19 maggio 2014

È Stato la mafia di Marco Travaglio

È Stato la mafia: Tutto quello che non vogliono farci sapere sulla trattativa e sulla resa ai boss delle stragi
Nei corso del 2013 il vicedirettore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha portato nei teatri italiani il suo spettacolo “E' stato la mafia”: un monologo lungo 3 ore nel quale si racconta di uno dei tabù della nostra storia repubblicana. La trattativa stato mafia, portata avanti da uomini delle istituzioni e dai vertici di cosa nostra dopo le bombe (e con le bombe) del 1992-93.
Questo libro, edito da Chiarelettere, è la trascrizione dello spettacolo.
Ora, la tragedia delle stragi e della trattativa tra lo Stato e la mafia, iniziata nel 1992 e mai putroppo né interrotta né conclusa, è un pezzo findamentale della storia d'Italia. È la nostra storia, la storia di ciascuno di noi. Eppure l'abbiamo rimossa, un po' per colpa nostra, un po' per colpa di chi avrebbe dovuto raccontarla – la cosidetta informazione – e analizzarla – i cosidetti intellettuali -, e invece l’ha occultata, storpiata, deformata, manipolata, minimizzata, ignorata fino alle ultime campagne di negazionismo, poi revisionismo e infine addirittura giustificazionismo (queste ultime in lieve contraddizione col negazionismo).
Così si è snodato un gioco macabro di questi vent'anni: prima negare tutto, poi ammettere qualcosa che l'evidenza impediva di smentire, infine giustificare tutto con mantra ipocrito della «ragione di stato» e dello «stato di necessità». Anche perché nel frattempo emergono nuove verità sempre più sconvolgenti: come quella della presenza di uomini dello stato come ispiratori, suggeritori, co-organizzatori e co-esecutori della stragi.

Qualcuno dirà: perché avvelenarci il fegato con queste storie vecchie di oltre vent'anni, con tutti i problemi che abbiamo oggi? La risposta è semplice e agghiacciante: sono storie attuali, come tutti i ricatti che assicurano vita e carriera eterna tanto ai ricattatori quanto ai ricattati. Da ventidue anni uomni delle istituzioni, della politica, delle forze dell'ordine, dei servizi e degli apparati di sicurezza custodiscono gelosamente , anzi omertosamente, i segreti di trattative immonde, condotte coi boss mafiosi le cui mani grodavano del sangue appena versato di Giovanni Falcone, da Francesca Morvillo, da Paolo Borsellino, dagli uomini delle loro scorte, dai tanti cittadini innocenti falciati o deturparti dalle stragi du Palermo, Firenze, Milano e Roma. E sui quei segreti hanno costruito carriere inossidabili, che durano tutt'oggi. Chi volesse capire perché in Italia tutto sembra cambiare – gattopardescamente – per non cambiare nulla provi a seguire con pazienza il filo di questo racconto. Se, alla fine, avrà saputo e capito qualcosa in più, questo spettacolo e questo libro avranno centrato il loro obiettivo: quello di mettere in fila i fatti per strappare qualche adepto al Ptt, il partito trasversale della trattativa.

Nel prologo al racconto, Travaglio spiega come ci siano tre modi per raccontare la trattativa: “Il primo è quello dei politici, dei grandi giornali e delle tv: la presunta trattativa”.
Il secondo è quello che “raccontano le sentenze e i protagonisti. Le sentenze sono quelle – definitive – dei processi celebrati a Caltanissetta, a Palermo e a Firenze, proprio per quelle bombe”.
Sentenze dove gli stessi protagonisti, quelli che dovevano rappresentare lo stato, parlano di “trattativa”. Sono gli ufficiali del Ros Mori e De Donno.
Sono quei rappresentanti delle istituzioni che “si stupivano del «muro contro muro» fra mafia e Stato” e che chiedevano per tramite al sindaco mafioso Ciancimino se, con queste persone non ci si potesse parlare.
La trattativa è esistita: lo dicono le carte e lo dicono le stesse persone che oggi la procura di Palermo ha mandato sotto processo per attentato agli organi dello stato. Per aver cioè posto un ricatto, con l'uso della violenza e del ricatto, che ha condizionato l'azione dei governi che si sono succeduto dopo quella stagione.
Mettere in fila i fatti, per dare al cittadino una visione organica di questa trattativa e di questi ricatti (che continuano fino ad oggi, come spiega Travaglio nel capitolo “Romanzo Quirinale”) è il terzo modo di raccontare la storia. Quello dei giornalisti.


