02 maggio 2014

Servizio pubblico – è qui la peste!

Una puntata estremamente interessante, dove si è parlato di politica industriale, di politica energetica e di come viene sfruttato male, o semplicemente sfruttato, il nostro patrimonio culturale. Dagli Uffizi a Pompei.
Come risolviamo i tavoli di crisi dei gruppi industriali? La Lucchini a Piombino, l'Ilva a Taranto (entrambe commissariate), le aziende in Sardegna che producevano alluminio, il gruppo Marcegaglia che chiuderà a Milano ..


Abbiamo sacrificato parte del nostro paesaggio, di fronte all'isola d'Elba, di fronte a Capri con l'Italsider, per una vocazione industriale che non avevamo. Non avevamo nemmeno politiche industriali né manager capaci di farle andare avanti. E ora rimaniamo senza operai e senza un ambiente pulito.
Tutta colpa della “peste rossa”, i sindacati, su cui punta il dito Grillo? Santoro nella copertina ha ricordato al comico che lui, di industria, si occupava ancor prima di lui. Quando ricordava ai dirigenti del PCI che si doveva coniugare produzione e rispetto ambientale.
Con la chiusura delle fabbriche sono spariti i sogni di migliorare la propria vita, sono cresciuti i precari e il sindacato veniva sempre più percepito come uno strumento di difese corporative. Come quei poliziotti del Sap che applaudono i colleghi condannati per l'omicidio di Aldrovandi. Se loro, quei poliziotti, non rispettano la legge, come possono garantirne il rispetto.
Non c'è mai stato un periodo di benessere nel mondo, in cui il sindacato fosse in crisi: Santoro ha invitato tutti a fare una ricerca su internet. Se i sindacati fossero la peste, la democrazia sarebbe morta. La verità, ha concluso il conduttore, è che i sindacati dovranno cambiare affinché il 1 maggio sia la festa di quanti pensano che la vita cambierà.
Per il resto, c'è sempre la casella di posta rivoluzione@governo.it






La fabbrica dei biglietti.
Abbiamo un enorme patrimonio culturale che dobbiamo far fruttare. Lo dicono tutti. Ma come vanno le cose nelle grandi città d'arte. L'impressione, dal servizio su Firenze e gli Uffizi, è che si sia trasformato il celebre museo in una fabbrica dei biglietti a tutto vantaggio del privato che in concessione vende i biglietti. Una società vicina a Gianni Letta (perché in Italia politica e affari sono spesso mischiati).
Così i musei sono intasati, le gante affolla le sale, i custodi e le guide devono lavorare peggio. Ma l'affollamento potrebbe causare danni anche ai quadri. Per gli sbalzi di umidità.
E allora ecco comparire i condizionatori a terra. E la climatizzazione d'ambiente?
Anche per questo rivoluzione@governo.it


Gli ospiti in studio sono stati Luigi Zingales, Maurizio Landini e Philippe Daverio, sebbene per una buona parte della trasmissione si sia assistito ad un bello scontro tra Landini e Zingales, dove non si capiva chi deu due fosse l'esperto economista (chiamato da Renzi a palazzo).


Per parlare di cultura e Uffizi, è intervenuta Anna Rutiloni, che ha parlato dei precari nel mondo della tutela dei beni (80%). In questo modo, anche la presenza dei sindacati può fare poco.
Vero che il turismo culturale può fare da volano per l'economia, ma le opere devono poi essere mantenute per i posteri. Oggi rischiamo, con questi modelli, di non tramandare nulla.


Maurizio Landini ha parlato della giornata a Taranto e delle altre piazze dove si è festeggiato il 1 maggio: ogni piazza era un luogo dove c'era un problema. Malpensa, Pordenone.
Landini ha ammesso la crisi di rappresentanza del sindacato, frutto della frammentazione nel mondo del lavoro, che nasce dalla precarietà e dall'assenza di diritto sul lavoro, in tutte le sue forme.
Eppure, molti studi anche della BCE, indicano che laddove c'è più precarietà e diseguaglianza, c'è meno produttività sul lavoro.


Landini ha parlato anche della contrapposizione tra produzione e salute che deve essere risolta, come va risolto il rapporto sindacati e lavoratori (che si iscrivono alle sigle sindacali sempre in meno).
Non credo alle rivoluzioni a tavolino: le rivoluzioni si fanno con le persone, se hanno la possibilità di partecipare al cambiamento.


Luigi Zingales ha esordito nel suo intervento, parlando dell'uscita dall'euro. Un tema che oggi viene usato in campagna elettorale perché è popolare, i nemici sono euro e Europa. Ma i problemi dell'Italia sono dovuti alla sua bassa produttività. Le cause sono da ricercare nella scarsa propensione delle aziende ad usare le nuove tecnologie informatiche: perché renderebbe tutti i processi trasparenti, perché comporterebbe un cambiamento nel modo di lavorare, e i sindacati si sono dimostrati poco flessibili a riguardo.


C'è poi un sistema bancario corporativo che ha finanziato solo gli amici, impedendo così la concorrenza e la crescita delle aziende migliori. Infine i soldi per Piombino: secondo Zingales non possiamo più permetterci la produzione di acciaio, perché oggi questa si sposta (come l'auto, come gli elettrodomestici, come anche parte dei servizi) nei paesi dove il costo del lavoro è più conveniente.
I 270 milioni dovrebbero essere usati per una riconversione degli impianti.


