“Questa lunga inchiesta è stato un viaggio difficile, ma al contempo, profondamente formativo, nel cuore oscuro dell'Italia. La deriva cominciata il 12 dicembre è arrivata, tra tappe dolorose, al quasi totale sganciamento dell'agire politico da ogni esigenza di trasparenza; quasi tutta la verità è stata sostituita dalla retorica strumentale di chi bara sapendo di mentire. Solo una logica che superi l'orizzonte dell'utile immediatamente fruibile può rianimare la nostra vita di cittadini e rilanciare la natura più autentica della politica. La vicenda di piazza Fontana deve dunque tornare ad appartenere a tutti, perché dimostra la debolezza civile del nostro paese, che oggi paghiamo duramente e ancora più rischiano di pagare i nostri figli”.
(Paolo Cucchiarelli - dalle ultime righe del libro.)Il segreto di piazza Fontana, come ha spiegato l'autore nelle righe che chiudono il libro, è un tentativo di spiegare le ragioni della strage, seguendo una percorso diverso, che va oltre alle verità processuali e storiche che oggi si sono affermate.
Paolo
Cucchiarelli ha realizzato, in parecchi anni di lavoro, una
ricostruzione approfondita sui retroscena della strage
di Piazza Fontana (e delle altre bombe del 12 dicembre
scoppiate tra Milano e Roma), secondo la teoria della “doppia
bomba”.Teoria che spiega,
in un modo anche suggestivo, tutti i punti rimasti insoluti di questo
mistero d'Italia: il perché delle due piste, quella rossa e quella
nera, del mancato alibi di Valpreda e quello di Pinelli. Delle due
bombe sparite a Milano (oltre a quelle ufficiali lasciate nelle due
banche, la BNL e la BNA). Del perchè i partiti di sinistra (e anche
il PCI) si accontentarono delle verità monche uscite dai processi,
accentando il patto Moro-Saragat
per bloccare il colpo di stato , in cambio di un insabbiamento della
verità. In cambio del poter partecipare al banchetto politico, come
gli altri partiti di governo.
Questa teoria ha suscitato numerose reazioni, all'uscita della prima edizione del libro, sia da parte degli storici che degli anarchici, tirati in causa perché ritenuti non più innocenti vittime del complotto, ma ingenui provocatori che si lasciarono manovrare dai fascisti.
Questa teoria ha suscitato numerose reazioni, all'uscita della prima edizione del libro, sia da parte degli storici che degli anarchici, tirati in causa perché ritenuti non più innocenti vittime del complotto, ma ingenui provocatori che si lasciarono manovrare dai fascisti.
Nella
banca dell'Agricoltura, del maledetto venerdì 12 dicembre due erano
gli attentatori, due erano le bombe, due le borse che portavano
dentro gli ordigni. Due i gruppi eversivi dietro quelle bombe e due,
anche, le ragioni di quell'attentato: quella prettamente stragistica,
da parte dei neofascisti di Ordine nuovo e Avanguardia Nazionale
che, con quegli attentati (che proseguivano la scia di bombe del 25
aprile a Milano e quelle dell'estate sui treni) intendevano creare un
clima favorevole al colpo di stato (come avvenuta nel 1967 in Grecia
col golpe dei colonnelli). Ma oltre ai neofascisti, quella mattina
nella banca c'erano anche gli anarchici del gruppo di Valpreda,
colpevole dunque anche lui in concorso in strage.
Anarchici, quelli del gruppo “22 marzo” di Pietro Valpreda e del nazimaoista Mario Merlino, pesantemente infiltrati e manovrati dai neofascisti stessi, il cui obiettivo era solo un attentato dimostrativo.
Anarchici, quelli del gruppo “22 marzo” di Pietro Valpreda e del nazimaoista Mario Merlino, pesantemente infiltrati e manovrati dai neofascisti stessi, il cui obiettivo era solo un attentato dimostrativo.
I
primi, avrebbero ingannato il gruppo di Valpreda, spingendoli
nel compiere l'attentato che doveva essere a solo scopo dimostrativo:
intendevano far scoppiare la bomba a basso potenziale senza causare
vittime, poiché avrebbe dovuto esplodere ben dopo l'orario di
chiusura.
In
realtà, sostiene Cucchiarelli, avrebbero raddoppiato
l'effetto esplosivo, grazie alla seconda bomba portata dentro la
banca da un sosia di Valpreda, dentro una seconda borsa (una
Mosbach nera o marrone), che sarebbe esplosa quando questa era ancora
piena di clienti.
