29 aprile 2018

Fragile è la notte, di Angelo Petrella


Incipit
Denis scartò il pacchetto e in filò una Rothmans in bocca. Faceva caldo. Un caldo estivo maledetto, e al commissariato non avevano ancora finito di installare i climatizzatori. L'unica ventola sul soffitto era troppo lontana dalla scrivania.
Si alzò di scatto e aprì la finestra, sputando il fumo in direzione dei pini. La testa gli pulsava dalla mattina, aveva ingoiato due Aulin ma non avevano fatto effetto. Gli enzimi erano alti, il medico gli aveva ordinato di darsi una calmata: «Cristo, piantala con queste schifezze .. Scopa di più o fai uno sport, magari ricomincia a giocare a tennis. Ma smettila col cognac.»
 
«E' Macallan.» 
«Quello che è. Mi hai capito.» 
Denis aveva annuito e aveva posato i soldi sul tavolo. Poi, fuori dallo studio, aveva cercato la prima enoteca per compare una bottiglia da un terzo.Erano dieci anni che lavorava a Posillipo. Dieci anni di limbo: dieci anni senza occuparsi di nulla a parte cani rapito, incidenti d'auto, patenti smarrite e al massimo un furto in appartamento.

Denis Carbone è un ispettore di polizia del commissariato di Pozzuoli.
Anni prima è stato anche un buon poliziotto, uno di quelli che si fanno guidare dal fiuto e dall'adrenalina, per far bene il proprio mestiere. Finché la fame di fare quei soldi che vedeva solo nelle mani delle persone che arrestava, non l'ha fregato.
Un altro poliziotto l'ha beccato, nel suo giro di ricatti e così è stato sbattuto in quel posto lontano dove non succede niente.
Una carriera persa come anche una compagna persa, Laura, che ancora segue e pedina, nonostante siano passati dieci anni.
La carriera, la vita e anche la salute, per tutto il whisky in corso, Macallan.
Finché un giorno, non capita anche a Pozzuoli un caso di omicidio:

«Hanno ucciso una.» 
«Una chi?» 
«Una di queste parti, pare.»

Ester Fornario, il nome della donna morta, non si sa se uccisa o se suicida. Vedova, ricca e che viveva in una strana villa, dominata da una torre, dall'aspetto vagamente sinistro.

La donna giaceva ai piedi della torre, la testa fracassata sull'acciottolato e le viscere si mischiavano al plasma. Faceva caldo e le mosche si comportavano da avvoltoi.

Nonostante il Macallan, le sigarette, la nausea, un fegato rovinato, Ester Carbone è stato ed è un poliziotto di quelli che sanno fare il loro mestiere.
Le risposte che gli da il domestico, cingalese, non lo convincono. C'è qualcosa di strano in quella torre e anche nel suo comportamento. Come se sapesse e nascondesse qualcosa..

Napoli sembrava una puttana da lassù. Il Vesuvio erano le sue grosse tette, il golfo una bocca pronta ad ingoiare le sue ambizioni e a sputare fuori denaro.

Denis procede a modo suo, senza consultare il suo capo, il commissario Lettieri bloccato a Roma per una inchiesta parlamentare su uno strano suicidio di un consulente dei servizi (il cui scopo è solo trovare un capro espiatorio).
L'irruzione non autorizzata nella villa lo porta a scoprire uno scannatoio, in cima alla torre, dove forse la morta faceva pratica dei suoi vizi e delle sue perversioni sessuali.
Altra scoperta, delle schede di memoria che potranno dare qualche spiegazione in più sulla morta.
E poi quel telescopio. Che punta non sul cielo, ma sul palazzo di fronte. Dove c'è un uomo che lo osserva ..
I crampi lo avevano mollato, ma gli era rimasta una vaga sensazione di nausea, che sembrava risalirgli nella testa e penetragli i pensieri: cosa nascondeva la donna, con le sue amicizie morbose? Perché si era spinta fino a quel punto? E per chi era stato l'ultimo pensiero, quello prima di toccare il suolo, prima di sfracellarsi contro l'acciottolato?Denis non riusciva a dirselo, ma sapeva che quell'indagine lo stava portando verso qualcosa che aveva già assaporato. Tanto tempo prima, quando scommettere era un modo come un altro per rimanere vivi.

