Insomma, non è vero che PM e avvocato sono due
soggetti animati da interessi contrapposti: il PM può trovarsi dalla stessa
parte dell’avvocato. E non è vero che hanno un ruolo processuale paritario: il
PM difende un interesse pubblico - l’identificazione e la punizione del
colpevole, chiunque esso sia -; l’avvocato difende un interesse privato -
l’assoluzione del suo cliente, anche se colpevole -.
Ma allora perché….?
Le ragioni sono sostanzialmente due.
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La prima: gli avvocati soffrono questo loro ruolo di esperti prezzolati
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soffrono questa schizofrenia legale per la quale, come cittadini (e ancora di più come tecnici del diritto) sono consapevoli della colpevolezza del loro cliente e come avvocati debbono nasconderla
sentono l’handicap di doversi confrontare con un soggetto, il PM, che non ha di questi problemi
La seconda ragione:
Se il Pubblico Ministero non è più un Giudice ma una parte, come un qualsiasi avvocato, allora deve avere un datore di lavoro; proprio come un avvocato.
E chi sarà questo datore di lavoro? Ma lo Stato, naturalmente, proprio come in quasi tutti gli altri Paesi occidentali. E che fa il datore di lavoro? Ordina. Stabilisce quello che il dipendente deve fare e quello che non deve fare, come lo deve fare, quando lo deve fare, fino a che punto lo deve fare. E che farà questo PM posto agli ordini dello Stato (dunque del Governo, chi “gestisce” lo Stato è il potere esecutivo)?
Farà i processi che il Governo gli permette di fare; non farà i processi che il Governo non vuole che siano fatti. Peggio, qualche volta gli capiterà di dover fare i
processi che il Governo gli ordina di fare. Fuor di metafora, farà i processi
per rapina, omicidio e spaccio di droga, insomma quelli che non interessano la
classe dirigente; e invece, per restare alla cronaca recente, non farà i processi contro Mastella e i suoi amici o contro Del Turco e compagnia bella; né naturalmente quelli contro Berlusconi. E forse gli capiterà anche di fare qualche processo contro un avversario politico della maggioranza che è al Governo.
Forse, se i cittadini sapessero cosa significa davvero la “separazione
delle carriere” avrebbero un quadro più chiaro di come la classe politica
interpreta l’art. 3 della costituzione, quello che dice che tutti i cittadini
sono eguali davanti alla legge.
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