Il salvataggio delle banche venete, la
connessione internet degli italiani e nell'anteprima, i furbetti del
cartellino.
“Non puoi dire furbetto se non ce
l'hai nel sacco”: la legge Madia ha imposto la sospensione e il
provvedimento disciplinare entro 30 giorni per i furbetti, ma si
scontra con la realtà dei tempi della giustizia.
Cartellino rosso per i furbetti –
Alessandra Carella
A Santa Margherita Ligure i dipendenti
strisceranno il pollice per firmare la presenza: la lotta contro i
fannulloni passa anche per queste idee, ma le cose si complicano
quando si devono giudicare più casi.
30 giorni sono pochi per giudicare
questi casi: a Piacenza hanno decine di dipendenti a casa e questo si
riflette sui servizi; a Sanremo sono tornati alla vecchia legge
Brunetta, che prevede 120 giorni per il provvedimento (per evitare di
fare le cose in fretta e vedere poi gli atti annullati).
Ci sono poi casi particolari che vanno
valutati a parte: a Roma due dipendenti che non passano il
cartellino, la prima licenziata la seconda no.
Peccato che la prima dipendente era
stata male e uscendo non aveva timbrato.
La seconda invece era rimasta assente
più volte ma non è stata licenziata.
Ci sono poi i tempi per il giudice del
lavoro, per i ricorsi.
E storie che succedono solo in Italia,
come il dipendente Atac, licenziato nel 2001, che ha vinto in primo
grado e in appello, è stato reintegrato ma poi la Cassazione ha
fatto ripartire tutto e ora rischia di dover restituire tutto ..
Ci sono i furbetti, serve far le cose
per bene, qualche volta tornerebbe utile il vecchio tornello.
Sigfrido Ranucci, prima dei servizi
principali, ha ricordato le minacce ricevute la scorsa settimana,
dopo il servizio sul Transumanesimo: l'account da parte di questo
account è ora chiuso ma le indagini andranno avanti.
Nella relazione finale, Casini parla di
cattiva vigilanza sulle banche fallite: ci sono dei ladri, dei
truffatori, ma non fa i nomi dei dirigenti delle banche, perché c'è
la magistratura.
Casini è stato candidato da Renzi a
Bologna, un collegio sicuro dove poi è stato eletto: ha preso il
posto prima di consegnare la relazione, sui giornali era stato
assicurante, niente nomi nella relazione finale, state tranquilli.
È di Bologna, ha collaborato col
centrosinistra – si difende Orfini – tutto a posto. Tutto a posto
anche sulla vicenda Boschi, che era solo interessata a difendere la
banca del suo territorio. E comunque Boschi è stata candidata a
Bolzano..
Ci si aspettava qualcosa di più dalla
commissione: oggi ci sono 200 dirigenti bancari sotto processo, ma
nella relazione nessun nome, dopo tutto quello che è successo nelle
nostre banche. Prestiti facili, banche fallite, controlli poco
chiari.
Alla fine la relazione passa per 4 voti
soltanto, perché chi doveva votare contro si è astenuto: i
funzionari degli enti di controlli si sono presentati con troppe
lacune, troppi non ricordo. Veramente un po' poco.
Come mai Renzi ha dato il seggio di
Bologna a Casini?
Come è diventato presidente della
commissione banche?
Domande fatte con un punto di malizia,
quelle della Boursier, ma in questo paese è bene pensar male a
volte.
“Casini ha gestito con abilità
politica una patata bollente” ammette Visco: ha presentato una
relazione senza colpevoli che andava bene a tanti.
Anche alla Boschi, che si era
interessata alla banca di famiglia, nascondendo anche le sue mosse:
per esempio quando parlò con Ghizzoni.
In commissione in tanti non volevano
ascoltarlo, Ghizzoni che però alla fine è andato a testimoniare
dell'incontro col ministro. Quando gli fu chiesto di valutare un loro
intervento per salvare Banca Etruria: un colloquio cordiale, senza
pressioni, racconta il banchiere.
Ma le sollecitazioni arrivarono poi via
mail, da Carrai, consulente di Unicredit, legatissimo a Renzi, nel
direttivo di Open assieme a Renzi e Lotti.
Ma la commissione finale dice che non
c'è stato alcun conflitto di interesse; certo ci sono le relazioni
di minoranza, ben tre.
In commissione si è presentato anche
Visco, governatore di Bankitalia che Renzi voleva silurare: ha
raccontato degli incontri avuti con Renzi, su una banca in
difficoltà, sempre l'Etruria.
Chi chi può parlare la ministra Boschi
per i problemi di questa banca: questo il cruccio dell'ex presidente
Renzi.
“Non credo che la Boschi abbia fatto
pressione”, conclude Casini: la Boschi aveva parlato con Visco e
anche con Vegas (Consob), anche questa una questione strana, visto
che le competenze sulle banche erano in capo a Padoan.
Nella relazione è contenuta una
indicazione, chiesta dal presidente Casini, dove chiede maggiore
chiarezza sui prospetti informativi per le obbligazioni: nel 2011
Vegas aveva tolto da questi prospetti la paginetta sugli “scenari
probabilistici”, ritenendoli inutili.
Per difendere la sua scelta, Vegas ha
portato un prospetto sbagliato in commissione..
Altro smemorato della Consob il vice di
Vegas, D'Agostino, e il direttore generale a proposito delle
ispezioni alla Etruria.
Tutte carte consegnate ai magistrati,
conferma Casini, che però sospende il giudizio su inesattezze,
incongruenze, errori, perché tocca alla magistratura stabilire il
vero e il falso.
