Incipit
L'ispettore Tano da morire
Primo giorno
Ho appena finito di fare l'amore e ho baciato Marina come se non ci fosse un domani. Ma mi ha allontanato: io il chiamo il "momento dell'okay", quando lo dice due o tre volte significa che il nostro tempo è scaduto, che deve sbrigarsi. Abbiamo passato la notte insieme, ma ha detto al marito che finiva il turno alle sei. Devono andare al Mercatone a Ivrea, ma sarà vero? Infila gli anelli e saluta.
Ricordatevele queste parole, perché
avranno un loro peso nella risoluzione del mistero di questo romanzo,
che è anche l'omaggio che Piero Colaprico giornalista e scrittore,
fa alla sua città, Milano. Alle vittime di Piazza Fontana e alle
persone che, sfidando il lato oscuro delle nostre istituzioni,
l'altro Stato, quello che non aveva prestato fedeltà alla
Costituzione repubblicana, hanno cercato di trovare la verità sulle
stragi che hanno insanguinato il paese tra il 1969 e il 1984.
Gli anni della strategia della
tensione, delle bombe messe sui treni e nelle piazze per creare
terrore, per far crescere nelle persone la domanda di uno stato
autoritario.
Quest'anno, per i cinquant'anni dallastrage di Piazza Fontana, la strage fascista che ha causato 17
vittime e quasi novanta feriti, sono usciti molti libri che hanno
ricostruito il contesto della strage: il mondo diviso nei due
blocchi, l'Italia come terra di frontiera tra i due blocchi, con
all'interno il più grande partito comunista europeo, la cui crescita
andava bloccata a qualunque costo.
Anche al prezzo di una strage, anche al
prezzo di depistare le indagini, insabbiare, spostando tutti i
processi a Roma nel porto delle nebbie, spaventando o uccidendo
testimoni, coprendo i responsabili di quelle stragi e inquinando le
prove per addossare le colpe a formazioni di sinistra (come gli
anarchici di Milano, come il ferroviere Giuseppe Pinelli).
Ma c'è stato anche qualcuno, dentro lo
Stato, dentro la magistratura, dentro le forze dell'ordine, nel
giornalismo, nella società civile, che non si è fatto spaventare,
che non ha voluto girare la testa dall'altra parte. La formulazione
“strage di stato” è parzialmente sbagliata, dunque.
Piero Colaprico, che non è uno
storico, un magistrato, racconta questa storia a modo suo,
regalandoci un romanzo in cui compaiono tutti i suoi personaggi,
dall'ex carabiniere Genito, all'ispettore Francesco Bagni al
maresciallo Pietro Binda (in omaggio all'altro Pietro, Valpreda): un
romanzo che ha al centro un mistero, la morte di un poliziotto che
stava indagando sull'assassinio di un importante psichiatra, che a
sua volte nasconde un mistero ancora più grande.
Nella Milano attuale c'è chi fa i
soldi con la borsa e chi vuol farli con la “roba”, ma il
messaggio drammatico che sta passando, anche grazie alla politica, è
che se hai soldi allora conti, se non li hai, sei fottuto.
Siamo a metà degli anni '80, Milano a
breve diventerà la città da bere, l'eroina sta già arricchendo le
mafie, il riflusso ha spazzato via la voglia di partecipazione
politica dei giovani e la corruzione si sta mangiando il resto.
Dopo vent'anni alla omicidi, non mi rassegno a quanto violenza sopraffina, miserabile e pura soffi dentro noi esseri umani. Siamo stati animali per centinaia di migliaia di anni, per milioni e milioni di notti senza riposo, brevi e terribili, sospese tra l'essere cacciagione e cacciatori. Bipedi, che si sono sollevati dal suolo e hanno marciato per giorni e giorni fatti di fame infinita, solitudine, fughe da predatori, raccolta di cibo e peregrinazioni: ex bestie che da qualche parte conservano la memoria dei loro ululati, ma che hanno fondato città, creato codici e leggi, religioni di Stato, poesie che scavano dentro l'umano e scacciano l'animale - la poesia come l'esorcismo del nostro demonio. Ma c'è un ma: questa civiltà di uomini dura da meno di cinquemila anni. Troppo pochi perché poesia e scienza vincano sulla Bestia, sul demone che sta in noi.
Lo psichiatria Eleuterio Rupp, figlio
di un importante architetto milanese, viene ucciso sotto casa da un
killer che lo fredda con 4 colpi, alcuni a bruciapelo in faccia.