Per
dimostrare i fondamenti di questa teoria, Cucchiarelli è andato ad
analizzare i singoli pezzi del mosaico: i reperti rimasti delle
bombe, quelle scoppiate (alla BNA di Milano) e quelle fatte scoppiare
(la borsa ritrovata alla BNL) a Milano e anche quelle di Roma, vicino
all'altare della patria. I reperti delle borse, delle cassette
metalliche che contenevano la miscela di esplosivo utilizzata.
Le
indagini iniziali furono purtroppo caratterizzate dalla poca
precisione con cui i reperti furono catalogati (imprecisione o anche
peggio, dice l'autore: alcuni di questi furono addirittura scambiati
tra loro, dai carabinieri, a Roma). Fin da subito c'era la volontà
di depistare le indagini, per portarle verso la pista rossa, e questo
ha compromesso forse irreversibilmente la possibilità di arrivare
anche oggi ad una verità in sede giudiziaria.
Ma questo vale anche per dimostrare la tesi dell'autore: se è possibile ritenere un coinvolgimento del gruppo 22 marzo negli attentati, è vero anche che mancano le prove definitive per passare da una ipotesi (la doppia bomba), a qualcosa di più solido. Alcune parti della teoria rimangono solo ipotesi, come il ruolo di Pinelli nelle bombe del 12 dicembre, da prendere con le molle.
Il difetto di questo libro sta proprio nella sua strutturazione: è difficile riuscire a riportare in un libro una mole di lavoro così corposa, che riprende tutti i pezzi della storia (le borse, quali erano, di che colore? L'esplosivo, di che tipo era? Regge l'alibi di Valpreda, Chi ha visto sul taxi Rolandi?..), cercando di essere allo stesso tempo esaustivi ma non eccessivamente “pesanti”.
È stato difficile per me arrivare a fine libro, senza perdermi dentro il racconto, anche perchè ci sono passi in cui l'autore cade in ricostruzioni abbastanza azzardate, non sorrette da elementi solidi , che sono buone solo per giustificare la sua tesi (Valpreda colpevole e forse anche Pinelli).
Ma questo vale anche per dimostrare la tesi dell'autore: se è possibile ritenere un coinvolgimento del gruppo 22 marzo negli attentati, è vero anche che mancano le prove definitive per passare da una ipotesi (la doppia bomba), a qualcosa di più solido. Alcune parti della teoria rimangono solo ipotesi, come il ruolo di Pinelli nelle bombe del 12 dicembre, da prendere con le molle.
Il difetto di questo libro sta proprio nella sua strutturazione: è difficile riuscire a riportare in un libro una mole di lavoro così corposa, che riprende tutti i pezzi della storia (le borse, quali erano, di che colore? L'esplosivo, di che tipo era? Regge l'alibi di Valpreda, Chi ha visto sul taxi Rolandi?..), cercando di essere allo stesso tempo esaustivi ma non eccessivamente “pesanti”.
È stato difficile per me arrivare a fine libro, senza perdermi dentro il racconto, anche perchè ci sono passi in cui l'autore cade in ricostruzioni abbastanza azzardate, non sorrette da elementi solidi , che sono buone solo per giustificare la sua tesi (Valpreda colpevole e forse anche Pinelli).
Nonostante le sentenze non abbiano stabilito la paternità delle bombe di Milano, nonostante i punti della teoria Cucchiarelli che non mi convincono, ci sono alcuni punti fermi della strage di Piazza Fontana, che possiamo oggi mettere nero su bianco.
La strage ha origine nell'estrema destra, le cellule di Ordine Nuovo di Padova e di Mestre (col supporto di gruppi da Ferrara e di Milano), in un contesto eversivo che aveva lo scopo di spostare l'asse politico del paese verso destra. Un golpe alla greca, secondo i neofascisti, una semplice “intentona”, secondo le forze politiche e i servizi che manovravano e coprivano questi gruppi di estrema destra.
Dietro Ordine Nuovo (Freda, Rauti, Maggi, Zorzi, Ventura) e Avanguardia Nazionale (Delle Chiaie, Merlino) non c'è solo l'MSI, che faceva finta di non sapere, ma anche pezzi dello stato che hanno deviato (i depistaggi dei carabinieri per la strage di Peteano, i pezzi della bomba all'altare della Patria di Roma che vengono presi dai carabinieri, le veline del Sid che puntano subito sugli anarchici e su Valpreda ..), coperto (la fuga di Pozzan e Giannettini, coperta dai servizi), indirizzato le indagini (il primo indentikit di Valpreda, fatto dai carabinieri il 12 sera).
