14 maggio 2013

Le vendicatrici, Ksenia di Massimo Carlotto e Marco Videtta

"Fare arrabbiare una donna è pericoloso. Farne arrabbiare quattro è da pazzi".

Nel romanzo scritto a quattro mani da Carlotto e Videtta c'è tutto il marcio del nostro paese: lo strozzinaggio e il riciclaggio di denaro sporco delle organizzazioni criminali. Funzionari di banca compiacenti che segnalano agli strozzini persone in difficoltà (col mutuo, con prestiti da cui rientrare) da contattare per farne potenziali vittime.
Soldi che finiscono nelle tasche di palazzinari influenti, poliziotti, vigili, politici che han bisogno di comprare i voti per essere eletti. Ma anche di prelati troppo indulgenti verso se stessi e verso il denaro.

Un sistema criminale, nelle strade di Roma, la capitale del paese ma anche la città della cristianità, a cui quattro donne si ribellano.
Sono loro, vendicatrici per necessità nel dover sopravvivere: Ksenia, Luz, Eva e Sara/Monica.
Ksenia, arrivata in Italia dalla Siberia, sia per sfuggire ad un presente senza speranze, sia per la speranza di un matrimonio da favola.
Lillo Pittalis è il trafficante di donne che la manda in sposa allo strozzino Antonino Barone. E usata come feticcio sessuale per i suoi incestuosi giochi erotici con la sorella, donna Assunta.


"La ragazza si avvicinò a una grande finestra, attirata dal rumore della pioggia che batteva sul vetro. Dal cielo alla strada, lo sguardo vagò alla ricerca di risposte. Indugiò tra le alte finestre dei palazzi, sulle imposte marroni, gli eleganti decori di travertino e infine sulle insegne al neon dei negozi. Un bar, un'edicola, una farmacia, una profumeria. Allungò il collo per osservare i passanti che si affrettavano sotto la pioggia battente e fu in quel momento che udí la porta aprirsi con un rumore imperioso. Tenne a bada l'impulso di voltarsi e rimase a fissare la strada senza riuscire a mettere a fuoco un solo dettaglio. Contò fino a cinque, deglutí e si girò.
Non era lui. Sospirò di sollievo. Non si sentiva ancora pronta. Un sessantenne tozzo e bolso, con una calvizie incipiente, la osservava curioso tenendo la testa leggermente piegata. Mentre si sfilava il giaccone bagnato, i suoi occhi scuri come sassi di torrente e infossati in borse di grasso indugiarono sul suo corpo. Le ricordò uno di quei mercanti di cavalli che da piccola aveva visto a Novosibirsk. La ragazza spalancò la bocca per la sorpresa quando vide Lello precipitarsi ad abbracciarlo.
- Antonino bello! - disse con trasporto.
- È questa? - tagliò corto il nuovo venuto, sciogliendosi dall'abbraccio.
Pittalis distese il braccio con la solennità di un vecchio attore.
- Ti presento Ksenia Semënova, la tua sposa siberiana. Non è dolcissima?
"Sposa" era una parola che Ksenia conosceva perfettamente. Sperò di aver capito male.
- Lello, chi è questo signore?
Di nuovo Pittalis si toccò i capelli. - È Antonino. L'uomo che sposerai.
A Ksenia non sfuggí la soddisfatta perfidia con cui Lello aveva chiarito la situazione. Quel porco che la spogliava con gli occhi non era il quarantenne dai tratti delicati che le aveva mostrato in fotografia. Era stata ingannata."

Antonino è un cravattaro, come si chiamano a Roma: uno di quelli che presta i soldi a strozzo a persone piene di debiti, cui le banche hanno chiuso le porte. Man mano i soldi per rientrare dal debito diventano così tanti che la vittima è costretta a vendere tutti i beni di famiglia.
O le proprietà di famiglia.
Uno che, per migliorare la sua immagine pubblica negli affari, si è comprato la sposa russa:

"– Che bisogno ha di sposarsi? – Essere ancora signorini a sessant’anni spinge la gente a convincersi che sei frocio. E lui, giustamente, pensa che questo possa nuocere agli affari".
Barone, è anche proprietario di alcuni bar, strappati ai vecchi proprietari con l'usura, dove ha piazzato delle macchine da gioco taroccate. Un sistema perfetto: da una parte le persone buttano soldi in questa sorta di connucopia al contrario, dall'altra sono costrette a ricorrere ad uno strozzino per stipulare nuovi debiti per il gioco.
"In pratica il bar funzionava per Barone come una tonnara: le prede, chiamate in gergo «bombardieri», venivano attirate dal miraggio di una vincita fortunata e giorno dopo giorno, euro dopo euro, finivano con lo sputtanarsi la pensione".
Macchinette che erano pure truccate:
"Ma Barone aveva «dimenticato» di collegare le slot machine ai monopoli di stato e, tanto per andare sul sicuro, le aveva fatte taroccare. Cosí, si assicurava il cento per cento degli incassi, per non parlare degli introiti provenienti dallo strozzo".
Renzo è uno di questi uomini, presi dal demone del gioco, per cui si è incravattato col sor Barone. Marito di Eva Russo, è arrivato ad dare in pegno per i debiti con le banche, il negozio di profumi della moglie. Che ora rischia pure di perderlo.

