19 maggio 2008

Report: disoccupati del lusso

Puntata deicata alla contraffazione del lusso.
Nell'inchiesta di dicembre sulla contraffazione
, Report mostrava come le grandi marche usassero manodopera in nero, spesso di cinesi, sfruttati come schiavi.


Dopo la messa in onda, sono arrivate alla redazione altre segnalazioni: sono tante le marche che sfruttano la manodopera in nero (Chanel, Dior, Marc Jacobs).

E non solo a Prato: anche nel vicentino, nel napoletano.
Degli schiavi cinesi ne parla anche Saviano nel suo libro Gomorra, che spiega come spesso la differenza tra merce originale e cotraffatta sia esigua.
Gli artigiani del falso, a Napoli, fanno i vestiti persino per le dive di Hollywood, come Sharon Stone.

Il sistema del falso, a Napoli come nel resto d'Italia, si appoggia ad un presupposto semplice: i grandi marchi non producono in proprio borse, scarpe e altra merce griffata.Ricorrono ad aziende appaltatrici e subappaltatrici (come spiega anche Saviano): chi spunta il prezzo minore vince. E siccome tra il primo e l'ultimo anello della catena ci sono spesso tre o quattro passaggi, gli imprenditori sono costretti al lavoro nero, al capolarato.
E' una precisa scelta imprenditoriale: siccome tutti vogliono guadagnare sempre di più, scaricando i rischi d'impresa su altri.


Un sistema che crea laborato completamente in nero, evasori totali, dove clandestini (dunque secondo il nuovo cursus politico, criminali) passano intere gionrate ad intrecciare le borse di "Bottega Veneta".
Borsette che costano 30-40 euro di produzione, ma che arrivano a costare fino a 3500 euro in negozio.
Certo, ci sono le eccezioni come Gucci, che chiede il rispetto del codice eitco su tutta la catena produttiva.Ma è solo Gucci.
Ma forse è giusto così: chi meglio di un sistema che produce lavoro nero, schiavitù, capolarato, evasione può rappresentare il made in Italy?

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