20 maggio 2008

I barbari. Saggio sulla mutazione di Alessandro Baricco

I barbari. Saggio sulla mutazione di Alessandro Baricco

I barbari siamo noi.
Anche se non vogliamo ammetterlo, anche se ci sentiamo diversi, anche vogliamo innalzare mura sempre più alte, come la Grande Muraglia Cinese, su cui si conclude il saggio e il viaggio di Baricco), per separare la nostra civiltà dalla barbarie.
Separare noi da loro.

Nel saggio di Baricco si parte dal vino hollywoodiano, per parlare del calcio, dei libro, delle librerie che sono state sostituite da enormi centro commerciali, fino a toccare le alte vette dell'anima e della musica.

Lo sapevate che, quando uscì con la sua nona sinfonia, Beethoven, i critici scrissero:
"Eleganza, purezza e misura, che erano i principi della nostra arte, si sono gradualmente arresi al nuovo stile, frivolo e affettato, che questi tempi, dal talento superficiale, hanno adottato. Cervelli che, per educazione e abitudine, non riescono a pensare a qualcosa d'altro che i vestiti, la moda, il gossip, la lettura di romanzi e la dissipazione morale, fanno fatica a provare i piaceri, più elaborati e meno febbrili, della scienza e dell'arte."

Ecco che scopriamo come la prima mutazione (le branchie sche spuntano dietro le orecchie, per dirla alla Baricco) non sia qualcosa dei nostri giorni, ma che parte da molto lontano.
Anche Beethoven un barbaro, allora?
Stiamo veramente assistendo ad una invasione barbarica, o il processo in corso va analizzato con maggiore attenzione: come se dovessimo studiare un nuovo tipo di animale e ci soffermassimo solo sulle zampe posteriori.

Sentiamo Baricco, cosa dice sull'invasione:


Ecco. E' il momento di riassumere e di tirare le reti della piccola pesca. Studiando la circoscritta invasione barbarica che ha colpito il villaggio del vino, uno può arrivare a disegnare la mappa di una battaglia: eccola qui: complice una precisa innovazione tecnologica, un gruppo umano sostanzialmente allineato al modello culturale imperiale, accede a un gesto che gli era precluso, lo riporta istintivamente a una spettacolarità più
immediata e a un universo linguistico moderno, e ottiene così di dargli un
successo commerciale stupefacente.

Quel che gli assaliti percepiscono, di tutto ciò, è soprattutto il tratto che sale in superficie, e che, ai loro occhi, è il più evidente da registrare: un apparente smottamento del valore complessivo di quel gesto. Una perdita di anima. E dunque un accenno di barbarie.
Barbari siamo noi quando navigliamo in Internet con google in cerca del sapere.
Quando navighiamo (surfing) le pagine internet mantenendoci in superficie sulla cresta dell'onda, piuttosto che andare in profondità sprofondando in letture da topo di biblioteca.

Ecco un brano del capitolo dedicato agli inventori di Google:

Quel che successe poi, fu che un paio di studenti cazzoni dell'Università di Stanford, stufi di usare Altavista perdendo il propio tempo, pensarono che era giunta l'ora di inventare un motore di ricerca come dio comanda.
Andarono dal loro professore e gli dissero che quella sarebbe stata la loro ricerca di dottorato. Molto interessante, disse lui, poi dovette aggiungere una cosa tipo E adesso a parte gli scherzi ditemi cosa avete in mente di fare.

Non gli sfuggiva che per programmare un motore di ricerca bisognava, innanzitutto, scaricare l'intero web su un computer.
Se non hai un mazzo di carte in mano, un mazzo con tutte le carte, non puoi inventare un gioco di bravura con cui trovarne una. Nel caso specifico si trattava di scaricare qualcosa come 300 milioni di pagine web. Ma in effetti non si sapeva nemmeno con esattezza fino a dove si spingesse il grande oceano, e tutti sapevano che ogni giorno disegnava spiagge nuove.

Al prof dovette apparire chiaro che quei due gli stavano proponendo di circumnavigare il globo su una vasca da bagno.

La vasca da bagno era il computer assemblato che tenevano in garage.
Io me lo vedo che si lascia andare contro lo schienale e allungando le gambe chiede con un sorrisetto da barone: Intendete per caso scaricare l'intero web?
Lo stiamo già facendo, risposero loro.



Siamo barbari quando assistiamo al calcio moderno: veloce, aggressivo e spettacolare. Ma che mette i grandi camioni, come Roberto Baggio, in panchina.
Velocità d'azione, scambio di palla veloce, mortificazione del fuoriclasse e enfasi dei giocatori con ruolo universale.
Siamo barbari quando andiamo nei megastore per fare la spesa e usciamo fuori che abbiamo comprato anche un libro o un dvd.
Anzichè parlare di civiltà da difendere, si dovrebbe parlare semplicemente decidere cosa conservare del vecchio mondo, in perenne mutazione (in perenne assedio dei barbari, si direbbe) per portarlo nel nuovo.
La radici, le parole, i ricordi, le parole che vogliamo mettere in salvo non dalla mutazione, ma nella mutazione.

Quanto a capire in cosa consista, precisamente, questa mutazione, quello che
posso dire è che mi pare poggi su due pilastri fondamentali: una diversa idea di
cosa sia l'esperienza, e una differente dislocazione del senso nel tessuto
dell'esistenza. Il cuore della faccenda è lì: il resto è solo una collezione di
conseguenze: la superficie al posto della profondità, la velocità al posto della
riflessione, le sequenze al posto dell'analisi, il surf al posto
dell'approfondimento, la comunicazione al posto dell'espressione, il
multitasking al posto della specializzazione, il piacere al posto della fatica.

Uno smantellamento sistematico di tutto l'armamentario mentale ereditato dalla
cultura ottocentesca, romantica e borghese. Fino al punto più scandaloso: la
laicizzazione brusca di qualsiasi gesto, l'attacco frontale alla sacralità
dell'anima, qualunque cosa essa significhi.


Il libro è la raccolta di un ciclo di articoli apparsi su Repubblica, nel 2006, che potete recuperare qui.
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