Sicilia, Sciacca: il servizio sulla
pesca
selvaggia di Presa diretta parte dal peschereccio Maristella, che
va al largo nel mare della Sicilia per pescare sardine, acciughe,
quando si trovano.
I banchi di pesce sono avvistati dal
sonar che ora non vede nulla: oggi si pesca molto meno di una volta.
La pesca viene prima stimata col retino, per capire quanto sono
grosse le sardine avvistate: se della misura giusta, si può pescare,
con la rete grande.
Fino a 10 anni fa c'erano 50 aziende
che lavoravano il pesce: col diminuire del pesce sono chiuse.
Delle 50, ne sono rimaste 12: il pesce lavorato viene spesso
importato dall'estero, dalla Francia alla Croazia. Il poco pesce del
mare di Sciacca fa saltare i conti agli armatori dei pescherecci.
Non conviene più pescare nei nostri
mari. Meglio demolire le barche, lo stato da anche un contributo.
Come mai c'è meno pesce?
Perché ci sono le grandi navi che
pescano a strascico: era una pesca sperimentale ma va avanti da 20
anni.
Le navi che usano la pesca tradizionale, tornano invece vuote in porto: oltre ai pescatori, in questo tratto di mare ci sono anche le barche tunisine che pescano senza regole.
Le navi che usano la pesca tradizionale, tornano invece vuote in porto: oltre ai pescatori, in questo tratto di mare ci sono anche le barche tunisine che pescano senza regole.
Il pesce azzurro sta sparendo nei
nostri mari: nel 2013 il calo delle acciughe è stato del 30%.
Nel mediterraneo il 93% del pescato è stato preso in modo non
sostenibile dice un report della UE.
La storia del tonno rosso.
Era a rischio estinzione e per cercare
di risolvere il problema sono state introdotto le quote: per l'Italia
sono 2300 tonnellate. Ma che fine fanno queste tonnellate del tonno
pescate in Italia?
La storia inizia a Carloforte,
in Sardegna.
Sull'isola c'è l'unica tonnara fissa
del Mediterraneo: qui arrivano i tonni a deporre le uova, al caldo
nei nostri mari.
Rimangono imprigionati nella camera
della morte: quando la rete è sollevata, inizia la mattanza davanti
ai turisti.
Il 90% di questi tonni non arriva
sui nostri mercati: ci sono imbarcazioni con bandiera maltese si
prendo la maggior parte dei tonni, ingabbiati in camere a rete.
Stessa scena, i rimorchiatori maltesi
con la gabbie galleggianti, sulle coste campane.
Così i tonni arrivano nelle gabbie a
Malta: qui vengono tenuti e ingrassati con mangime, tonnellate di
pesce azzurro.
La società del signor Azzopardi, ha un
giro d'affari da 30ml di euro l'anno: il tonno è venduto ai
giapponesi, a Tokio per 30000 l'euro l'uno.
In Italia i tonni sono pescati anche da
barche italiane: sono pochi gli armatori italiani che fanno la parte
del leone nella pesca del tonno rosso e in una settimana fatturano 1
ml di euro, quota che poi si divide con i pescatori.
Oggi con le quote per la pesca del
tonno, i pochi armatori italiani che hanno il grosso delle quote le
difendono: è stato in investimento, dicono, quando nessuno le
voleva.
Perché lo vendono ai broker, come i
maltesi?
Perché è il modo più semplice per
venderli, perché se li vendessero in Italia calerebbe il prezzo.
Ora sono aumentate le quote di pesca
del tonno: a chi andranno?
Il 20% delle quote sono state assegnate
a chi già le aveva: gli altri pescatori sono rimasti fermi, visto
che non c'è stata distribuzione. I grossi armatori continueranno ad
arricchirsi.
I piccoli pescatori, quando non
rispettano le leggi, arrivano subito le multe e i sequestri.
Lisa Iotti è salita sulla barca del
cap Mezzapelle: pescano anche i tonni rossi, che non possono
tirar su perché hanno già sforato le quote, li devono abbandonare.
I preziosi tonni rossi devono essere
ributtati a mare, e il pesce spada che si pesca è poco.
Il sistema delle quote è una
vergogna, dicono i piccoli pescatori: ma c'è un altro scandalo,
il tonno pescato viene trattato in modo illegale sui pescherecci e
venduti in modo illegale nei mercati.
Nei mercati il tonno dovrebbe avere un
bollo, che indica la tracciabilità: ma nessuno ha la bolla, girando
per Ballarò. E i controlli?
Il mercato nero, del tonno illegale è
un altri frutto della politica delle quote, quella che favorisce i
grandi a discapito dei piccoli. Inoltre il tonno trattato in modo
illegale può anche far male la salute delle persone: nel 2013
centinaia di persone sono finite in ospedale per intossicazione da
Istamina.
80% delle 2000 tonnellate di tonno
rosse finisce in Giappone. Il resto è pescato e venduto per
l'Italia, oltre al tonno illegale.
Ma sulle nostre tavole arriva anche
il tonno surgelato, pescato nell'oceano Indiano.
Riassumendo, il tonno italiano finisce
in Giappone, mentre noi ci mangiamo il tonno pescato mesi prima negli
oceani lontani.
