17 febbraio 2008

La repubblica del ricatto di Sandro Orlando

Dossier falsi, calunnie studiate ad arte per attaccare e screditare gli avversari politici, raccolta (anche illegale) di informazioni su politici, sindacalisti, giornalisti.
La nostra non è una repubblica fondata sul lavoro: a rileggere certi fatti degli anni passati e del passato recente, sembra di rileggere ogni volta uno stesso canovaccio.
In un lungo album di famiglia si mettono assieme personaggi della prima repubblica: ufficiali dei servizi come Giovanni De Lorenzo, Pietro Musumeci, Federico Umberto D'Amato (prefetto dell'UAARR); politici come Giulio Andreotti e Aldo Moro; massoni come Licio Gelli e la sua P2, faccendieri come Francesco Pazienza; giornalisti a busta paga come Giorgio Zicari; infine agenzie investigative con un modo di operare quantomeno spregiudicato, come la Tom Ponzi.

Dalla prima poi si passa alla seconda e allora troviamo gli ufficiali dei servizi: Niccolò Pollari (e la sua ombra Pio Pompa), Marco Mancini, Walter Cretella, Gustavo Pignero; politici come Trantino, Pecorella, Guzzanti senior, Bocchino; la solita presenza della massoneria che muove ancora oggi i suoi tentacoli (come ha scoperto l'inchiesta Poseidone) e i redivivi Gelli e Pazienza (pare ci sia la sua ombra dietro le bufale della commissione Telekom Serbia); giornalisti a busta paga come Renato Farina; tutta una galassia di imbroglioni, faccendieri, lestofanti, contrabbandieri, bancarottieri inseguiti da creditori e dalla giustizia, dunque per questo maggiormente ricattabili e disposti a raccontare qualsiasi bufala. Le pedine del ricatto: Igor Marini, Antonio Volpe, Mario Scaramella, Paoletti, De Gori.
E le solite agenzie di spionaggio illegale: dalla struttura occulta dentro la Telecom di Tavaroli e Ghioni, alla Polis D'Istinto di Cipriani.

Il quadro è completo: in un unico libro una raccolta di dossier segreti, ricatti e depistaggi, dalla prima alla seconda repubblica. Dossieraggio del Sifar (per ricattare e boicottare la nascita del governo del centrosinistra); i dossier dell'Ufficio Affari Riservati; di Craxi; il Sismigate (usato come strumento di contrasto contro l'opposizione e la magistratura), i legami con la Cia e Telecom, nel caso Abu Omar; il Laziogate di Storace.
Poi c'è tutta la storia delle due commissioni di inchiesta nate nel governo Berlusconi per tenere a bada il centrosinistra, in un momento in cui il capo del governo Berlusconi era sotto processo a Milano per corruzione e altro, nel 2003.
Le bufale sulle tangenti per Telekom Serbia e sul Dossier Mitrokhin.

Guzzanti: “sai il problema di questa faccenda è che dobbiamo dimostrare ciò che diciamo...”
Berlusconi: “Beh, un momento! Intanto però li costringiamo a difendersi”.

Non è un caso se il libro si apre con un raffronto tra gli scandali riguardanti i servizi segreti di una volta, quando ancora si chiamava Sifar e a comandarlo c'era un generale dei carabinieri, De Lorenzo.
Anche perchè i protagonisti di quest'opera di fabbricazione, divulgazione ed uso di questi ricatti spesso sono sempre gli stessi: esponenti dei servizi, faccendieri dalla fedina penale poco pulita (dunque altamente ricattabili per diventare pedine di un gioco al ricatto), membri della massoneria, piduisti ....

Non è un caso se il libro parte con il paragone tra l'inchiesta sul dossieraggio segreto del Sifar di De Lorenzo e il Sismigate del generale Pollari, Mancini e dell'impiegato Pio Pompa.
Una volta scoperto lo scandalo, sull'inchiesta partì prima un'opera di insabbiamento, poi fu posto il segreto di Stato.
Il generale, per proteggersi ulteriormente le spalle, entrò in politica, in un partito di destra.
A scoprire lo scandalo (e il colpo di Stato minacciato) furono due giornalisti coraggiosi, che subirono un processo oltre a numerosi attacchi profesisonali.
Parliamo di De Lorenzo, del MSI, e dei giornalisti Jannuzzi e Scalfari dell'Espresso.
Ma potremmo anche parlare di Pollari che anziché essere cacciato (con tanto di Pompa e Mancini), viene spostato ad un alto incarico nella presidenza del consiglio. E la candidatura? Quella è stata offerta ad un altro galantuomo come il gen. Speciale.
Il segreto di Stato riguarda la vicenda Abu Omar.
Ma possiamo parlare anche di Federico Umberto D'amato e degli archivi dell'Ufficio Affari Riservati: scoperti per caso in un magazzino sulla via Appia. Archivio con i fatti privati di 3 milioni di italiani.
Nel libro si parla anche dell'archivio di Craxi, con dossier falsi, scoperto a Roma nel 1995.

Che fine hanno fatto questi archivi, perchè sono stati concepiti? La risposta la dà Furio Colombo nella sua introduzione: se si concepiscono le istituzioni come un centro di potere, non come una investitura data dai cittadini per governare, l'uso del ricatto, della calunnia, della divulgazione della notizia falsa (false tangenti, falsi attentati, false inchieste) diventa anch'esso strumento di “bassa” politica.

Non è un caso se il libro termina con l'intervista del magistrato Otello Lupacchini, che da trent'anni si occupa di everisone mafia e poteri occulti, che usa le seguenti parole per caratterizzare certi bassifondi della nostra repubblica:
“C'è una continuità di fondo con il peggio delle nostre vicende fatte di anticomunismo eversivo, bancarotte e spoliazioni di denaro pubblico, politica corrotta, stragi, morti ammazzati, rapporti con le organizzazioni criminali. Il passato, il tremendo passato italiano, deve sempre restare non del tutto chiarito perchè i dossier, gli uomini, i segreti, i ricatti possano essere riciclati nel futuro”.

E i dossier di De Lorenzo, che dovevano essere distrutti (parola di Andreotti) possono sempre tornare buoni.
Cosa c'entra, allora, il generale De Lorenzo, il Sifar e il Sid, con i falsi scoop di Pio Pompa (su attentati presunti, caso Telekom Serbia), con il Sismigate di Pollari e lo spionaggio della Telecom da parte della banda Tavaroli con Cipriani e Ghioni?
In comune, tutti fatti raccontati dal libro, hanno il ricatto per uso politico, per condizionare, vincolare, depotenziare, “disarticolare” (come scriveva Pio Pompa nei suoi appunti) l'opposizione politica.
Perchè non importa scoprire la verità. Come diceva Guzzanti al suo uomo della commissione Mitrokhin:
“Intanto li costringiamo a difendersi”.

Il post sul blog di Chiarelettere; i fatti del libro e la prefazione al libro di Furio Colombo.
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