04 giugno 2010

La grande storia: propaganda



Vincere, e vinceremo! Urlava dal balcone di piazza Venezia il duce Benito Mussolini, il giorno della dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna.
E gli italiani si lasciarono soggiogare dagli slogan, dalla coreografia, dalle immagini. Dalla propaganda.
Propaganda di cui Mussolini era esperto.
Propaganda di cui si occupa La grande Storia, questa sera su Rai 3.

Pochi uomini al mondo hanno utilizzato con maestria la comunicazione scritta, verbale, fotografica e cinematografica come Benito Mussolini. E pochi ancora hanno come lui compreso la necessità di associare la propria immagine a icone fortemente emotive e positive che accendono la fantasia delle masse. Mussolini è consapevole che per radicarsi nel cuore degli italiani deve agire sulla loro pancia, con simboli di forza, coraggio, generosità.

Dopo il successo dello slogan: “meglio un giorno da leone che cent’anni da pecore!” il proprietario di un circo equestre, gli regala un cucciolo di leonessa, chiamata Italia. Le sue foto con Italia fanno il giro del mondo e la Gaumont gli dedica un vigoroso cinegiornale. E’ l’incipit della accurata creazione del mito. Un mito così al di la del vero che finirà con il credervi lui stesso.

La propaganda del regime si articola imbrigliando tutte le forme di comunicazione, dalle tradizionali come la stampa e la fotografia ma anche emergenti come la radio ed il cinema. In entrambi gli ambiti porta novità. Per la stampa nascono nuove testate dirette da fascisti. Per la radio si fonda l’EIAR, i cui programmi di intrattenimento sono sviluppati con la supervisione dell’Ufficio per la Stampa e Propaganda prima, dal Ministero della Cultura Popolare poi. Quelli di informazione supportati dalle notizie diramate dalla Agenzia fascistizzata Stefani, a cui d’ora in poi devono attenersi anche i giornali.

Per il cinema si compie una operazione doppiamente innovativa. Si inventa il cinegiornale italiano e fascista, si crea una istituzione che lo produce: l’Istituto Luce, responsabile sia della immagine cinematografica che fotografica di Mussolini, che si raccomanda debba essere centrale in ogni circostanza della realtà. Anzi il Duce può essere fotografato solo in situazioni che lo rendono protagonista, gli danno risalto e lo immergano nel proverbiale bagno di folla.
Gli ordini sono tassativi: evitare immagini poco significative o che addirittura lo vedano in situazioni tragiche, per esempio alluvioni, terremoti, morti, o in momenti in cui compie gesti violenti di rimprovero, tantomeno va ripreso accanto a monache e preti, essendo superstizioso. Tutte le immagini di cui è protagonista devono essere positive.

Non solo controllo dell’informazione. Ma anche del cinema di evasione, commerciale, i cui contenuti non devono offendere il fascismo tantomeno alludere indirettamente al suo capo in modo indegno. Al contrario di quanto avviene per Stalin, la propaganda del regime ha la sottigliezza di non produrre alcun film in cui sia presente un attore che interpreta Mussolini. Si preferisce produrre un colossal nel quale gli si alluda, magnificandolo: Scipione l’Africano! E’ naturale che tutti vedano nel condottiero romano che batte Annibale a Zama la figura di Mussolini conquistatore dell’Etiopia.
La propaganda opera capillarmente, creando sindacati professionali, mobilitando l’interesse economico delle persone perché sostengano a tutti i costi il regime. Imbriglia le intelligenze che producono cultura, passando ad esse uno stipendio segreto su cui non opera il fisco. Moltissimi sono infatti i giornalisti finanziati dal Ministero della Cultura Popolare.

Ma ciò non basta a Mussolini. Vuole un sistema blindato. Nascono le veline, che sono degli ordini veri e propri trasmessi ai direttori dei giornali che a volte partono direttamente da Palazzo Venezia. Edificio che insieme a Villa Torlonia è gestito come una specie di reggia verso cui si voltano estasiati gli sguardi dei plaudenti.
E’ lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale a rompere l’incanto fra Duce ed Italiani. La propaganda lo muterà in condottiero. Ma il condottiero si liquefa. Lo muterà in macchinista, motociclista, aviatore, motore tecnologico! ma si combatterà coi biplani. Il forgiatore del popolo nuovo fascista! Ma lo porterà alla fame, ai bombardamenti, ai disgraziati orti di guerra.

Tutto crolla. Nel grottesco. Nel 1943 l’enorme ventennale fuoco di artificio di parole implode, sgonfiandosi come un grosso pallone per i troppi calci sul campo.
Paradosso. Il vero zenith è raggiunto solo da suo poderoso terribile contrario: le immagini di Piazzale Loreto.

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