Il famoso tonno a pinna gialle, che deve essere rosso scuro per essere sano: la maggior parte di quello che si trova ha un colore più vivace ed è frutto di coloranti.
Il famoso tonno a pinna gialle, che deve essere rosso scuro per essere sano: la maggior parte di quello che si trova ha un colore più vivace ed è frutto di coloranti.
Anche il tonno riceve trattamenti
cosmetici: nitriti e altri prodotti non ammessi, delle frodi
commerciali, alle spalle del consumatore.
Se mangiassimo il tonno rosso non ci
sarebbero questi problemi, perché si consumerebbe in fretta.
Chi sono i più grandi pescatori di
pesce? La Spagna, i russi, i giapponesi.
Elena Stramentinoli è andata poi in
Senegal, per mostrare la pesca dei grandi pescherecci: pescano in
una sola volta fino a 250mila tonnellate di pesce.
Pesce che arriva sui nostri mercati:
stiamo svuotando i nostri mari, col rischio di non avere poi nulla da
pescare entro il 2050.
Questa pesca selvaggia è un problema
per il Senegal: la pesca illegale, fatta con reti strette,
senza rispettare le regole, è un furto nei confronti dei pescatori e
del Senegal. Circa 800ml di dollari l'anno, che il governo locale
perde.
E poi c'è l'impatto ambientale perché
i grandi pescherecci prendono di tutto, distruggendo l'ecosistema.
L'ex ministro della pesca si occupa
oggi di salvaguardia dell'ambiente: definisce la pesca selvaggia nei
loro mari come atto di pirateria, perché le navi che entrano
nelle acque senza nessun controllo, grazie alla corruzione.
Saccheggiano i paesi creando un danno
ambientale e sociale per questi paesi dell'Africa.
80% della ricchezza deriva dalla pesca
tradizionale: i pescherecci russi, spagnoli distruggono la ricchezza
del Senegal, mettono in crisi i pescatori tradizionali.
La pesca era il 15% del PIL, dava
lavoro a 700mila persone.
E così la gente è costretta ad
emigrare, per arrivare nella vecchia Europa, dove si trovano
tanti vecchi politici dal cervello piccolo, che gridano “aiutiamoli
a casa loro”.
In cambio di questo ipersfruttamento
dei loro mari, almeno il Senegal riceve dei soldi?
La FAO usa le parole di crisi
umanitaria, circa lo sfruttamento della pesca da parte dei
pescherecci occidentali. Per la diminuzione delle risorse ittiche, le
famiglie dei pescatori devono trasferirsi in altri paesi,
abbandonando i bambini, chiamati qui “bambini della spiaggia”.
Dal Senegal le persone cercano di
arrivare in Europa, affrontando un lungo viaggio con le barche.
E il governo africano cosa fa? L'anno
scorso il Senegal ha firmato un accordo che permetterà a grosse
navi europee di pescare nelle loro acque, in cambio di 2,8ml di euro
l'anno.
Una miseria, se pensiamo a quanto viene
venduto il pesce sui nostri mercati, dove l'80% del pesce arriva
dall'estero (se si esclude il pesce azzurro).
Sono 150ml di euro il fatturato del
mercato ittico solo a Milano: quanti di questi arrivano poi in
Senegal?
C'è ancora modo di salvare il mare.
In Puglia diversi comuni si sono messi
assieme, per salvaguardare il pesce e il pescato: hanno bloccato la
pesca nella zona di riserva per pochi anni.
Ora la pesca si concede con delle
licenze, rispettando i limiti sul pescato e sulle reti.
Regolamentare la pesca conviene ai
pescatori e anche ai consumatori: i biologi della riserva controllano
il pescato e i dati arrivano all'Università del Salento.
Torre
Guaceto è oggi riconosciuta come una buona pratica di pesca
nel mondo.
Isola di Favigana: qui c'è
l'area protetta più grande del Mediterraneo.
Qui c'era un problema di pesca a
strascico illegale: si sono usati dei dissuasori, in fondo al mare,
per distruggere le reti illegali.
Poi c'è il controllo da parte della
capitaneria delle barche che entrano in zona protetta: chi non
rispetta le regole viene bloccato e gli viene vietato l'ingresso in
zona protetta.
Il risultato è stato il salvataggio
dell'ecosistema, è tornata la Poseidonia, i coralli e anche il
pesce.
Si fa turismo, si fa pesca: questo in
una riserva dove semplicemente si è regolamentata la pesca.
Cosa possiamo fare noi consumatori: per
esempio non dovremmo comprare la “neonata”, ovvero i pesci
appena nati (come le Sarde), tra febbraio e aprile, che non si
potrebbe né pescare né vendere.
Silvio Greco, biologo marino,
consigliere del min dell'Ambiente, esperto di pesce, spiega a Lisa
Iotti che cogliere i cambiamenti nel mare è più difficile: i
modelli matematici indicano che tra 50 anni c'è il rischio
dell'estinzione delle specie che peschiamo.
Molto sta a noi consumatori, che
dovremmo cercare di mangiare altro pesce, oltre allo spada e al
tonno.
Come le razze di piccola taglia, con
ciclo vitale breve e che dunque non accumula contaminanti nelle loro
carni.
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