Secondo molti esponenti del mondo della politica quello di Report è giornalismo camorristico. Ovvero una forma di intimidazione, di messa alla gogna, di diffamazione con fatti presunti o montati.
Chiaramente, non sto a nascondermi
dietro un dito, la penso in modo diverso: quello di Report è un
giornalismo diverso da quello di molte testate giornalistiche
semplicemente perché è vero giornalismo.
Report e i suoi reporter fanno delle
domande vere e non concordate ai soggetti delle loro inchieste.
Le interviste non sono concordate (come
il caso del povero Iovene con De Luca): i loro giornalisti non
si mettono in soggezione di fronte ai manager, ai presidenti, ai
deputati, anzi. A Report si ribalta lo storytelling raccontato spesso
da TG e quotidiani riportando il mondo nella giusta prospettiva.
Le domande scomode, su finanziamenti,
su cattive frequentazioni, su conflitti di interessi, si fanno.
Si corrono dei rischi certo, a fare il
giornalista giornalista (e non il giornalista impiegato, chi ha visto
Fortapasc sulla storia di Giancarlo Siani avrà
capito): si rischiano querele
e si rischia anche l'incolumità. Come capitato al bravo Giorgio
Mottola questa settimana, aggredito dall'AD di Società
Italiana Elicotteri.
Ma questo non ha fermato al momento le
inchieste di Report che spesso hanno anticipato anche quelle
giudiziarie: penso allo scandalo
della banca MPS
e ai servizi dedicati alla Roma di mafiacapitale. Che le bande di
Roma assieme alla mafia stessero prendendosi tutta la capitale grazie
alla politica Mondani
lo aveva raccontato.
E non mancheranno, purtroppo o per
fortuna per la salute del nostro paese, altre: come la recente
indagine sul numero due di Unicredit, Palenzona, il banchiere
capace di giocare su più tavoli (autotrasportatori, aeroporti, le
banche) e
che, sostengono i pm, aiutò un imprenditore ritenuto
vicino al boss Matteo Messina Denaro, ristrutturando i debiti.
I pm sono convinti che anche i vertici
della banca sapessero chi ci fosse dietro Bulgarella. Così
un'altra banca che finisce sotto inchiesta della magistratura, dopo
MPS e BNL (la banca degli amici).
Questa sera riprendono le inchieste di
Report su Rai3, e si parte dal calcio: l'inchiesta racconterà chi è
Sepp Blatter, il presidente della Fifa, il padrone del calcio
mondiale. In questo momento in grossa crisi per gli scandali sulla
corruzione (per le partite truccate, tutto il mondo è paese
evidentemente) e per l'abbandono degli sponsor che, in tanti anni, si
sono garantiti un posto in prima fila.
Gli hamburger di Mc Donald, le
bollicine di Coca Cola gli hanno appena chiesto di andarsene, senza
discussioni: oramai i
veri padroni del calcio sono loro, non Blatter, perché hanno in
mano il portafoglio e non vogliono correre il rischio di un rischio
di immagine, per colpa della Fifa infangata.
Maurizio Crosetti su Repubblica:
Somiglia a una lotta di potere, Platini contro Blatter, qualche emiro contro Platini e Blatter, invece è una spaventosa guerra commerciale. Gli scandali della Fifa stanno ridisegnando la mappa economica dello sport più mediatico e più venduto del pianeta, 3,6 miliardi di telespettatori per l'ultima Coppa del Mondo trasmessa in 192 paesi, ogni inquadratura una vetrina, ogni tifoso un cliente. Ma l'ala nera dell'etica offesa si è posata sui contratti di sponsorizzazione, sebbene a nessuno interessi un accidente dell'etica fino a quando non fa inceppare i registratori di cassa e le bande magnetiche delle carte di credito. Non si allarmano solo Coca Cola e McDonald's, anche VISA (partner Fifa dal 2007, con un accordo fino al 2022) sta seriamente pensando di mollare l'armata Brancaleone del colonnello Sepp: «Occorre ricostruire una cultura con solide pratiche morali». Parole che fanno l'identico rumore di una ghigliottina.Perché una Fifa sporcata e un pallone infangato possono insozzare anche i prodotti sugli scaffali, e guai se la gente poi non ci crede più: altra regola non esiste nel mercato dello sport, la chimera della passione va mantenuta intatta. Però le aziende e i marchi stanno scappando quasi tutti: prima Castrol, Johnson&Johnson e Continental, adesso anche Emirates e Sony che per il mondiale russo del 2018 saranno sostituite, guarda caso, da Gazprom: ci ha pensato Putin in persona per salvare la sua coppa, proprio quella sospettata di corruzione, mentre incombono le probabili mazzette di Qatar 2022.Il nodo non si scioglie e gli sponsor se la battono. Persino un colosso come Hyundai, che rappresenta l'Asia da sempre alleata di Blatter, comincia ad avere il sospetto che il gioco miliardario non valga la candela. E sapete, a parte Gazprom, quanti nuovi contratti sono stati firmati per il mondiale 2018? Zero, nessuno. Così la Fifa potrebbe inabissarsi di fronte all'obbligo - assoluto - di recuperare almeno 6 miliardi di dollari entro il 2017, a un anno dal fischio d'inizio sotto gli occhi dello zar ma non più del Colonnello, questo è certo.Fino al redde rationem del prossimo 26 febbraio, quando finalmente Blatter dovrebbe diventare un ricordo, nessuno sponsor si espone e molti si ritraggono. «L'immagine e la reputazione della Fifa si stanno oscurando», ha scritto Coca Cola Company, mentre l'agenzia Brand Finance quantifica in 400 milioni di euro il crollo del valore commerciale da maggio a oggi. «La presenza di Blatter è un ostacolo al processo di riforme», rincara Budweiser.Il contro-spot terrorizza gli investitori e sta facendo accartocciare il mondo del calcio, perché quasi un terzo del fatturato Fifa (4,7 miliardi di euro nel periodo 2011/2014) è frutto del marketing (1,3 miliardi). Solo nel 2014, la Fifa ha avuto entrate commerciali per 382 milioni di euro. Il fatturato stesso dell'ultimo mondiale brasiliano, pari a 5,1 miliardi di dollari, alle condizioni attuali sarebbe fantascienza. Solo i contratti televisivi (2,5 miliardi di dollari) possono salvare la baracca, ma gli interessi delle tv sono intrecciati a quelli degli sponsor, e certamente nessuno accetterà di pagare ancora cifre iperboliche per un prodotto corroso, minato alle fondamenta e forse truccato. Ognuno tirerà l'acqua al proprio mulino, non esattamente bianco.
