Nel 2008, il governo Berlusconi
(con la Lega come alleato), tagliò
la spesa pubblica per la scuola di 10 miliardi con un taglio alla
spesa per la ricerca del 20%: un taglio che in questi anni non è
mai stati colmato.
Erano gli anni delle leggi ad personam,
delle pillole della Gelmini (mini spot costati milioni), del ministro
Calderoli che bruciava leggi a caso e apriva un'inutile sede
ministeriale a Monza alla reggia.
Sono passati più di dieci anni e la
situazione nella scuola, nell'università e nella ricerca non è
affatto migliorata, anzi, ogni ministro ha voluto lasciare il segno
col la sua riforma.
Tutto questo per dire che danno molto
fastidio le battute e le frecciatine rivolte all'ex ministro
dell'istruzione Fioramonti
per le sue dimissioni: il peggior ministro, uno che voleva mettere la
tassa sulle bevande zuccherate, si dimette e entrerà in una corrente
pro Conte, ..
Il saggio indica la luna e gli stolti
osservano il dito: perfino il presepe è stato tirato dentro questa
polemica, per non parlare delle bevande zuccherate che causano
problemi di obesità che sono anche un costo per lo Stato.
La scuola italiana ha bisogno ora di
soldi, per migliorare le strutture a pezzi, per assumere insegnanti
in modo stabile (costa molto di più assumere i precari di anno in
anno e pagare le multe per i
contenziosi con le famiglie, per gli insegnanti di sostegno).
I liberisti di soliti obiettano
chiedendo da dove prendiamo questa nuova spesa pubblica? Vorremo mica
mettere altri soldi nel pubblico? Tutta spesa inutile.
Ci sono poi quelli che tirano in ballo
le pensioni: spendiamo miliardi in pensioni, togliamo i soldi agli
anziani.
Spendiamo anche soldi per i liberisti
del Foglio,
quotidiano di proprietà di un immobiliarista, che riceveva fondi
pubblici per un partito che non esiste.
Abbiamo speso e spenderemo miliardi per
il Mose, per gli armamenti, per la tassa occulta della corruzione.
Forse potremmo permetterci qualche
miliardi in più per l'istruzione e portarci alla pari con le altre
nazioni europee: ad oggi la situazione degli investimenti in ricerca
è fatta in nome della meritocrazia, per cui le università più
brave prendono soldi.
Lo stesso meccanismo per cui i comuni
che erogano meno servizio prendono dallo stato meno soldi di quelli
che già oggi al nord offrono asili e scuole (se ne era occupata una
puntata di Report)
e di fatto si penalizzano gli enti in difficoltà.
In particolare, il taglio alla ricerca
costringe molti studenti che intendono seguire questa strada ad
andare fuori casa, spesso all'estero.
Potete continuare a fare tutte le
battutine sulla sugar tax e sui presepi, ma la realtà è questa.
L'istruzione in Italia è malata e
tutti i governi recenti portano su di sé delle colpe, tutti.
Sul sito Roars
i numeri di questa malattia riassunti nei grafici che riportano PIL,
taglio della spesa in istruzione, finanziamento all'università.
La situazione è chiara, possono
capirla tutti, sia quelli del presepe che gli altri del piano choc.
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