I vertici dei servizi sapevano (lo ammette Maletti, vice di Miceli al Sid, nel libro intervista “Piazza Fontana, noi sapevamo”), e sapevano dunque anche i vertici del governo e della Democrazia Cristiana da cui i servizi (deviati o non deviati) dipendevano. Sapevano e poi, per difendersi hanno tirato fuori la storia della bomba che non doveva esplodere, del colonnello dei cc che fece di testa sua … Sapeva l'ufficio Affari Riservati di Federico Umberto D'Amato, in contatto con Delle Chiaie, sapevano le persone dell'Anello (il servizio segreto parallelo alla rete Gehlen, in disponibilità di Andreotti).
Sapeva forse Cossiga, sapeva qualcosa Moro, sapeva Taviani (che parlò del tentativo dei servizi di fermare la strage all'ultimo minuto), sapeva Andreotti che nel corso degli anni ha sempre centellinato le informazioni in sui possesso.
La strage matura in un contesto nazionale di grosso fermento sociale e politico (per le tensioni del dopo 68, dell'autunno caldo, per la crescita delle sinistre), ma anche in un contesto internazionale ben preciso.
In piena guerra fredda l'Italia doveva mantenere un assetto politico ben preciso, nel quadro della spartizione del mondo nei due blocchi: come la Grecia due anni prima, anche per l'Italia rimaneva valida la strada del golpe, se le cose non si fossero risolte politicamente secondo una certa strada. Come spiega De Luttis ne “Il golpe di via Fani”, la bomba nella banca dell'Agricoltura segna uno snodo nevralgico nella storia del nostro paese (assieme alla strage di Portella della Ginestra, al rapimento di Moro in via Fani, l'attentanuni contro Falcone e la bomba di via D'Amelio). L'esplosivo arrivò dalla Germania tramite il Brennero, con l'aiuto dell'intelligence dell'esercito americano. La Cia sapeva del golpe dell'Immacolata di Borghese, e sapeva delle trame nere in Italia.
“E' incredibile quante e quali forze abbiano contribuito ai progetti golpistici che hanno condotto a Piazza Fontana. L'Anello, la mafia, i servizi segreti dell'esercito USA, la Cia, l'Aginter Press di Serac e Leroy, la rete di Gehlen in Germania, gli ustascia, la rete parallela alla Stay Behind della Nato, la Grecia dei colonnelli, la cordata politica italiana favorevole ad una svolta autoritaria. Tutti i capi di questi fili si intrecciavano fra loro e convergevano nella rete degli organizzatori ed esecutori della destra extraparlamentare italiana: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. Le tessere del puzzle ora ci sono tutte. Quelle che potevano apparire come piste diverse e alternative trovano finalmente una cornice unica.” [pagina 545]
La
strage del 12 dicembre era progettata da tempo: secondo l'autore
l'infiltrazione degli estremisti di destra dentro i gruppi anarchici
e della sinistra extraparlamentare inizia con gli scontri di Valle
Giulia del 1968 (vi ricordate la “foto
di gruppo da Valle Giulia” in cui sono tutti assieme, rossi
e neri?): dietro questo piano, l'Aginter Press di Yves Guerin
Serac (la centrale nera dell'eversione europea). Colpevoli delle
azioni criminali dovevano essere solo gli estremisti di sinistra,
come disse alla moglie prima di morire lo stesso Calabresi “
menti di destra, manovalanza di sinistra”.Dentro
questa storia, ci sono tutti i personaggi del libro nero della
repubblica italiana: l'Italia
come democrazia a sovranità limitata, i servizi segreti (quelli
ufficiali e quelli occulti) usati per operazioni sporche. La Gladio
(ufficiale, nel caso di invasione del territorio dall'est), i Nuclei
di difesa del territorio, i golpisti della Rosa dei venti.
Le scelte sugli assetti politici del paese che non vengono decisi nei luoghi preposti, in modo trasparente, ma nelle stanze del potere, secondo interessi estranei alla cultura democratica, come poi emergerà con lo scandalo della P2.L'uso della ragione di stato per coprire interessi politici (la perpetuazione del potere da parte della sola Democrazia Cristiana), economici (da parte dei grossi gruppi industriali che foraggiavano segretamente l'estrema destra) e strategici.
Una ragione di stato che passava sopra le morti innocenti, di tutte le vittime degli anni di piombo. Una ragione di stato che confondeva, sganciandola, la verità dei fatti dalla pratica politica. Hanno ripetuto in tanti che "Dopo Piazza Fontana le cose non sono state più le stesse" .. : la perdita dell'innocenza, la necessità di usare la lotta armata per contrastare uno stato che ricorreva a questi mezzi, la strage di stato, i misteri d'Italia.
