25 aprile 2019

La voce della Resistenza – per dare memoria a questo 25 aprile


Nell'Odissea Ulisse, di fronte al re Alcinoo, parlando dei suoi compagni morti nel ritorno da Troia, usa queste parole “oggi di essi non ne è rimasto che il nome”.

Lo stesso potremmo oggi affermare sulla memoria, manchevole e non condivisa, sulla guerra di Liberazione, di cui oggi si celebra il 74esimo anniversario.
Se oggi siamo arrivati all'utilizzo strumentale del 25 aprile, messo in contrapposizione con la lotta alla mafia come fa il ministro dell'Interno, preso a scherno sui giornali della destra italiana, è anche perché dei protagonisti di quella guerra, non ne è rimasto che il nome. E a volte nemmeno quello.

Cosa pensavano, come si immaginavano l'Italia libera dalla dittatura, che sogni avevano?
Di alcuni di loro sono rimaste delle toccanti testimonianze raccolte nel libro “Lettere di condannati a morte della Resistenza” (Einaudi): sono gli ultimi pensieri di persone catturate dai nazifascisti (partigiani, soldati, studenti) presi nella consapevolezza della loro sorte.

Sono persone come Renzo (di lui si conosce solo il nome), che rivolgendosi al padre adottivo, usa queste parole toccanti
Di' al mio vero papà che lo perdono di tutto il male che ha fatto e che questo lo stimoli ad essere un uomo onesto nella vita. Caro papà, tutta la mia riconoscenza te la esprimo col mio cuore: caro papà, sappi che non ho amato come mio insegnante di vita laboriosa ed onesta altro che te. Scusami se ti scrivo in questa maniera ma queste sono parole che mi escono dal cuore in questo triste e nello stesso tempo bel momento di morte.

Pedro era un ufficiale di complemento che, dopo l'8 settembre, iniziò la sua lotta contro il fascismo nelle formazioni partigiane in Friuli e poi in Piemonte.
Fu catturato due volte, la prima a Torino la seconda a Milano, su delazione di un finto amico.
I suoi ultimi pensieri furono per i genitori, gli zii e i parenti e gli amici, infine per la fidanzata
Dalle Carceri di via Asti, Torino, 22.1.1945, ore 24

Cara Pierina, amor mio, domattina all’alba un plotone d’esecuzione della guardia repubblicana fascista metterà fine ai miei giorni.

Bruno era uno studente friulano: anche lui dopo l'8 settembre contribuisce a creare le prime cellule di resistenza partigiana. Tradito da un conoscente, fu catturato dalle SS italiane, incarcerato e torturato, per essere poi fucilato nel febbraio 1945.
Ma non rimpianse mai la sua scelta, fino alla fine
Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l’idea che c’è in me. Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano

Alfonso era invece un industriale, aveva un caseificio a Modena dove, dopo il 1943, venivano raccolti gli ex prigionieri alleati.
Arrestato e processato nel febbraio 1944, sarà fucilato presso il poligono in periferia Modena.
Modena, 21 febbraio 1944 Carissima indimenticabile moglie, in questo momento supremo vissuto insieme mando questo ultimo saluto a te, che sei stata sempre la ragione della mia vita e che mi hai voluto sempre tanto bene.

Giancarlo Puecher, figlio di un notaio e dottore in Legge, dopo l'8 settembre organizzò la creazione di formazioni partigiane nella zona di Erba Pontelambro (Como).
Catturato dalle Brigate Nere nel dicembre 1943, fu portato nel carcere di Como, per essere poi fucilato davanti il cimitero di Erba.
Rivolse i suoi ultimi pensieri agli italiani che verranno: che la mia morte sia da esempio
Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato. Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto...

Non solo perdonò i suoi carnefici, ma dimostrando una lucidità non comune, in una sua lettera indicò a chi destinare parte dei suoi averi

Perdono a coloro che mi giustiziano, perché non sanno quello che fanno e non pensano che l’uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.Vorrei lasciare L 5000 alla mia guida alpina Motele Vidi di Madonna di Campiglio. L 5000 al mio allenatore di sci Giuseppe Francopoli di Cortina. L 5000 a Luigi Conti e L 1000 a Vanna De Gasperi, Berta Dossi, Rosa Barlassina.
Il mio guardaroba ai miei fratelli e a Pussì Aletti, mio indimenticabile compagno di studi.

C'è anche una donna, tra i condannati a morte, si chiama Irma Marchiani: era una casalinga nata a Firenze, faceva la staffetta per i partigiani, portava cioè informazioni e viveri ai partigiani sulle colline modenesi.
Fu catturata una prima volta mentre cercava di far ricoverare un partigiano ferito.
Scappata dalla prigionia e dalle sevizie, fu poi arrestata da una pattuglia tedesca nel novembre 1944.

Sestola, da la Casa del Tiglio, 10 agosto 1944
Carissimo Piero, mio adorato fratello, la decisione che prendo oggi, ma da tempo cullata, mi detta che io debbo scriverti queste righe. Sono certa che mi comprenderai perché tu sai benissimo di che volontà io sono, faccio, cioè seguo il mio pensiero, l'ideale che pur un giorno nostro nonno ha sentito..

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