La centrale? Te la tieni. Le regioni italiane avevano riposto tutte le loro speranze nella Corte costituzionale: di fronte all’arroganza del governo, il ricorso alla Consulta era l’unica salvezza per chi il nucleare in casa non lo voleva. Invece, niente da fare. Secondo i giudici, le proteste sollevate da dieci regioni sono alcune infondate, altre inammissibili.
Il Piemonte aveva già ritirato il ricorso, subito dopo la vittoria del leghista Roberto Cota.
Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise, invece, la legge delega 99 del 2009 dovranno subirla così com’è.
Soprattutto, dovranno accettare che a scegliere i siti dove nasceranno le centrali sia il governo stesso: la legge, infatti, prevede che in caso di mancato accordo, la decisione venga presa direttamente dall'esecutivo. Il parere dell'ente locale, insomma, è obbligatorio ma non vincolante. Soddisfatta la maggioranza che, in assenza del ministro competente (Scajola non è ancora stato sostituito), fa parlare il sottosegretario al ministero, Stefano Saglia: “La decisione della Consulta sgombra il campo da polemiche pretestuose: il Governo intende fare il nucleare nel rispetto della Costituzione e delle Regioni”.
Parla anche il viceministro allo Sviluppo economico, il finiano Adolfo Urso, contento che la sentenza abbia riaffermato “il ruolo dello Stato”. Viene da chiedersi che ne pensa la Lega. Le motivazioni che hanno portato alla bocciatura del ricorso verranno depositate nelle prossime settimane, ma già si sa che il giudizio si è fondato sul riparto delle competenze legislative fra Stato e Regioni in campo energetico.
Il Piemonte aveva già ritirato il ricorso, subito dopo la vittoria del leghista Roberto Cota.
Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise, invece, la legge delega 99 del 2009 dovranno subirla così com’è.
Soprattutto, dovranno accettare che a scegliere i siti dove nasceranno le centrali sia il governo stesso: la legge, infatti, prevede che in caso di mancato accordo, la decisione venga presa direttamente dall'esecutivo. Il parere dell'ente locale, insomma, è obbligatorio ma non vincolante. Soddisfatta la maggioranza che, in assenza del ministro competente (Scajola non è ancora stato sostituito), fa parlare il sottosegretario al ministero, Stefano Saglia: “La decisione della Consulta sgombra il campo da polemiche pretestuose: il Governo intende fare il nucleare nel rispetto della Costituzione e delle Regioni”.
Parla anche il viceministro allo Sviluppo economico, il finiano Adolfo Urso, contento che la sentenza abbia riaffermato “il ruolo dello Stato”. Viene da chiedersi che ne pensa la Lega. Le motivazioni che hanno portato alla bocciatura del ricorso verranno depositate nelle prossime settimane, ma già si sa che il giudizio si è fondato sul riparto delle competenze legislative fra Stato e Regioni in campo energetico.
Insomma, deciderà lo Stato, ma come ricorda il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, “il governo non ha ancora avuto il coraggio di dire agli italiani dove intende costruire le centrali atomiche”. Anche il Wwf ricorda al governo che ora “é solo”: “Dovrà decidere - prosegue l’associazione - senza il contributo delle Regioni e dei cittadini dalle cui tasche verranno prelevati i soldi per gli enormi costi di costruzione delle centrali e sui quali incomberanno i costi ambientali e i pericoli sanitari”.
Il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo confessa di aver “affrontato” proprio ieri la questione con il premier Berlusconi. Secondo Bonelli il progetto del centrodestra fallirà “perché sarà travolto dalla mobilitazione popolare”. Anche dal punto di vista giuridico, comunque, non è ancora detta l’ultima parola. Nei prossimi mesi la Consulta dovrà pronunciarsi su un altro ricorso, presentato dalle Regioni contro il primo dei decreti attuativi della legge delega, varato nel febbraio scorso. E poi c’è il referendum. Dal primo maggio scorso è partita la raccolta firme promossa dall’Italia dei Valori per chiedere l’abrogazione della legge che riporta il nucleare in Italia.
Il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo confessa di aver “affrontato” proprio ieri la questione con il premier Berlusconi. Secondo Bonelli il progetto del centrodestra fallirà “perché sarà travolto dalla mobilitazione popolare”. Anche dal punto di vista giuridico, comunque, non è ancora detta l’ultima parola. Nei prossimi mesi la Consulta dovrà pronunciarsi su un altro ricorso, presentato dalle Regioni contro il primo dei decreti attuativi della legge delega, varato nel febbraio scorso. E poi c’è il referendum. Dal primo maggio scorso è partita la raccolta firme promossa dall’Italia dei Valori per chiedere l’abrogazione della legge che riporta il nucleare in Italia.
Il fatto quotidiano - 24 giugno
Come per il decreto Ronchi, sulla privatizzazione dell'acqua, ci toccherà un altro referendum, per bloccare i siti? Oppure arriveranno i militare a presidiare le zone scelte dal governo (con dietro gli interessi delle grandi imprese italiane ed estere)?
Come per il decreto Ronchi, sulla privatizzazione dell'acqua, ci toccherà un altro referendum, per bloccare i siti? Oppure arriveranno i militare a presidiare le zone scelte dal governo (con dietro gli interessi delle grandi imprese italiane ed estere)?
Nessun commento:
Posta un commento