29 luglio 2010

Il lago di Venere di Domizia Yankov


Il noir usato come strumento per raccontare una pagina tragica della storia passata: le stragi di mafia della stagione 1992-1993, la trattativa tra una parte dello stato e cosa nostra (l'ala non stragista dei corleonesi), la ricerca di nuovi referenti politici, gli strani contatti tra esponenti massonici, mafiosi e infine il fiorire delle leghe meridionali.

Dietrologia? Fantapolitica e fantastoria? Forse.

Cosa è successo in quell'estate del 1993? Martin Mandara, un ex poliziotto che proprio in Sicilia aveva lavorato alla caccia di latitanti (e aveva pure rischiato la pelle), viene incaricato di andare a Pantelleria a torvare le tracce di un ex amico d'infanzia, Nullo Bonaccorsi. Un giornalista che, ad un certo punto, è scappato dal suo lavoro e dalla famiglia per rifugiarsi in Sicilia ..

Nel Dammuso di proprietà della giornalista Domizia Yankov, incontra l'americana Gibson (una che sa tante cose), amica di Nullo, si imbatte nel maresciallo dei carabinieri Calò, nel vicino di casa Farina.

Fino alla scoperta degli appunti del giornalista:

'Potremmo essere alle soglie di un colpo di Stato politico-mafioso gradito sia alle forze straniere che non vedono di buon occhio la nascita di un'Europa forte, e l'asse franco-tedesco potrebbe ostacolare i progetti di ricostruzione nei paesi dell'Est. Non sono solo in gioco interessi mafiosi'.
Nullo citava i verbali del pentito in modo dettagliato, ma arricchiva l'analisi con un'attenta lettura di eventi internazionali non direttamente collegabili a quanto stava accadendo in Italia. Tra i ritagli di giornale molti riguadavano la guerra in Bosnia, ma anche la scissione della Cecoslovacchia in due Stati distinti avvenuta nel gennaio di quell'anno.[..]
Anche i suoi giudizi delle stragi smebravano frutto di una riflessione documentata. Sosteneva ad esempio, che l'omocidio di Salvo Lima e le stragi di Capaci e via D'Amelio dell'anno precedente avevano un segno diverse da quelle appena compiute a Milano, Firenze e Roma. Secondo lui, la strategia che doveva far seguito ai tragici eventi era cambiata in corso d'opera per un qualche intervento esterno alle logiche mafiose.[..]
'Dopo la caduta del muro di Berlino, l'ex PCI si presenta con le carte in regola, sia per la sua marginale compromissione con il sistema di potere preessistente sia per la maggiore affidabilità sul fronte internazionale rispetto a personalità politiche come Andreotti, troppo legato agli arabi e al Vaticano'.

Nullo sembrava dare molta importanza a tutte le informazioni che riguardavano la massoneria e i suoi rapporti occulti con la criminalità. E faceva una previsione che in quel momento appariva avveniristica, ma di cui Martin intuiva l'esattezza.
'Loro appoggeranno una forza politica che a distanza di qualche anno partità dal sud .. Se davvero Cosa Nostra ha perso fiducia negli ex amici politici non può che dare la disponibilità alla nascita di un partito all'interno del quale collocare i uomini suoi. La mafia non intende più delegare la soluzione die propri problemi.'
Tutto previsto, tutto progettato. Dietro l'uccisione di Falcone e Borsellino non c'era soltanto la vendetta di un gruppo di mafiosi sanguinari, ma un complesso piano di destabilizzazione dello Stato che puntata a minare la Costituzione. Un altro pentito, di cui non sembrva conoscere il nome, aveva parlato di una riunione in Calabria con espoenti di tutte le leghe meridionali convocati a Lamezia Terme. Ma qualcuno aveva avanzato la prposta di incontrare gli amici di su, fuori dalla Sicilia, magari in un'isola vicina, approfittando dei movimenti turistici.
Pagina 164

Destabilizzare per stabilizzare? Come negli anni di piombo?
Forse per questo è stato rapito Nullo.

"Il delitto Moro è stato il primo tentativo di liquidare la DC, almeno la parte meno affidabile sul piano delle relaizoni internazionali. Dopo la caduta del muro di Berlino, si dovevano ridiscegnare i confini del mondo in modo funzionale agli interessi delle grandi potenze. A farlo non sono stati gli Stati o i governi, ma gruppi di potere invisibili che si sono impadroniti dell leve dell'economia con l'appoggio della criminalità organizzata. alla guerra tra Est e Ovest si sostituirà quella tra il nord e il sud del mondo, i vecchi nemici diventanno alleati".
Pagina 166.

Di chi fidarsi su quell'isola sempre misteriosa, piena di enigmi, dove conta il detto e il non detto delle persone (come l'ambiguo maresciallo Calò, come l'amica Gibson)? Lui che dalla Sicilia era scappato anni prima, per salvarsi la pelle, si trova di nuovo invischiato dalla paura, dalle emozioni:

"La furia degli elementi lo aveva sopraffatto, aveva ceduto alle emozioni. Anche Nullo era stato tradito, come lui, come chiunque metteva piede in quella terra maledetta: tradito da una donna di cui credeva di essere innamorato, tradito da persone che riteneva amiche, tradito dalla comunità di un paese estraneo e nemico dove aveva scelto di vivere. Provò pietà per lui e anche per quel corpo maciullato in fondo alla scogliera".
Pagina 167

Nella prefazione si parla di Sicilia come metafora: metafora di un potere che sfugge alle regole, anzi, che si fa le sue regole, che usa la criminalità come braccio armato.

"Immagini un tavolo dietro una porta chiusa dove tutti s'incontrano. Fanno parte tutti della stessa chiesa. Il monsignore, il cavaliere, l'assessore, il magistrato, l'imprenditore. E lì che si riuniscono, fanno i patti, poi garantiscono che i patti vengnao rispettati, stabiliscono le regole: la griglia degli appalti, la turnazione delle imprese, chi deve andare a Roma, e chi resta dov'è. La ruota gira, gira e ogni tanto qualcuno scende e lo trovano in fondo ad uno scoglio".
Pagina 176

Forse è tutto inventato. E allora è sufficiente leggerlo come un giallo come un altro. Ma forse no. In attesa che su queste vicende la magistratura ci dia delle risposte, possiamo pure lasciarci andare dietro queste suggestive (e tragiche) piste.

Altre letture (o riletture) che riguardano il rapporto mafia politica, la trattativa e cosa nostra.
- Il patto, di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci
- L'agenda nera della seconda Repubblica, di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza.
- I pezzi mancanti, di Salvo Palazzolo


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