui in Italia (che incrociano le strade col ministro dell'Interno).
Nell'anteprima un servizio su come le catene di ristorazione gestiscono la raccolta differenziata di carta e plastica

L'anteprima della puntata: Fare la differenza di Antonella Cignarale immagini di Chiara D’Ambrosio

Cosa stanno facendo le grandi catene di ristorazione per la differenziata? Non differenziare è un danno ambientale oltre che un costo economico per il paese: queste società devono essere consapevoli dell'impatto dei loro comportamenti così come dobbiamo esserlo noi come consumatori.
Sono i nostri comportamenti che fanno la differenza.
Quanta carta e quanta plastica si consumano per mangiare un pasto al volo? Posate monouso, insalate in ciotole di plastica, snack in vaschette di cartoncino, caffè, centrifugati e bibite serviti in bicchieri con tappo e cannucce. È necessario tanto limitare l’accumulo di rifiuti indifferenziati quanto favorire il riciclo. Report è andato a vedere come si organizzano le grandi catene della ristorazione per la raccolta differenziata degli imballaggi di cui fanno da sempre gran uso, scoprendo che nelle sale troppo spesso carta, plastica e residui di cibo finiscono nei contenitori del rifiuto indifferenziato, sia perché a volte si trovano solo quelli, sia perché molti consumatori non perdono i brutti vizi. Ma quanti hanno chiaro che lo smaltimento di rifiuti indifferenziati è un danno ambientale e un buco nelle nostre tasche?

Il codice Montante

Era considerato l'apostolo dell'antimafia in una regione dove il confine tra mafia, istituzioni e imprenditoria e labile e difficile da cogliere.
Invece, sostengono i magistrati palermitani, quello di Antonello Montante era solo un bluff: nella prima inchiesta di Report dello scorso novembre, Report aveva raccontato della rete di giornalisti, magistrati, politici e uomini dei servizi che Montante aveva messo in piedi per i suoi interessi (e far fuori i nemici): il giornalista Paolo Mondani aveva raccolto la testimonianza di un ex fedelissimo di Montante, Marco Venturi, che parla di un vero e proprio imbroglio di Confindustria, una stagione che era partita bene, per fare la lotta alla mafia, la lotta al racket nel 2006. Lotta che subito si inceppò “perché quando si cominciò a parlare di lotta al lavoro nero, lotta agli imprenditori che non pagavano gli stipendi o davano il 50% delle buste paga, lì cominciarono dei freni, cominciò la paura di molti”.


Per queste accuse, l'ex presidente Montante è andato a processo per corruzione, dossieraggio e concorso esterno in mafia e i pm hanno chiesto per lui una condanna a 10 anni di carcere.
Seguendo questa rete, Mondani è arrivato al segreto più inconfessabile della nostra Repubblica.

Il servizio di Mondani è partito da Troina, nel mezzo del parco dei Nebrodi, regno della mafia agricola che specula sui pascoli e sui fondi europei per l'agricoltura, una partita che in Sicilia vale 2,3 miliardi di euro.
Il sindaco Venezia ha fatto fare 14 interdittive ad altrettante famiglie di mafie che usufruiscono di questi fondi e che per questo oggi vive scortato: “io credo che il movimento antimafia abbia raggiunto un momento bassissimo, la domanda che sorge spontanea è se negli ultimi anni abbia fatto più danni l'antimafia che la mafia stessa” - racconta a Mondani.

Montante è finito sotto inchiesta nel 2015 e così la sua stella come imprenditore antimafia è crollata: a maggio 2018 il tribunale di Caltanissetta lo ha arrestato per corruzione, spionaggio e accesso abusivo al sistema informatico, nell'attesa del processo è ai domiciliari nella sua villa di Serradifalco.
Banca Nuova, la banca del gruppo Banca Popolare di Vicenza fondata da Zonin, ospitava i conti di Montante e, fino al 2014, dei nostri servizi segreti.
Il suo potere è diventato inviolabile quando è approdato in Sicilia – racconta un testimone della vicenda al giornalista.

