"Questa è la storia di un depistaggio che ha 'coperto' i mandanti di via D'Amelio, offrendo all'opinione pubblica un falso pentito e una falsa verità sulla strage. E' la storia del depistaggio che ha portato alla sbarra, utilizzando pressioni e minacce, tre balordi della borgata di Guadagna, con l'accusa di essere i manovali della strage, e poi un pezzo della Cupola di Cosa Nostra, sulle tracce di una indagine 'pura' della polizia, nata dal ritrovamento di un blocco motore, un pezzo meccanico che però non compare in nessuna delle videoriprese effettuate sul luogo dell'esplosione nelle ore immediatamente successive alla morte di Borsellino.
Ed è prprio questa indagine che oggi, sotto i colpi delle nuove rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, si sta sgretolando con il rischio di incriminare la credibilità dello Stato, in una fase delicatissima della lotta alla mafia." Prologo - Cui prodest?
C'è un'inchiesta, portata avanti dai pm di Caltanisetta, destinata a cambiare (o che potrebbe cambiare) alcune sentenze giudiziarie passate in giudicato, che ci hanno raccontato cosa chi sono stati i responsabili delle stragi di mafia del 1992-1993. Chi le ha volute, chi le ha preparate, chi le ha realizzate.
Parliamo delle stragi di via D'amelio (successiva di poco all'attentatuni a Capaci), sul pentimento "pilotato" o "governato" di Vincenzo Scarantino che ha coinvolto i balordi della Guadagna. Parliamo della fine della prima Repubblica, della crisi dei partiti e della crisi dentro la mafia che necessitava di nuovi referenti dal volto pulito.
Non sarebbe vero niente: il sotto titolo scelto dagli autori parla chiaro "via D'amelio 1992-2010. Un depistaggio di stato".
False le dichiarazioni del proro-pentito Scarantino, falsi i mafiosi coinvolti (Grigoli e la famiglia di S.Maria Del Gesù..), falsi i mandanti. Nuove piste, nate dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza (killer della famiglia dei Graviano), ritenuto oggi credibile da diverse procure italiane e che si è autoaccusato della preparazione della bomba, portano a scenari diversi.
I verbali di Spatuzza, i racconti di Massimo Ciancimino sulla trattativa tra stato e mafia (iniziata in mezzo alle due stragi di Capaci e via D'Amelio): dai processi in corso contro l'ex generale capo del Sisde (nonchè colonnello del Ros) Mario Mori, dal processo di Appello al senatore Marcello Dell'Utri, esce fuori un'altra storia.
Una storia di depistaggi, di pentiti istruiti per raccontare una storia di comodo, di confessioni fatte e in seguito ritrattate, di una trattativa tra pezzi delle istituzioni, servizi e i boss di Cosa Nostra.
Una trattativa che avrebbe garantito (se ne parla anche nel papello) la fine della strategia stragistico-terrorista, la garanzia di una moratoria di 10 anni, per arrivare poi ad una revisione delle leggi in materia di contrasto alla mafia.
Una trattativa che avrebbe garantito (se ne parla anche nel papello) la fine della strategia stragistico-terrorista, la garanzia di una moratoria di 10 anni, per arrivare poi ad una revisione delle leggi in materia di contrasto alla mafia.
Chi avrebbe potuto garantire questo patto? Una nuova forza politica, la cui genesi si dovrebbe far nascere prima del battesimo ufficiale.
Parliamo di Forza Italia, la cui genesi risale alla primavera del 1992, in base ai racconti di Enzo Cartotto.
Forza Italia, nato con l'aiuto di quel Dell'Utri ritenuto nuovo riferimento dalla mafia.
Il meccanismo usato per questo lungo racconto è lo stesso meccanismo che ne "L'agenda rossa di Paolo Borsellino": una sorta di diario in cui viene raccontata questa parte della nostra storia, a partire dal 23 maggio 1992. La bomba contro l'auto di Giovanni Falcone e la sua scorta.
