21 marzo 2012

Questa volta niente lacrime


Di fronte a questa riforma del lavoro il ministro non ha versato le lacrime come avvenuto per la riforma delle pensioni.
Non so come prenderla: vuol dire che a piangere saremo noi?

Chi controllerà che un certo licenziamento è per motivi economici?
Che garanzie ci sono che questa legge crei più posti di lavoro?
Sono sufficienti i 15 o 27 mesi di indennizzo? Tutto si può comprare col denaro, anche il lavoro, anche i diritti delle persone?

I moniti del presidente della repubblica e del consiglio hanno portato a questa riforma, modello prendere o lasciare, perchè non si può discutere all'infinito.
Mica parliamo della riforma della Rai, promessa e rimandata a mai.
Mica parliamo dei tagli agli stipendi onorevoli.
Mica parliamo delle liberalizzazioni promesse, farmacie, professioni e taxi. Il decreto legge è stato man mano svuotato dai partiti.
Mica parliamo del taglio alle province.
Mica parliamo della legge elettorale (scippato il referendum per non disturbare le larghe intese, si continuerà a votare con la porcata).

Leggo che questa linea dura sulla TAV, sull'articolo 18 e nel futuro anche per la giustizia (la responsabilità dei magistrati, le intercettazioni, il reati concussione tolto come lasciapassare per B.) siano un modo per tagliare fuori le ali dalla politica.
E se alle prossime elezioni gli elettori si comportassero da cittadini e non da sudditi e sparigliassero le carte?
Se la gente non si volesse turare più il naso?


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