L'indagine la segue l'ispettore Nesi,
detto Tanone o Tano da morire, assieme agli altri colleghi della
Mobile: strano delitto, lo psichiatra non aveva nemici, faceva una
vita normale, una moglie sgradevole come carattere e, in casa, molti
ritagli di giornale sulle indagini per la bomba di Piazza Fontana.
Nello studio sono spariti i fascicoli
relativi ai suoi pazienti più pericolosi, marcati con la doppia Y.
Strane manomissioni sulla sua agenda
personale..
Strana anche la rapina qualche giorno
prima a casa del figlio.
Non è un delitto di mafia, né una
rapina: Nesi, che è un investigatore di quelli bravi, uno “ammalato
di verità”, inizia una sua indagine.
Indagine che noi leggiamo, tre anni
dopo, nel memoriale-diario che qualcuno ha fatto ritrovare al suo
amico, Francesco Bagni, anche lui ispettore alla omicidi.
Perché tre anni prima, Nesi è stato
ucciso nella casa dove incontrava l'amante, proprio dal marito, anche
lui poliziotto alla Digos, negli anni in cui ancora si chiamava
Squadra Politica. Negli anni di Piazza Fontana, della caduta
accidentale dell'anarchico Pinelli.
Nesi è stato ucciso per una storia di
corna e il cornuto, anche lui poliziotto, alla fine si è ucciso.
Tutto semplice.
Come semplice anche la conclusione del
processo per l'omicidio Rupp che incastra un altro medico che lo
aveva minacciato.
Nelle carte che arrivano in mano a
Bagni si parla dei cinque giorni successivi al delitto Rupp: si parla
delle cose che non tornano nel delitto, del fatto che il marito di
Martina era anche lui un paziente di Rupp. Della strana podista vista
quella mattina per strada.
Delle paure e delle paranoie, che non
erano paranoie, che iniziano a girare per la testa di Nesi.
Sta facendo domande su qualcosa che
deve rimanere nascosto.
E quel segreto a cui forse è arrivato
lo ha nascosto per farlo arrivare all'unica persona di cui si fidava,
Bagni.
Sono pagine piene di citazioni, da
Einstein a Ibsen a Nietzsche, fino a Lucio Battisti.
Con una sorta di invito finale, a dare
giustizia ai morti.
Caro Francesco, i morti, specie se non possono più difendersi, meritano rispetto. Non parlo di me, non solo di me, parlo dei tanti morti nascosti nelle pieghe oscure dell'Italia, il nostro paese, la patria dei traditori.Sebastiano Nesi, ispettore di polizia, squadra omicidi.
Come risolvere l'enigma? Ma, come aveva
già scritto Poe in un suo romanzo, forse l'archetipo di tutti i
gialli, se vuoi nascondere qualcosa devi metterlo bene in vista.
E anche quando sembra a portata di mano, la verità può venire rapita, come Persefone, dagli inferi. Ecco, a differenza dei miti, se viene sepolta, la verità non ce la fa a risorgere. Mai e poi mai. Specie in Italia, si disse Bagni, scolando il bicchiere. Ma lui ci avrebbe provato. Era il suo mestiere, coincideva col suo carattere. E con quello di Nesi, pace all'anima sua: certi morti, come le vittime delle stragi, pensava, non hanno mai un posto dove riposare finché non sarà fatta, in un modo o nell'altro, vera giustizia.Far riposare i morti, si disse, anche questo può essere lo scopo di un detective della omicidi.
Nota a margine: si legge già benissimo
come giallo, questo Anello di piombo, ma oltre ad essere un romanzo
scritto benissimo, porta il lettore dentro una delle pagine più
oscure di quelli che si chiamano i misteri d'Italia.
Il mistero del Noto Servizio o Anello,
la struttura segreta, a capo della presidenza del Consiglio, di cui
facevano parte uomini dello stato e civili e che è stata usata,
almeno fino alla fine degli anni settanta e ai primi anni ottanta, in
diverse vicende oscure.
Dal rapimento Moro (e il recupero del
memoriale), al rapimento Cirillo.
Una delle tante srutture occulte usate
per la guerra non ortodossa da parte di quella parte dello stato
legata alla fedeltà atlantica e non alla Costituzione.
Se volete saperne di più
- L'Anello
della Repubblica di Stefania Limiti
- Il
noto servizio di Aldo Giannuli
La scheda del libro sul sito
dell'editore
Mondadori
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