Commissario liquidatore della banca privata di Michele Sindona, Giorgio Ambrosoli avrebbe potuto assecondare le richieste
di Sindona, di essere salvato coi soldi pubblici. Avrebbe potuto
girarsi dall'altra parte, lasciare che le cose seguissero il corso
che il banchiere amico di Andreotti aveva tracciato.
Non gli sarebbe costato niente: eppure
Ambrosoli resistette alle pressioni, alle minacce, al senso di
solitudine. Questo per un alto senso delle istituzioni.
Eroe borghese, e anche eroe solitario.
Il figlio Umberto, scrisse queste righe
sul padre:
“E' stato solo il senso del dovere a impedirgli un compromesso, anche con se stesso? È stata la fedeltà, l'obbedienza alle leggi e allo Stato? Io penso di no, credo che mio padre lasci, più di ogni altro esempio, quello di un uomo capace di affermare la propria libertà.Con se stesso, rimandendo corerente al proprio pensiero, alle proprie convinzioni. Con gli altri, quando ha respinto blandizie e ricatti senza cercare protezioni 'politiche', nella consapevolezza che anche quelle potevano avere un prezzo. È stato un uomo libero nel senso più completo del termine, quello che include la consapevolezza del proprio ruolo. Non istituzionale, di commissario liquidatore, ma di uomo, di marito, di padre, di cittadino”.
Fu ucciso da un sicario su ordine di
Sindona, l'11 luglio 1979 a Milano.
Eroe libero, eroe solitario, come gli
altri raccontati da Antonella Mascali in “Vi
aspettavo”.
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