Un diario che passa attraverso diverse fasi: la genesi del depistaggio e le prime accuse contro Scarantino (il signor Nessuno, la cui gestione fu affidata allo stesso gruppo investigativo (chiamato Falcone - Borsellino, istituito proprio nel 1993 in fretta e furia per indagare sulle stragi) che lo aveva incriminato, in capo al questore Arnaldo La Barbera). Lo stop successivo alle indagini nei confronti degli spioni a Castel Utveggio.
I processi portati avanti dalla procura di Caltanissetta (i procuratori Giovanni Tinebra, Paolo Giordano,Anna Palma e Carmelo Petralia) e, nel frattempo, la nasciata e l'affermazione di Forza Italia alle elezioni del 1994.
La discesa in campo di B. prima negata, poi lanciata a reti unificate; il movimento Sicilia Libera di Bagarella stoppato; le dichiarazioni "de relato" dei boss Graviano ("abbiamo il paese in pugno").
I processi che arrivano a sentenza e la fine della moratoria: siamo a fine anni 90 e iniziano a sentirsi, dopo i mugnugni dei mafiosi, le richieste di una legge per la "dissociazione light", per la revisione dei processi, per lo svuotamento del 41 bis.
Fino al 2008: il pentimento di Gaspare Spatuzza, e il nuovo filone di indagine portato avanti dai pm nisseni, Sergio Lari e Nico Gozzo.
Occorre premettere una cosa: nulla è ancora stato scritto di definitivo, e ancora si devono vagliare i racconti di Ciancimino Jr e Spatuzza. Forse Spatuzza si sta vendicando contro l'attuale maggioranza di centrodestra, da cui proviene FI, in una sorta di vendetta di Cosa nostra.
L'inchiesta dei pm nisseni mette in luce però anche altre brutte verità: la cattiva gestione dei pentiti (nel caso si dovesse dimostrare che Scarantino ha detto il falso), e i limiti di questo strumento di indagine che "per un'intera stagione della lotta alla mafia ha permesso scorrettezze e manovre che hanno portato in carcere innocenti, slavato colpevoli e contribuito ad insabbiare la verità con la copertura e il denaro dello stato" [pg 377].
Cui prodest: la domanda da porsi.
"Nel racconto di Spatuzza, le stragi siciliane del 1992 e poi le bombe del 1993 costituiscono le tappe di una progressione terroristica che avrebbe dovuto distruggere nemici mirati, ma soprattutto aprire la strada aun sistema politico più poroso agli interessi di Cosa Nostra umiliata in Cassazione, che aveva reso definitive le condanne del maxiprocesso" [pag 346]
Quanto è credibile Scantino oggi, dopo aver ritrattato? E chi lo avrebbe istruito a dovere, per raccontare della 126, del ruolo (confermato da Spatuzza) di Giuseppe Orofino e Salvatore Profeta, se non era presente alla strage? Forse il gruppo investigativo che lo gestiva come pentito, ha voluto, facendo imboccare alla magistratura questa pista dal basso profilo, nascondere mandanti che porterebbero dentro il cuore dello stato?
I pm oggi hanno chiesto i documenti ai servizi, relativi agli agenti che avrebbero operato in Sicilia in quegli anni; stanno mettendo assieme i fatto, cercando riscontri: l'attentato all'Addaura, le morti degli agenti Nino Agostino ed Emanuele Piazza.
Forse questa inchiesta è l'ultima possibiiltà per sapere la verità sulla morte del giudice Borsellino e della sua scorta, ma non solo. E' anche l'ultima possibilità per sapere come è finita la Prima Repubblica, chi ha voluto accelerarne la fine. Non è un caso che i magistrati abbiano rilevate strane intromissione nei loro sistemi: questa inchiesta ha molti osservatori esterni, a vario modo interessati.
Dall'intervista al dottor Gozzo:
Secondo lei, c'è una forza politica in questo paese che in questo momento ha realmente intenzione di sollevare il velo sulle stragi del '92 e del '93?
Preferisco non rispondere.
Laconico, ma purtroppo c'è poco da eccepire.
Il link per ordinare il libro su ibs.
La scheda su chiarelettere.
Technorati: Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza
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