26 luglio 2010

Capitalismo e democrazia

Sostiene il presidente che la Fiat, essendo una libera impresa, può investire dove vuole, a patto che non si perdano posti di lavoro in Italia.
Che poi il lavoro sia pagato poco, stressante, con deroghe al contratto nazionale, di basso profilo, poco importa.
Che l'impresa lasci dietro di sè delle macerie industriali e ambientali (come l'Ilva a Taranto, o l'Eternit in Piemonte, o la Thyssen a Torino).

L'importante è lavorare, mantenere le fabbriche in Italia, mantenere i guadagni e i profitti.
Si dice libera impresa, ma oggi, nel mondo globalizzato, significa multinazionali che arrivano, chiedono soldi allo stato, spremono il lavoro al massimo (come si trattasse di una merce)
Eppure l'articolo 41 della costituzione indica chiaramente che la libera impresa :
"Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana".


La Fiat se ne vuole andare? Bene: potrebbe essere arrivato il momento di puntare all'auto ecologica (visto che il mercato dell'auto a benzina è saturo, se non ci sono incentivi non si vende).
Un governo che sapesse fare una programmazione industriale potrebbe iniziare una politica che disincentiva petrolio e assimilati.
Investe nel trasporto pubblico.
E punta all'auto elettrica.

Certo, in questo modo ci perderebbero i grandi costruttori (basta autostrade), i petrolieri (le trivellazioni le fate nel vostro giardino).
Ma ci guadagnerebbe il paese. Non è questo forse il compito della politica?

Mi ha colpito una cosa, del film-documentario di Michael Moore (Capitalism a love story): l'occupazione da parte degli operai della GM, della fabbrica di Flint nel dicembre 1936. Occupazione in cui gli operai dovettere fronteggiare la polizia e gli sgherri della GM.
Il presidente Roosevelt in accordo col governatore, mandò a Flint la guardia nazionale, a proteggere i lavoratori. Non l'imprenditore, non i suoi sgherri.







Roosevelt voleva poi far approvare una seconda carta dei diritti dell'uomo contro i trust, i monopoli, l’ingordigia del mercato (il second Bill of Right)
..

Questo succedeva in quell'america. E poi pensi all'america dei derivati, delle case pignorate dalle banche, dei Madoff, dei Bear Sterns ..
E anche l'Italia dei Samuele Landi, di Eutelia, di Telecom e Fiat.
Il capitalismo non deve coincidere con la democrazia.




We have come to a clear realization of the fact that true individual freedom cannot exist without economic security and independence. “Necessitous men are not free men.”[2] People who are hungry and out of a job are the stuff of which dictatorships are made.
In our day these economic truths have become accepted as self-evident. We have accepted, so to speak, a second Bill of Rights under which a new basis of security and prosperity can be established for all—regardless of station, race, or creed.
Among these are:
The right to a useful and remunerative job in the industries or shops or farms or mines of the nation;
The right to earn enough to provide adequate food and clothing and recreation;
The right of every farmer to raise and sell his products at a return which will give him and his family a decent living;
The right of every businessman, large and small, to trade in an atmosphere of freedom from unfair competition and domination by monopolies at home or abroad;
The right of every family to a decent home;
The right to adequate medical care and the opportunity to achieve and enjoy good health;
The right to adequate protection from the economic fears of old age, sickness, accident, and unemployment;
The right to a good education.
All of these rights spell security. And after this war is won we must be prepared to move forward, in the implementation of these rights, to new goals of human happiness and well-being.
For unless there is security here at home there cannot be lasting peace in the world.

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