14 maggio 2008

La deriva di G. Antonio Stella e Sergio Rizzo

La deriva: Perché l'Italia rischia il naufragio (qui un riassunto ).
Non vorrei che la parola deriva venisse d'ora in avanti usata con la stessa disinvoltura di "Casta", come il titolo del precedente libro di Stella e Rizzo.
Ossia portare ad una accettazione pessimistica del fatto che ormai siamo un paese alla deriva, che tutto va male, che non c'è niente da fare ecc. ecc.

Perchè è vero, il ritratto che fa del paese questo libro, con tanto di cifre, numeri e trend è catastrofico. Ma il rischio a ripetere titoli allarmistici è che la gente ci si abitui. Come al riscaldamento della terra: sappiamo che il trend è in crescita, ma siccome è un evento così catastrofico da poter essere concepito, non lo concepiamo.

Invece quello che dovrebbe essere chiaro è che, o cambiamo politica, in tutti i sensi (soprattutto con nuove persone) oppure rischiamo in pochi anni la sindrome Argentina.
Non possiamo più permetterci certi sprechi, nei lavori pubblici, nelle spese della macchina politica, per una giustizia (che costa 8 miliardi di euro) che non condanna, che non risarcisce, che accumula ritardi.

Un paese che ha bisogno di mille commissari per sbrigare le emergenze quotidiane (dai rifiuti, alle alluvioni, fino ai grandi eventi); che usa lo strumento dei condoni o dello scudo fiscale (in Italia al 3,5% mentre in Germania è stato fatto al 35%) inculcando ai cittadini l'insegnamento che è inutile pagare oggi. Prima o poi verrai condonato.

Del paese dove nessuno va più in galera per corruzione o concussione (in Calabria 2 casi negli ultimi 20 anni). Confrontate qui le condanne tra i colletti bianchi in Italia e Stati Uniti.
Un paese dove la più grande impresa è la criminalità organizzata, le mafie, con un fatturato di 90 miliardi pari al 6% del Pil.
Un paese bloccato da infrastrutture che si completano in tempi elefantiaci, con costi che si gonfiano di mazzetta in mazzetta, che ci penalizzano dal punto di vista turistico e industriale.
Si pianificia il ponte sullo stretto (dove fin'ora abbiamo speso 250 ml di euro in consulenze) ma abbiamo ancora la Salerno Reggio Calabria da completare (20 ML di euro/km).
Nel paese della burocrazia ("bolli fortissimamente bolli") che soffoca le imprese e che scoraggia gli investitori esteri. Nel paese che dipende dall'estero per l'energia: non esiste un piano comune di energia, dei trasporti, delle infrastrutture.

Nel paese dei vecchi contro i figli (12 milioni di elettori hanno più di 60 anni); della scuola che non insegna perchè i professori ragionano così "tu mi paghi poco e mi chiedi poco", con le baby pensioni (tra cui la moglie di Bossi, andata in pensione a 43 anni, altro che Roma ladrona..); della pubblica amministrazione dove la meritocrazia è assente.

Del paese che investe solo il 4,6% del Pil nella scuola, vera nota dolente del libro.Perchè se ormai possiamo un pochino rassegnarci nelle vecchie generazioni, il vero scandalo è per i giovani, che crescono educati da professori spesso ignoranti, assenteisti, che vedono e subiscono il cattivo esempio di una classe dirigente che non paga per le proprie colpe.

Che esempio danno alle giovani leve i condannati in parlamento, i baroni nelle università, i dirigenti nominati nelle Asl in base alla tessera di partito (per cui in Emilia tutti DS, in Lombardia FI, Lega e An ..)?
L'effetto è dare l'impressione di vivere in un paese che non premia l'intelligenza, le capacità, l'inventiva, la ricerca.
Che fine siamo destinati fare?
In base ai dati che, se volete, potete leggervi nelle tabelle riepilogative di fine libro, siamo oggi un paese poco efficiente (per sprechi, evasione, condoni, finanziamenti statali, lobbies, corporazioni..) che è pure poco efficace. Le perenni emergenze lo testimoniano.
La domanda: fino a quando?
Per ordinare il libro su internetbookshop.
Technorati: , ,

2 commenti:

Anonimo ha detto...

acuto il suo commento..vivo al nord e alla fine almeno nel mio specifico (liceo classico) la scuola è funzionante. La mentalità alla radice però è sbagliata: il merito non viene ancora premiato e la scuola permette lunga vita a troppi, quando dovrebbe essere invece un mezzo con cui si fornire insegnamento, ma anche si fanno emergere i migliori. Ho 15 anni ma con certezza studierò all'estero durante l'università, dove verrò sicuramente premiato. È sconfortante vivere in un Paese che non crede in noi giovani -adulti del domani-.

Anonimo ha detto...

se ha interesse nel continuare la discussione mi trova quì: ce.ma@ymail.com