La macchina della verità di
Ludovica Jona
L'università di Manchester ha
brevettato un sistema che registra i comportamenti non verbali del
corpo, che non si possono controllare, per capire se stai mentendo o
meno: questo brevetto è stato usato per il progetto Iborder,
finanziato dalla commissione europea, per controllare le frontiere.
E' oggi sperimentato in Ungheria, per
controllare chi passa i confini di questo paese: chi vigila sul
rispetto dei diritti umani? Fino ad oggi le macchine della verità
hanno fallito e oggi l'Europa sta sperimentando la tecnologia della
Biometria.
Peccato che la giornalista di Report
sia stata classificata dal sistema come una potenziale sospettata: la
sperimentazione avrebbe dunque fallito, ma nonostante questo la
sperimentazione in Ungheria è in crescita.
Un primo test su 30 persone ha
funzionato solo sul 70% dei casi: non conosciamo gli algoritmi su cui
si basa questo progetto, la commissione europea ha risposto in modo
reticente alla richiesta di chiarimenti da parte di Report.
La stessa tecnologia biometrica si sta
usando al confine del Niger, per analizzare i flussi dei migranti:
l'ufficio dove arrivano i dati, di Frontex, è stato finanziato con
soldi che avrebbero dovuto essere usati per costruire scuole e
ospedali. Invece useremo miliardi di euro, soldi nostri, in nome di
una non ben chiara sicurezza.
Il futuro sarà un enorme database,
dove si convogliano milioni di dati, impronte, immagini di
telecamere, che dovrebbe essere usato per combattere i terroristi?
L'industria della biometria va avanti,
come Idemia, che dietro ha come finanziatori anche Nexi, la società
che gestisce i nostri flussi con carta di credito.
L'altro gigante della biometria è
Demalto, francese, fatturato da 6 miliardi: su queste aziende la
commissione europea ha deciso di investire 35 miliardi di euro per il
controllo delle frontiere.
Già emergono conflitti di interesse,
come quello della funzionaria di Frontex che è anche dentro
l'associazione delle aziende che sviluppano prodotti per la
biometria.
L'onnipotente (della banca
cattolica) Giorgio Mottola
UBI è l'ultima
banca di ispirazione cattolica, come azionisti ha anche la diocesi di
Bergamo e un istituto di suore.
Ma suore e preti
non vogliono sentire parlare né di scandali né di comportamenti non
etici: l'ex economo della diocesi di Bergamo non era a conoscenza
della compravendita di armi, dei collegamenti con l'Ambrosiano di
Calvi, delle scorrettezze emerse dal funzionario di antiriciclaggio,
poi licenziato.
Una preghiera e
amen …
Nessuna domanda
nemmeno a Bazoli (sul patto occulto per cui è rinviato a processo),
per non turbare la giornata in cui si parlava di cultura e sociale:
Giovanni Bazoli in una intercettazione è chiamato l'onnipotente, ha
ereditato l'Ambrosiano e oggi è accusato di aver controllato UBI,
con un patto occulto. Mottola ha trovato un filo nero che lega fatti
del vecchio Ambrosiano, di Sindona e Calvi, fino alla banca
cattolica, che tanto bianca non è.
Bazoli ha fatto
cose straordinarie – racconta Gotti Tedeschi – che gli riconosce
la capacità di saper risolvere problemi: come quelli nato dal crac
del Banco Ambrosiano, travolto da scandali che legavano assieme
mafia, ior e Vaticano.
Bazoli ha preso il
Banco, cercando di preservarne l'integrita: con una serie di
acquisizioni, oggi l'ex Banco Ambrosiano è diventato Banca Intesa.
Oggi Bazoli ne è
presidente: ha avuto un ruolo anche nella fusione che ha portato ad
UBI, una fusione che per qualcuno non è stato un affare, come
racconta Giuseppe Masnaga, ex DG del Gruppo Bergamasco. Dopo la
fusione si è fatta carico dei buchi della Banca Lombarda.
In un giochino con
Intesa, il gruppo UBI avrebbe perso 600 ml di euro: Bazoli ha dovuto
dimettersi da UBI, per l'incompatibilità di mantenere due ruoli in
banche concorrenti.
Ma Bazoli ha
continuato a prendere decisioni e a controllare Ubi anche in seguito:
non a caso era chiamato “l'onnipotente”.
Bazoli nel 2014 si
oppose alla trasformazione di UBI in una banca unica, una banca
moderna dove si sarebbero tagliati incarichi e società collegate.
In UBI aveva un
incarico la figlia di Bazoli e anche il nipote.
Bazoli, in una
lettera a Report, rivendica la bontà del suo lavoro: ma oggi è
accusato di aver creato un patto occulto, di aver controllato la
banca anche dopo che Consob gli aveva chiesto di farsi da parte,
attraverso l'aiuto dei parenti, di aver ostacolato l'azione di
vigilanza di Banca d'Italia.