La prima trattativa.
Il racconto parte dalla conferma da parte della Cassazione della sentenza del maxi processo. Da qui, dalla vendetta di Riina contro i politici che non avevano rispettato i patti (la DC siciliana) che parte la prima trattativa. Quella che porta alle stragi di Capaci (contro Falcone e la sua scorta) prima e di cia D'Amelio poi (contro Borsellino e la scorta). Il primo considerato dalla mafia come il nemico pubblico numero uno e il secondo perché, avendo saputo della trattativa tra uomini del Ros e mafiosi, ci si sarebbe opposto.

La seconda trattativa.
L'avvicendamento tra Ciancimino e Dell'Utri e da Riina a Provenzano: le leghe meridionali create da Bagarella e Binnu che vengono sciolte perché sta per nascere un nuovo partito, di persone serie (non come quei crasti dei socialisti) con cui riprendere quel rapporto stato mafia che tanti buoni frutti aveva dato nel passato.
Nel frattempo, nonostante le lettere della Dia e dello Sco, passa la linea di ammorbidimento sul 41 bis (uno dei punti del papello). Conso avrebbe fatto tutto da solo. E Mancino non ne avrebbe saputo nulla. A voler credere a loro.

La lunga stagione del silenzio sulla mafia
Sono gli anni di FI e dei governi di centro sinistra che completano gli altri punti del papello: la legge sui pentiti (voluta da Napolitano), via le super carceri, la legge sulla carcerazione preventiva.
E Binnu Provenzano che diventa intoccabile, vedi la vicenda del fallito blitz di Mezzojuso. Altro successo del Ros.

Romanzo Quirinale.
La trattativa sta andando avanti ancora oggi?
Non lo sappiamo: ma si comprende, dalla vicenda delle telefonate tra Mancino e Loris D'ambrosio (l'ex magistrato dell'alto commissariato antimafia e poi consigliere del presidente Napolitano) che ancora oggi ci sono persone dentro le istituzioni o che ne hanno fatto parte, che sono molto preoccupati del processo di Palermo.
O tuteliamo lo Stato, o se qualcuno ha fatto qualcosa poteva dire «ma io debbo avere tutte le garanzie anche per quanto riguarda la rilevanza statuale delle cose che sto facendo». [...] Io sto parlando dello Stato!
Quello che viene attaccato, sminuito, da destra e sinistra. Quello dove Mancino, tra gli altri, è imputato per falsa testimonianza.
Nella primavera estate del 2012 abbiamo assistito a quello che Travaglio chiama “Romanzo Quirinale”: sono le telefonate in cui Mancino chiede al presidente di fare pressioni sul PG della Cassazione e su Grasso (PNA) per spostare il processo da Palermo, per evitare di essere messo a confronto con Martelli.
Si arriva, dopo la notizia delle intercettazioni non trascritte con la voce di Napolitano, al conflitto sollevato dallo stesso contro la procura.
Un conflitto che mette di fatto sotto accusa l'operato dei pm di Palermo e che costringerà la consulta a dare ragione al presidente della Repubblica.
Contro quei magistrati si concentra il “fuoco” di politici, giornalisti e i costituzionalisti che, spiegano, il presidente non può essere intercettato:
E tutto questo per nascondere una trattativa presunta, supposta, pretesa e cosiddetta? Ma qui di presunto, supposto, preteso e cosiddetto c’è soltanto lo Stato”.

Il racconto di Travaglio è inframmezzato dagli interventi di Isabella Ferrari che recita monologhi e discorsi di Gaber, di Pasolini (Processo alla DC), di Sandro Pertini e di Piero Calamandrei (“Discorso sulla Costituzione”).

La scheda del libro sul sito di Chiarelettere.
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