A Palermo Mondani ha incontrato Vincenzo Monticello, ex proprietario dell'Antica Focacceria, simbolo della resistenza alla mafia nel capoluogo ai tempi di Montante e della finta rivoluzione degli imprenditori dell'isola: oggi ha ceduto la focacceria ed è un dipendente della Regione.
Ha provato, in regione, a bloccare un viaggio di Montante a Washington nel 2017, perché non opportuno (Montante era già indagato all'epoca): non solo non è stato ascoltato (e Montante è volato in America come ospite riverito alla cena della National Italian American Association) ma gli è anche stata tolta la scorta, nonostante con le sue denunce abbia mandato in carcere 5 estorsori.

Passata la breve stagione della vera lotta al racket, tra il 2007 e il 2009, oggi tutti continuano a pagare il pizzo a Palermo e non solo.
A Mondani, Monticello racconta di come sia stato strumentalizzato ai tempi di Montante: ad ogni intervista, ogni volta che arrivava la televisione, succedevano cose strane, auto vecchie che venivano sostituite, come se lo Stato volesse fare bella figura, quello Stato (politici, imprenditori) che oggi però lo hanno schivato, allontanato.
Nemmeno l'assessorato alle attività produttive ha sostenuto Conticello: a capo dell'assessorato c'era una persona messa lì da Montante stesso, Linda Vancheri.
Ai tempi di Expo, Vancheri ha firmato una convenzione con Montante, con dietro una certa somma di risorse pubbliche, affinché Unioncamere promuova l'immagine di diverse imprese siciliane all'Expo.
Montante aveva messo in piedi un sistema che ricorda quello della P2 – ricorda l'europarlamentare Fava.

Un sistema basato anche sui ricatti come quello che avrebbe subito l'ex presidente Crocetta, per un video hard di cui Montante sarebbe venuto in possesso.
Ma forse nei suoi dossier c'è qualcosa di molto più importante: nell'anticipazione del servizio che trovate sul Fatto Quotidiano, da parte di Giorgio Meletti, si parla delle intercettazioni delle telefonate tra Mancino e Napolitano.

Eppure, nota Mondani, “i magistrati che indagano su Montante sospettano che nel suo sterminato archivio sia finito il segreto per eccellenza”: le famose intercettazioni telefoniche tra l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e Napolitano, ufficialmente distrutte nel 2012 per ordine della Corte Costituzionale. Quelle intercettazioni erano nella disponibilità del colonnello dei Carabinieri Giuseppe D’Agata, capo centro della Dia (direzione investigativa antimafia) di Palermo. D’Agata a un certo punto viene portato a lavorare per i servizi segreti dal generale Arturo Esposito, direttore dell’Aisi. Entrambi sono indagati con Montante, con l’ipotesi che abbiano fornito al sedicente eroe antimafia notizie riservate sull’inchiesta a suo carico. “Il figlio di D’Agata – segnala Report – è assunto a Banca Nuova, la moglie viene piazzata da Montante in un ente regionale”.
La scheda del servizio: Il codice Montante, di Paolo Mondani in collaborazione di Norma Ferrara
A processo per corruzione e dossieraggio, l’ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante è ancora sotto inchiesta per concorso esterno alla mafia. Un’indagine della Commissione regionale antimafia lo accusa di aver creato un “governo parallelo” nella Regione per gestire la spartizione dei fondi alle imprese, e disporre delle carriere di politici e uomini delle istituzioni. Il prossimo 10 maggio il Tribunale di Caltanissetta pronuncerà la sentenza contro i primi imputati accusati di aver creato una rete di spionaggio per passargli informazioni riservate. Fra loro, uomini dei servizi, delle istituzioni e investigatori in prima linea nella lotta alle mafie.
Dopo l’inchiesta trasmessa da Report il 12 novembre scorso, Paolo Mondani è rimasto per mesi sulle tracce degli uomini e delle donne che hanno costruito questo finto paladino della legalità per capire chi e perché ha trasformato un costruttore di ammortizzatori e biciclette in uno degli uomini più potenti del nostro paese. E ha portato alla luce il “codice Montante” un sistema di potere fatto di ricatto e mistificazione. E nuovi segreti.
Mentre Montante è ai domiciliari nella sua villa di Serradifalco in provincia di Caltanissetta, dentro Confindustria i suoi uomini sono ancora nei posti che contano. Ma è fra Palermo e Roma che “l’apostolo dell’antimafia” sarebbe stato il garante della partita più delicata di tutte per le sorti della Repubblica. Per scoprirla e conoscerne i protagonisti siamo andati indietro di oltre 25 anni, sino alle radici di quel patto fra pezzi di mafia e pezzi dello Stato, su cui si è fondata la seconda Repubblica.