Landini ha contestato in parte il ragionamento: oggi serve un tavolo su cui fare le scelte industriali del paese, da Taranto a Piombino: su energia, industria, traporti. Questo non si fa e assistiamo alla chiusura di aziende che fanno acciaio, alla svendita di aziende che fanno treni e bus. La produzione dell'auto (come anche la tassazione) vola via dall'Italia.


Zingales si è dimostrato daccordo su questo, ricordando come sulla flessibilità delle mansioni, ci siano state rigidità nel sindacato. La parola sindacati ideologici ha fatto infuriare Landini: di quale ideologie parliamo?
Eccetto la CGIL, gli altri sindacati hanno firmato qualunque accordo, non tutti i sindacati sono uguali – ha ribattuto il sindacalista, che ha ricordato come la Fiom abbia firmato gli accordi con Lamborghini e in altre realtà.
Oggi il lavoratore tedesco riesce ad essere più produttivo di quello italiano (producendo nell'unità di tempo beni a maggior valore) perché ci sono stati investimenti tecnologici nella catena, perché ha fatto formazione.


Daverio è intervenuto, in veste però di economista, parlando dei posti di lavoro che si potrebbero creare con la cultura.
Gli Uffizi fanno 2 ml di ingressi l'anno. Il Louvre 8 milioni (con una superficie però più che quadrupla).
Come mai? Come mai non si riesce a sfruttare bene tutta l'offerta museale a Firenze, come nelle altre città d'arte? Si sfrutta fino all'osso i poli più famosi e si trascura il resto.
E poi, al Louvre non c'è il suk che vediamo davanti gli Uffizi, per la vendita dei biglietti, che si possono prenotare su internet per evitare le file.


L'intervento di Travaglio: è tornato il dibattito sulla par condicio.






I lavoratori di Piombino hanno risposto a Grillo, spiegandogli che loro non vogliono l'elemosina, ma semplicemente un posto di lavoro, visto che l'acciaio serve e loro lo sanno fare.
Ma fare acciaio in Italia davvero non conviene più, come sostiene Zingales?
I Riva a Taranto hanno fatto i miliardi, in lire, con l'acciaio. Soldi poi non investiti su ambiente e produzione, ma portati all'estero.






L'acciaio serve per le nostre ferrovie, le acciaierie ci sono in tutti i paesi industrializzati, ha ricordato Landini. All'estero si investe anche sulle tecnologie che rispettano l'ambiente. Lo stato dovrebbe intervenire per fare investimenti, con una seria politica industriale.
Non semplicemente usando soldi pubblici: a Taranto per le bonifiche si potrebbero usare i soldi sequestrati ai Riva all'estero.
“L'idea che lo stato italiano possa fare politica industriale è un sogno”, ha risposto Zingales. Che immaginiamo avrà proposto a Renzi l'abolizione del ministero dello sviluppo economico, per la sua inutilità.
Ma cosa facciamo allora, lasciamo tutto al mercato? Ai salvatori della patria? Allo shopping straniero delle nostre aziende e brevetti?







Mirko da Piombino: in studio c'era anche una delle pesti rosse, Mirco, un sindacalista della Lucchini.
Che ha ricordato come, senza Lucchini, dovremo comprare le rotaie dall'estero (sempre che ancora vogliamo far andare i treni, magari la spending review vuole tagliare anche le linee locali).
Siamo sicuri che comprare dall'estero rotaie, treni, bus, auto sia più conveniente?






La vergogna di Pompei.
Bertazzoni è andato a vedere come funzionano le cose a Pompei. Il sito archeologico che il ministro vorrebbe appaltare ai privati.
Oggi è in mano anche a parcheggiatori che non fanno ricevute. Di notte al traffico dei clienti delle prostitute. Alle costruzioni abusive, che circondano la villa dei misteri. A risoranti abusivi, con proprietari un po' troppo nervosi. I biglietti a Pompei non si comprano su internet, non ci sono biglietterie per le comitive, sebbene si siano spesi 4 ml per una maxi biglietteria chiusa.
C'è un solo punto di ristoro, preso d'assalto. Tre bagni. Anfore ammucchiate, muri che crollano, vie transennate. Carenza di personale.
Non ci sono alberghi per le grandi comitive, ma alberghi a ore per passare qualche ora con una prostituta si trovano.


I numeri della spesa in cultura sono impietosi:
la Germania spende 8,5 miliardi di euro
la Francia 6 miliardi

l'Italia 1,8 miliardi


Ci siamo cullati per anni su queste risorse, che abbiamo solo ereditato, e che probabilmente non consegneremo a chi verrà dopo come le abbiamo ricevute. Sperperiamo un'eredita culturale – ha spiegato Daverio – senza avere alcun progetto. I napoletani campano e basta su Pompei, come i romani sul Colosseo: Almeno mandassimo in Europa gente competente! ha concluso il critico d'arte.

Possiamo far convivere industria e turismo in questo paese? Secondo Daverio non si può. Ma bisogna vedere se, di solo turismo, può andare avanti questa Italia, senza industrie, senza acciaio, senza produzione di beni.

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