In Italia facciamo le cose in fretta e in emergenza. La gara per
Expo è stata vinta nel 2007 quando c'era ancora il governo Prodi, ma
per terminare i lavori dobbiamo fare una corsa contro il tempo (e
forse anche contro le leggi). E nemmeno si termineranno tutti i
lavori previsti.
Specie quelli indispensabili, come le linee per la metro,
indispensabili per far circolare i visitatori per la città senza
saturare il traffico e per collegare gli aeroporti coi siti.
Expo
è nata male: per anni si è consumata una lotta sulle competenze,
sulle cariche e sulle nomine.
Poi si è scelto di comprare i terreni da un privato, come se non
ci fossero aree pubbliche a disposizione (come l'Ortomercato, ricorda
Boeri nell'intervista al Corriere di oggi).
Si sono prima spesi milioni in marketing e pubblicità,
dimenticandosi dei cantieri, delle linee, della costruzione dei
padiglioni.
Sembra che ci sia stata ancora una volta la volontà di perdere
tempo per poi essere costretti a lavorare in deroga, in fretta.
Coi rischi che ora abbiamo visto. Appalti pilotati, tangenti, la
criminalità organizzata.
Certo la presunzione di innocenza.
Ma le intercettazioni e le immagini parlano chiaro.
C'era un sistema di do
ut des tra politica, intermediari come Greganti e Frigerio e
imprese (CL e coop rosse). Promozioni, appalti, soldi pubblici da
dividersi.
E ora, quando forse è troppo tardi, la
nomina di Raffaele Cantone.
Bravissimo magistrato, ma col rischio di essere messo lì come
foglia di fico.
Dove solo le leggi per contrastare la corruzione?
Dove è questa sbandierata trasparenza (Expo mafia free ..??)
su nomine dei manager e su assegnazione delle gare di appalto?
Meglio un Expo in tono minore, senza fronzoli che distruggono il
territorio come il famigerato progetto delle vie d'acqua, che un Expo
a San Vittore.
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