La signora Ester Fornario viveva da sola, dopo la separazione dal marito anni prima: tanti amanti, ma nessun conoscente vero a cui chiedere qualche informazione sulla sua vita. Sembra che a nessuno importi qualcosa di questa donna, nemmeno al padre, che l'aveva vista un'ultima volta anni prima, con un uomo “dalla gola paurosa”

«... Mia figlia non sapeva nemmeno che colore aveva il lavoro.»Qualcosa si muoveva. Era come aveva intuito.«E che colore ha?»«Blu, come i guai. Come quelle robe chimiche che vengono sversate laggiù la notte. Un tempo qua c'erano villaggi vacanze e pescherecci e bambini che facevano il bagno. Ora solo gabbiani. E sai di che colore c'hanno le ali, i gabbiani? Blu, come i guai.»


Ma grazie ad una intuizione di Denis, l'indagine approda ad un sospettato, un ingegnere che conosceva la vittima, che si era incontrato con lei in numerosi fine settimana in un resort e che si è sentito con lei anche nell'ultima sera.
Tutto qui, l'omicidio? Una torbida relazione di sesso finita in modo tragico?
La Questura e la Mobile, che vorrebbe “scippargli” il caso, punta tutto su questo presunto assassino, come anche la Procura. Ma c'è qualcosa che non torna.
Perché nonostante il fegato rovinato, i crampi e la nausea, il fiuto da cane lupo dell'ispettore Denis Carbone sono ancora quelli di una volta.

Ma c'era ancora qualcosa che gli sfuggiva in quel gioco di incastri: i due uomini che avevano tentato di mandarlo fuori strada, innanzitutto. Senza contare le pressioni sul capo, a Roma. Poi lo scannatoio, le abrasioni sui polsi della donna, i giochi erotici, le schede di memoria e il tizio che lo aveva spiato dalla finestra.
Chi era? Chianese?E che c'entrava in quella faccenda?

L'indagine quasi personale sulla morte di Ester Fornario porterà Denis in un territorio molto pericoloso, fatto di segreti imbarazzanti che coinvolgono persone molto in alto.
Che hanno tutto l'interesse a mettere a tacere le cose e a trovare una soluzione di comodo per l'assassinio.
Anche a costo di passare su qualche cadavere. Anche quello di Denis.

Napoli finiva, a un certo punto. Non tutti lo capivano, ma era così. L'immensa distesa di palazzi, la megalopoli di cemento, macchine, parcheggiatori abusivi, contrabbandieri, uffici, ricevitorie, parcheggi e centri commerciali lasciava spazio a qualcos'altro.Accadeva ai confini della zona ovest, dove le agghiaccianti strade di scorrimento sversavano immigrati e turisti sessuali: tra il Lago Patria e le campagne di Castel Volturno. Lì il chiasso della metropoli lasciava spazio alla desolazione della terra devastata, al silenzio di quella ferita tra mare e coste.

Avevo molto apprezzato il primo romanzo di Angelo Petrella, “La città perfetta”, sempre ambientato a Napoli e sempre con dei protagonisti poliziotti: Napoli la città perfetta solo se ci si ferma alla superficie perché, ad una osservazione più profonda, veniva fuori tutto il marcio. Nella politica, nei suoi rapporti con la Camorra fino ad arrivare al marcio dentro la polizia.
Anche in questo romanzo ci troviamo di fronte ad un noir in cui i confini tra bene e male, tra giustizia e criminalità sono molto sfilacciati.
In una Napoli molto imperfetta, che l'autore dipinge con poche pennellate, si muove questo personaggio, che è stato costruito per funzionare anche per un soggetto televisivo.
Denis Carbone e i suoi vizi si elevano su tutta la storia, che qua e là ha dei punti fragili nella narrazione: lo sbirro caduto in disgrazia ma che rimane un buon investigatore, i vizi privati dentro la Napoli bene, la Posillipo dove non succede niente.
Avrà un futuro Denis Carbone, nonostante tutto: nonostante la sua incapacità di volersi salvare, di fare la scelta più conveniente (ma sbagliata per quella che è la sua coscienza).
E, chissà, magari come il Vicequestore Rocco Schiavone, avrà anche un futuro televisivo..


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