Bazoli è sotto
indagine anche per una operazione di cartolarizzazione, operazione
seguita poi dall'ex deputato Gitti (marito della figlia): chi ha
fatto affari coi crediti di UBI?
Le società che
hanno acquistato i crediti di UBI sono al 90% due fondazioni su
diritto olandese: tutto legale ma poco consono per operazioni di
vendita crediti.
In questa
operazione chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso? La Mittel
sicuramente, società di Bazoli – racconta il servizio di Mottola,
tramite le obbligazioni emesse dalle fondazioni.
Tutto regolare
secondo il professor Gitti: “se lei non studia ...” l'invito al
professor al povero Mottola, mentre lo inseguiva per strada.
“Lei fa
giornalista d'accatto”: difficile in Italia far capire a lorsignori
che, quando si ha un incarico con rilevanza pubblica, si deve
rispondere alle domande.
Gli ispettori di
Banca d'Italia hanno scoperto il vaso di pandora di UBI, Ubi leasing:
questa società ha venduto il jet di Lele Mora, l'ex agente dei divi,
che aveva comprato un jet per 1,250 milioni di euro, ottenuti tramite
un finanziamento con UBI.
Dopo i primi
problemi giudiziari, Mora dovette cedere l'aereo, tornato ad UBI
e messo in vendita per 60mila euro (dopo che UBI aveva rigettato
un'offerta di vendita a 250mila euro): è stato acquistato da una
società anonima del Delaware, nemmeno possiamo conoscere i reali
proprietari.
“Tante cose so che sono state vendute a niente … Si vede che era
qualcuno, non per fare insinuazioni, amico del curatore fallimentare”
- il commento di Mora oggi.
Gli ispettori di Banca d'Italia hanno rilevato delle strane
operazioni su queste vendite di Ubi Leasing: non c'è solo l'aereo di
Mora svenduto ma anche uno yacht, venduto anziché a 6 a 4 ml di
euro. Alla fine lo yacht è stato venduto alla signora Lucchini,
figlia di un consigliere della UBI, per 3,5 ml di euro.
L'ex direttore generale di Ubi Leasing che si era opposto a questa
operazione è stato licenziato: l'inchiesta della procura di Bergamo
è stata archiviata, perché UBI non ha fatto una querela di parte.
Sono tutti di fretta i banchieri, quando devono dare spiegazioni,
chiarire, rispondere a domande scomode: poi ci si chiede perché c'è
tanta sfiducia attorno al mondo delle banche.
Roberto Peroni era responsabile di antiriciclaggio di UBI che aveva
iniziato a ficcare il naso su operazioni sospette: riciclaggio,
vendita di armi e altro..
Le sue denunce non sono state prese bene dai capi: è stato
trasferito di incarico, infine è stato licenziato quando una delle
sue indagini è diventata di dominio pubblico.
Tra le operazioni anomale denunciate da Peroni, vendita di petrolio e
di armi: Peroni si era interessato anche in una azienda, Om Rottami.
Su 90 milioni di operazioni fatte dalla OM Rottami non c'era il
rispetto delle norme di antiriciclaggio: quando Peroni inizia a fare
domande su queste operazioni viene fermato.
UBI international era una società del gruppo su cui Peroni voleva
fare fare luce: è stato invitato a non indagare, a violare la legge,
che impone di denunciare irregolarità all'autorità di vigilanza.
Cosa c'è dentro UBI International: grazie ai Panama Papers, Report
ha scoperto quel filo che lega UBI, a società offshore, che erano
gestite dallo studio Fonseca.
UBI è stata redarguita dagli avvocati di Panama, quelli che si
occupavano di riciclaggio, perché UBI non forniva loro i documenti
ncessari, e questo è francamente imbarazzante, il commento del
consulente di Report.
UBI ha finanziato, attraverso Lussemburgo, operazioni di vendita di
armi per 100ml di euro: ben poco cattolico, mi pare.
Oggi Banca d'Italia ha sanzionato per 1,2 ml di euro per il non
rispetto delle norme contro il riciclaggio.
Chi è il
direttore di UBI International?
Si chiama Guy Harles, è un manager francese, fondatore della
Canopus, una società legata a Calvi e agli interessi di Sindona, il
banchiere della mafia.
Mottola è andato fino in Canada, per parlare con Giorgio Calvi:la
Canopus era lo schermo usato da Calvi e Marcinkus per nascondere i
loro rapporti con Sindona, era il forziere del banchiere del
banchiere di Patti.
Nella ragnatela offhore dell'ambrosiano (e del Vaticano), il
direttore di Ubi International aveva un ruolo importante che ha
continuato a mantenere anche con l'arrivo di Bazoli – sostiene
Calvi che poi continua: gli attivi dei fondi del vecchio Ambrosiano,
sono rimasti nel nuovo.
Che soldi sono? Sono quelli della mafia?
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