I 4 assenti dentro la commissione del
centro destra hanno permesso alla relazione finale di Casini di
essere approvata: l'unico nel centrodestra ad aver votato no è il
deputato Augello, non ricandidato.
Paga la colpa di aver fatto emergere la
storia della telefonata tra De Benedetti e il suo broker, che
sapevano già della riforma delle popolari nel 2015.
La procura di Roma ha indagato solo il
broker e a chiesto l'archiviazione.
In commissione era presente il
tesoriere PD, Bonifazi: tesoriere di un partiti in debito con le
banche, in una posizione forse di conflitto di interesse.
Anche per i suoi rapporti con i Boschi
e per la partecipazione al consorzio Triveneto.
Se i presidenti di camera e Senato non
hanno valutato le posizioni da conflitto di interesse .. (sempre
Casini, che non ha voluto rispondere).
Riassumendo: nella relazione nessun
colpevole, solo alcune ricette pratiche, maggiori poteri
investigativi alla Banca d'Italia, evitare le porte girevoli.
Si voleva mettere sulla graticola Visco
e meno Consob, che pure ha avuto le sue colpe.
Nessun giudizio sui politici che hanno
usato e gestito le banche come volevano: in tanti hanno usato le
banche per finanziare i partiti, i loro giornali, le loro imprese.
Ma avremmo dovuto chiedere ai politici
di indagare su sé stessi...
Come sono state salvate le popolari
venete.
I magistrati stanno accertando i
dirigenti delle banche venete, Consoli di Veneto Banca e Zonin di
Popolare di Vicenza: hanno lasciato sul territorio 300mila
risparmiatori truffati cui hanno mollato azioni che, in poco tempo,
si sono sgonfiati.
Risparmiatori e anche lavoratori della
banca, cui era stato detto che le azioni della loro banca erano
sicuri: si sentono truffati, Veneti truffati da altri veneti, che
hanno dopato il valore delle azioni.
Ci sono fidi ottenuti solo in cambio di
azioni comprate; le azioni baciate, vendute ad azionisti e poi messe
nel capitale, una cosa vietata.
Cosa successa all'imprenditore
Ravazzolo, tra l'altro difeso da un commissario di Veneto banca..
Banca Intesa ha garantito l'aumento di
capitale per Veneto Banca, Unicredit doveva farlo per Vicenza, ma poi
si è sfilata.
Si è poi creato il Conto Atlante, per
4 miliardi, nel 2016, quando si ipotizzo di fondere le due banche.
È poi saltato tutto, per i costi
operativi delle banche, che si mangiavano parte dei guadagni: hanno
avuto un peso gli stipendi milionari di manager e consulenti che
dovevano salvare le banche e che invece hanno contribuito ad
affossarle.
Veneto Banca ha pagato 4 ml per
consulenze ad Ernst & Young.
A consulenti e manager è stato dato
tutto il loro stipendio: ai risparmiatori invece è andata peggio.
A salvare dal default le due banche è
intervenuta Intesa che si è presa la good bank per 1 euro, mentre lo
Stato si è presa la bad bank.
La Popolare di Vicenza ha acquisito,
dalla Popolare di Prato, anche dei capolavori d'arte: sono in un
palazzo di proprietà di Intesa e lo Stato così non è in grado di
farle fruttare.
Opere di Bellini, Lippi e Caravaggio
per esempio, per un valore di 20 ml di euro.
Sono opere che Zonin si era portato via
a Vicenza e che oggi i commissari hanno riportato a Prato: c'è un
vincolo della sovrintendenza sulla collezione e si teme che vengano
vendute separatamente dai commissari, ai creditori. Tra cui Intesa.
Quello ad Intesa è un regalo? L'AD di
Intesa, Messina, sostiene di no, che però ha chiesto al governo 4
miliardi cash e altri 12 miliardi per garanzia.
1,2 miliardi sono legati ad esuberi sia
delle ex banche venete che di Intesa: anziché licenziare, Intesa ha
preferito usare gli scivoli.
Dopo il decreto, il titolo di Intesa è
cresciuto come il bilancio: un buon colpo per la banca, commenta
Visco, che ha evitato un disastro per il paese.
E se non fosse intervenuta Intesa?
Lo Stato aveva emesso delle garanzie
per le due banche per 10 miliardi in titoli: se le venete saltavano
doveva pagare lo Stato, sarebbe stato peggio.
Invece, alla fine, l'Italia ha speso
per 11,2 miliardi, una cifra che ha impattato sull'indebitamento,
diversamente da quanto promesso dal ministro Padoan (che aveva
parlato di 5mld).
Si poteva fare diversamente?
MPS è stata nazionalizzata, perché
del PD, mentre per le Venete no?
Anche gli inglesi hanno nazionalizzato
Bank of Scotland, ricorda l'economista Sapelli: si poteva
nazionalizzare anche le Venete allora?
Prima del crac, 4 fondi americani
volevano comprarsi le due venete: avevano messo sul piatto 1,4 mld,
ma lo Stato doveva contribuire per altri 3 miliardi diventando
azionista.
La trattativa tra i fondi e lo Stato è
finita: i due manager pubblici di Bankitalia non si sono fatti più
vivi, racconta una fonte del fondo americano.
Una scelta politica?
La strana storia dei guasti Vodafone,
riparati da Telecom solo se passi da loro … la storia successa a
Giovanna Boursier, anticipa il servizio di Giuliano Marrucci sulla
banda larga in Italia.
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