Luz è una ragazzo colombiana che svolge la sua professione di escort nell'appartamento di fronte alla casa di Ksenia e Barone.
I soldi di quel lavoro serviranno per ricostruirsi una vita assieme alla figlia, affidata ora ad un colleggio di suore.
Luz è l'unica persona nel quartiere, dove tutti sono nelle meni dello strozzini, che le sorride. 

Sara, infine, è una ragazza che più di altre ha motivi per vendicarsi della banda dei Barone: per fare questo si è infiltrata, sotto la falsa identità di Sonia, nel bar del quartiere dove la gente viene a farsi spennare alle macchinette truccate.
Ma dietro la maschera della "coattella" di quartiere, si nasconde la sua vera natura: spietata, feroce, con molte amicizie nei posti che contano all'interno della polizia.

Quando Antonino Barone si strozza con un boccone di bucatini in gola, Ksenia crede di essersi alla fine liberata dalla schiavitù in cui è vissuta fino a quel momento.
Ma non ha fatto i conti con la crudeltà della sorella dello strozzino, della sua banda (Pittalis, i frattelli Fattacci) che non può permettere che il giro di affari nel quartiere, l'usura, le macchinette truccate, si interrompa.
Ma anche qualcuno che sta sopra di loro, come i clan criminali che hanno affidato loro i soldi da riciclare (per cui Barone faceva come da banca), può permettersi alcun passo falso.
E' tutto il microcosmo criminale che fa finta di ossequiare lo strozzino che si è strozzato, nel giorno del suo funerale:

"Al funerale di Antonino presenziarono quasi tutti coloro che erano in affari a vari livelli con i Barone: agenti immobiliari, direttori di banca, titolari di stabilimenti balneari sul litorale laziale, grossisti di frutta e verdura al mercato di Fondi, albergatori, ristoratori, concessionari di automobili".
Del "sistema Barone" fa parte 
"Giorgio Manfellotti, l’imprenditore, il professionista fidato che era stato capace in una decina d’anni di trasformare una valanga di denaro nero proveniente da spaccio di cocaina, usura, evasione fiscale in una prospera attività nel campo dell’edilizia".
E poi
"Natale D’Auria, astro nascente della famiglia che gestiva la concessione di licenze commerciali su tutto il territorio della capitale".
Ma non hanno fatto i conti con queste quattro donne: determinate a vendicarsi dei maschi che le hanno umiliate, maltrattate, lasciate sole nella sofferenza. Ksenia deve riconquistarsi un futuro, magari assieme a Luz. Eva deve recuperare il negozio e una dignità che stava svendendo per colpa del marito.
"– Sai cosa diceva Victor Hugo? «Uno strozzino è peggio di un padrone, perché un padrone non possiede che la tua persona, mentre un creditore possiede anche la tua dignità»".
Luz deve abbandonare quella vita passata tra un appuntamento ad un altro, con uomini che la vedono solo come oggetto sessuale.
La vendetta sarà dura
"– La vendetta è come la caccia. Richiede freddezza. E una paziente strategia. In piú, nella vendetta non c’è limite alla fantasia. Usala"
Una vera prova di volontà che le costringerà a sporcarsi le mani e a rispondere con violenza alla violenza:
 "La colpa è di chi presta i soldi a strozzo, di chi pretende il pizzo, dei direttori di banca corrotti, di chi rapisce i bambini, di tuo marito che ti ha ingannata. Tu, Luz e Ksenia vi siete solo ribellate e state pagando un prezzo troppo alto per questo"
Scrive Carlotto su Repubblica:
«Quella delle nostre quattro donne è sì una vendetta privata, – sottolinea Carlotto su Repubblica, – ma con una sorta di metafora dell'organizzazione femminile nata dalla solidarietà e dalla voglia di affrancamento. Noi abbiamo visto nella cronaca che molte situazioni finite tragicamente avrebbero avuto un altro esito se ci fosse stata solidarietà intorno a queste donne, se ci fossero state anche delle strutture antiviolenza. Per noi questo gruppo di donne al centro dei romanzi è una specie di metafora delle strutture antiviolenza. Un gruppo di donne che si proteggono. Noi vediamo solo i casi che finiscono sui giornali, ma queste vessazioni sono quotidiane e innumerevoli. Ci siamo posti il problema di come affrontare letterariamente queste realtà. La vendetta delle nostre vendicatrici non è fine a se stessa, è finalizzata a un progetto di vita in comune: queste donne non si lasciano più».
 La scheda sul sito di Einaudi e il link da cui scaricare un estratto.
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