Sovranisti europei

Steve Bannon ha deciso di costruire la sua scuola politica proprio qui in Italia: ha strappato dal ministero dei Beni Culturali una concessione per 19 anni per una abbazia del 1200, la Certosa di Trisulti, in piena Ciociaria.
Qui formerà i suoi gladiatori, gli agenti del cambiamento, per un mondo in mano ai sovranismi locali.
Ma dietro questa convenzione ci sono cose che non tornano.


In Europa ha stretto una serie di rapporti politici con buona parte dei partiti di estrema destra, in Grecia e in Italia: avrebbe avuto un ruolo importante perfino nella nascita del governo giallo verde, così racconta il portavoce di “The Movement” (la struttura politica di Bannon) Mischael Modrikamen a Giorgio Mottola.
E' lui che ha convinto sia Di Maio che Salvini a fare questa alleanza populista, in pratica è stato il loro consigliere privato nei giorni precedenti la formazione del governo.
Nel corso del servizio saranno mostrati alcuni spezzoni di un documentario su Bannon, “The Brink”, dove quest'ultimo si trova assieme ad emissari della Lega: “intendiamo fornire inchieste, analisi dei dati, messaggi dal centro di comando ..” .. L'idea è che con questo possiamo diventare il partito numero uno in Italia .. e poi dovrete dir loro che dobbiamo pianificare.. pianificare è la parola chiave per vincere le elezioni”.

Le immagini di questo video arrivano fino al Viminale, il ministero che sovrintende la sicurezza nazionale e anche la sicurezza delle elezioni interne ed europee.
A portare Bannon al Viminale e a concordare questa strategia è stato Federico Arata, figlio di Paolo Arata l'imprenditore in questo momento sotto indagine assieme al sottosegretario Siri.
Paola Arata sarebbe socio del re dell'eolico in Sicilia, Vito Nicastri, prestanome di Matteo Messina Denaro.
Arata è accusato di aver pagato una mazzetta a Siri per inserire nel DEF un emendamento a lui favorevole, mentre il figlio Federico è considerato l'artefice del rapporto tra Bannon e Salvini.

(qui l'anteprima su Raiplay)

La scheda del servizio: Tu vuò fà l'americano di Giorgio Mottola collaborazione di Alessia Cerantola, Lorenzo Di Pietro ed Elisa Bruno
Da quando Steve Bannon è stato licenziato dalla Casa Bianca, ha deciso di trasferire la sua attività politica in Europa, fondando l’associazione The Movement. La sua attenzione è però particolarmente concentrata sull’Italia dove l’ex capo stratega di Trump sembra aver trovato il leader del suo progetto europeo. Report mostrerà in esclusiva le immagini del primo incontro tra Bannon e il leader della Lega organizzato da Federico Arata. Il ruolo di Bannon sarebbe stato centrale anche nella nascita del governo Conte, come rivela per la prima volta il portavoce di The Movement in un’intervista inedita alla nostra trasmissione. Nel progetto sovranista di Bannon l’Italia è così centrale che ha annunciato di voler costruire la roccaforte del suo movimento proprio nel nostro paese, all'interno di un'abbazia del 1200: la Certosa di Trisulti. Qui, in un piccolo comune nel cuore della Ciociaria, sorgerà la prima scuola al mondo di sovranismo. Promotore dell'iniziativa è l'associazione Dignitatis Humanae che ha avuto in concessione l'abbazia dal Ministero dei Beni Culturali per i prossimi 19 anni anni. Ma il bando di assegnazione presenta numerose anomalie. La Dignitatis Humanae si è aggiudicata la certosa con documenti che appaiono pieni di incongruenze e irregolarità.

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