L'inchiesta (qui
l'anteprima sul sito della Rai) partirà da Blatter per spiegare poi
come funziona il meccanismo degli sponsor e dei diritti televisivi.
Che porterà al secondo servizio dove si parlerà di Infront e di
un'inchiesta che coinvolge Rai, Mediaset e Infront per appalti
gonfiati su grandi eventi.
La scheda del servizio di Paolo Mondani “Non per soldi ma per denaro”:
La scheda del servizio di Paolo Mondani “Non per soldi ma per denaro”:
Lo scorso giugno il tribunale di Roma ha messo sotto inchiesta alcuni dirigenti di Rai, Mediaset, La7 e Infront. L'indagine ruota intorno all'imprenditore David Biancifiori che secondo i magistrati otteneva appalti in cambio di soldi e assunzioni. Sotto osservazione è l'edizione di Sanremo del 2013. In Rai pesa anche l’inchiesta giudiziaria su mafia capitale: Giuseppe Ietto era considerato un prestanome del boss Massimo Carminati e gestiva i bar Rai di Roma e Torino. La Rai stessa ha accertato altre vistose irregolarità in molte altre gare d'appalto. Quali responsabilità emergono dalle inchieste interne della Rai? Infront è la società advisor della Lega di serie A per i diritti televisivi. Biancifiori curava per loro la regia delle partite di calcio a San Siro. Anche alcuni dirigenti Infront avrebbero preso soldi in cambio di appalti. La storia di Infront inizia nel 2001, quando Sepp Blatter, il plenipotenziario della Fifa ora travolto da indagini americane e svizzere, decise di liberarsi della società che fino ad allora si era occupata dei diritti tv dei mondiali di calcio, passandoli proprio a Infront. Oggi, Infront è in mano a una multinazionale cinese ed è guidata dal nipote di Blatter, Philippe. La filiale italiana di Infront ha attualmente in mano il calcio italiano: è Advisor della Lega Calcio per la commercializzazione di tutti i diritti media nazionali ed internazionali dei campionati italiani di calcio di Serie A e B, Coppa Italia, Supercoppa Italiana e Campionato Italiano Primavera. L'anno scorso si è tenuta la gara per l'assegnazione dei diritti triennali della serie A. L'Autorità Antitrust ha aperto un'istruttoria per accertare se l'accordo finale ha leso la concorrenza e la procura di Milano sta indagando per ostacolo alla vigilanza.
Infine la fatal Verona: su una
torretta storica, sono state installate tante antenne e ripetitori.
Di chi sono, e a chi pagano l'affitto?
La scheda del servizio di Giulio
Valesini e Sigfrido Ranucci: “Telescrocco”
Verona è considerata patrimonio dell'Umanità dall'Unesco, anche perché, si legge tra le motivazioni, “rappresenta in modo eccezionale” il concetto della città fortificata. Tra le fortificazioni tutelate c’è anche una torretta massimiliana, voluta da Radetzky, occupata da 40 anni da antenne e ripetitori radiotelevisivi, installati violando il vincolo di tutela della sovrintendenza per i beni storici e culturali senza l'autorizzazione del demanio, proprietario dell'importante monumento storico. Oggi il demanio che aveva dato in gestione il monumento al comune di Verona nel lontano 1968, con l’impegno di non apportare alcuna modifica interna e esterna al bene, ha chiesto al sindaco Tosi, amministratore della città nell’ultimo decennio, di restituire la torretta libera dalle antenne. Ha chiesto agli abusivi di risarcire lo Stato per gli ingenti danni subiti dall'importante monumento, e soprattutto chiesto i canoni arretrati. Ma fino a ora nessuno ha mai pagato, né ha intenzione di farlo. Perché? E chi sono gli abusivi? Report racconterà questa incredibile vicenda di abusivismo attraverso testimonianze e documenti inediti, e ha scoperto che c’è pure qualcuno che in questi anni ha fatto anche la cresta alle spalle dello Stato.
Qui l'anteprima su Reportime.
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