A marzo 2008, la regione aveva ritirato l'emendamento dell'assessore Boni, la legge chiamata "ammazza parchi".
Che in queste settimane ritorna in aula.
Il relatore del progetto di legge sulla riforma delle aree protette, il consigliere regionale Giuseppe Giammario (Forza Italia), ha illustrato il nuovo testo. Spicca all’articolo 8, fra l’ altro, che se è vero che «la giunta regionale nella fase istruttoria del coordinamento del parco o delle sue varianti garantirà il confronto tra l’ente gestore e il comune, in caso di conflitto tra un parco e un ente locale, l’ultima parola spetterà al Pirellone». Senza contare che in futuro spetterà sempre alla giunta anche la nomina dei nuovi presidenti dei parchi.
Il provvedimento sarà discusso in aula nelle prossime settimane, ma i verdi e le associazioni ambientaliste stanno già affilando le armi. Oggi il 20 per cento del territorio regionale è incluso in aree protette, il doppio della media nazionale. Si tratta di 550mila ettari di suolo lombardo, suddivisi in 22 parchi regionali, 63 riserve naturali, 29 monumenti naturali, 81 parchi locali di interesse sovracomunale. Aree che, almeno sulla carta, finora sono state sottratte alla speculazione edilizia. E che attualmente sono destinate alla conservazione della natura, all’agricoltura e al turismo.
«Una deregulation urbanistica sarebbe la capitolazione totale rispetto agli interessi legati al cemento», denuncia il presidente di Legambiente, Damiano Di Simine. Mentre il verde Carlo Monguzzi e Pippo Civati (Pd) invitano «a una nuova grande mobilitazione come fu quella contro l’emendamento ammazza parchi». Non saranno risparmiate nemmeno le cosiddette aree standard delle città. Ovvero le aree che in base al piano regolatore dovevano essere destinate al verde a alla costruzione di servizi sociali come scuole o asili. Scaduto il termine di cinque anni i comuni potranno farne ciò che vogliono. A patto di utilizzarle per nuova edilizia popolare.
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