22 aprile 2018

La flat tax non funziona: anticipazione del servizio di Report

Sul Fatto Quotidiano di oggi, trovate una anticipazione di Roberto Rotunno sul servizio di Report di domani, dedicato alla Flat tax:

La Flat Tax non funziona: la prova negli Stati Uniti“Report” smonta la proposta del centrodestra - Fisco 

La flat tax è davvero miracolosa? Fa aumentare le entrate dello Stato riducendo l’evasione? Fa crescere gli investimenti delle imprese con benefici per tutto il sistema economico. La risposta è no, o meglio non c’è dimostrazione di questi automatismi sostenuti da chi, in Italia, propone l’introduzione della tassa piatta. Si tratta di un sistema di tassazione ad aliquota unica: tutti, indipendentemente da quanto si è ricchi, pagano la stessa percentuale di reddito (per esempio, il 15%).
Il centrodestra ci ha costruito l’intera campagna elettorale ma a smontare l’ottimismo sugli effetti di una simile riforma ci pensa un’inchiesta di Report che andrà in onda domani sera alle 21:15 su Rai3.
 

Matteo Salvini vorrebbe la tassa al 15% per tutti, il suo alleato di Forza Italia Silvio Berlusconi la suggerisce al 23% e, infine, l’Istituto Bruno Leoni la propone al 25%. Ora che le forze politiche dovranno trattare sui punti programmatici per dar vita a un governo, la questione ritornerà di moda e la trasmissione di domani sera offrirà il suo contributo alla riflessione. Il Movimento 5 Stelle, nel caso si vada verso un accordo con tutto o parte del centrodestra, sarà chiamato a mantenere la propria posizione contraria (i pentastellati vogliono una riduzione dell’Irpef per tutti, ma vogliono mantenere il sistema progressivo con diverse aliquote). Oggi in Italia abbiamo cinque scaglioni: da un minimo del 23% a un massimo del 43%. La proposta della Lega, invece, farebbe un favore ai ricchi: ogni anno, le famiglie con più di 70 mila euro di reddito guadagnerebbero 12 mila euro; solo 24 euro il vantaggio per chi guadagna meno di 10 mila. Un’ingiustizia che si spera di colmare con i vantaggi di sistema che ne dovrebbero scaturire. Ma, come detto, questa tesi è tutta da dimostrare.
Emblematica è l’esperienza dell’Illinois, dove le persone pagano il 4,95% del reddito e le imprese il 7%. Le cose – ha notato l’inviato di Report volato nello Stato Usa –, non vanno bene: il debito raggiunge i 148 miliardi di dollari e il pubblico non riesce neanche a sistemare le buche per strada. Nella città più grande, Chicago, servirebbero decine di miliardi per migliorare il sistema dei trasporti e riparare le tubature dell’acqua, ma “il gettito fiscale – ha spiegato a Report il presidente del Metropolitan Planning Council di Chicago – sono insufficienti”. Per finanziare la scuola, si usano i proventi delle imposte sulle case: quindi nelle comunità più povere, dove le abitazioni costano poco, i fondi sono scarsi, questo ha portato a un aumento delle rette universitarie e tanti giovani studenti sono andati a studiare in altri Stati.
L’obiettivo di un abbassamento generalizzato delle tasse è lasciare più denari nelle tasche dei cittadini per spingere consumi e investimenti e così creare occupazione. A questo tenderebbe la manovra di Donald Trump, che ha portato dal 39,6% al 37% l’aliquota massima per le società, e a questo tendono i sostenitori nostrani della flat tax. Ma si tratta di un atto di fede: nulla obbliga persone e imprenditori a rimettere in circolo i soldi risparmiati grazie a sconti fiscali. Semmai accade il contrario, come dice l’Ocse: dal 2000 è cresciuta la quota di soldi rimasti nelle casse delle aziende americane (dal 5 all’8,5% del Pil), ma gli investimenti netti sono scesi di un terzo. Le imprese si sono tenute ciò che lo Stato non ha chiesto loro sotto forma di tributi, insomma.
 

Anche l’assioma secondo il quale la tassa piatta renderebbe più attrattivo un territorio non sempre trova conferma. C’è un’impresa dell’Indiana, per esempio, che nonostante l’imposta flat al 6% e le promesse di nuovi sconti ha deciso comunque di spostarsi in Messico. In Indiana, negli ultimi trent’anni, si è decimata l’industria dell’acciaio a causa delle importazioni; nello Stato c’è comunque la piena occupazione, ma i salari sono bassi. Dunque, i ricchi sono più ricchi, e i bassi stipendi di chi lavora non bastano a coprire l’insufficienza dei servizi pubblici. Anche a Detroit (Michigan), che ospita l’industria automobilistica, i lavoratori non hanno tratto beneficio dalla tassa piatta. Addirittura, c’è un’inchiesta giudiziaria nella quale il vicepresidente di Fca Alphons Iacobelli di aver dato una mazzetta a un dirigente sindacale in cambio di un atteggiamento favorevole all’impresa in sede di contrattazione. Gli operai hanno fatto partire una class action.
In Europa dell’Est c’è chi ha provato ad “appiattire” il fisco per scucire imprese alle nazioni concorrenti. La Slovacchia, per esempio, ci è riuscita con l’Embraco: l’azienda, che produce compressori per Whirlpool, sta per lasciare il Piemonte e trasferirsi in Slovacchia. L’esempio però non deve far pensare che sia tutto oro. Bratislava riserva alle imprese un trattamento fiscale di favore (e i salari sono molto bassi), ma l’esperimento della flat tax non è stato positivo: è stata introdotta nel 2004 al 19% per tutti, ma nove anni dopo si è dovuto fare marcia indietro e rimettere le aliquote. Nel frattempo, non sono mancati enormi scandali di evasione.

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