Le scelte sugli assetti politici del paese che non vengono decisi nei luoghi preposti, in modo trasparente, ma nelle stanze del potere, secondo interessi estranei alla cultura democratica, come poi emergerà con lo scandalo della P2.L'uso della ragione di stato per coprire interessi politici (la perpetuazione del potere da parte della sola Democrazia Cristiana), economici (da parte dei grossi gruppi industriali che foraggiavano segretamente l'estrema destra) e strategici.
Una ragione di stato che passava sopra le morti innocenti, di tutte le vittime degli anni di piombo. Una ragione di stato che confondeva, sganciandola, la verità dei fatti dalla pratica politica. Hanno ripetuto in tanti che "Dopo Piazza Fontana le cose non sono state più le stesse" .. : la perdita dell'innocenza, la necessità di usare la lotta armata per contrastare uno stato che ricorreva a questi mezzi, la strage di stato, i misteri d'Italia.
È
soprattutto per questo, oltre che per il rispetto che dobbiamo ai
morti e ai loro familiari, che dobbiamo continuare a cercare la
verità, fare le domande, aprire i cassetti e gli armadi.
Scriveva il filosofo Santayana, "Chi dimentica il proprio passato è destinato a ripeterlo". Ed è bene che non ce lo dimentichiamo mai.
I capitoli del libro.
Parte prima: quello che manca.Dove si parla degli oggetti dimenticati, dispersi, occultati o sottratti che hanno determinato l'impossibilità di arrivare alla verità giudiziaria.
Dramatis personae; le altre due bombe e i manifesti «anarchici»; la bomba «modello» che non doveva esplodere; la miccia scomparsa alla BNA; la bugia politica della strage non voluta e i timer scomparsi da centoventi minuti; le piste dimenticate per le cassette portavalori.
Parte seconda: L'altro taxi, il doppio passeggero, i due ferrovieri.Dove si parla dei doppi protagonisti, dei «fantasmi» spariti dalla vicenda, e dei loro ruoli.
Due taxi a piazza Fontana; Valpreda e i sosia matrioska; Pinelli e l'altro ferroviere anarchico; doppio cappotto e doppio alibi per Valpreda; la doppia trappola e la predisposizione per il colpevole.
Parte terza: la strategia dell'infiltrazione e della provocazione.
Dove si parla di come si arrivò all'operazione Piazza Fontana, di chi ha sviluppato la «seconda linea», chi l'ha sostenuta e chi l'ha coperta.
Dall'inizio della provocazione alle bombe del 25 aprile; gli attentati ai treni e gli ordigni in più; il «22 marzo», le bombe a Roma e i trucchi del Sid.
Scriveva il filosofo Santayana, "Chi dimentica il proprio passato è destinato a ripeterlo". Ed è bene che non ce lo dimentichiamo mai.
I capitoli del libro.
Parte prima: quello che manca.Dove si parla degli oggetti dimenticati, dispersi, occultati o sottratti che hanno determinato l'impossibilità di arrivare alla verità giudiziaria.
Dramatis personae; le altre due bombe e i manifesti «anarchici»; la bomba «modello» che non doveva esplodere; la miccia scomparsa alla BNA; la bugia politica della strage non voluta e i timer scomparsi da centoventi minuti; le piste dimenticate per le cassette portavalori.
Parte seconda: L'altro taxi, il doppio passeggero, i due ferrovieri.Dove si parla dei doppi protagonisti, dei «fantasmi» spariti dalla vicenda, e dei loro ruoli.
Due taxi a piazza Fontana; Valpreda e i sosia matrioska; Pinelli e l'altro ferroviere anarchico; doppio cappotto e doppio alibi per Valpreda; la doppia trappola e la predisposizione per il colpevole.
Parte terza: la strategia dell'infiltrazione e della provocazione.
Dove si parla di come si arrivò all'operazione Piazza Fontana, di chi ha sviluppato la «seconda linea», chi l'ha sostenuta e chi l'ha coperta.
Dall'inizio della provocazione alle bombe del 25 aprile; gli attentati ai treni e gli ordigni in più; il «22 marzo», le bombe a Roma e i trucchi del Sid.
Parte quarta: i cassetti che nessuno vuole svuotare.
Dove si parla delle responsabilità politiche nazionali e internazionali, degli intrecci perversi tra le morti di Feltrinelli e Calabresi, dei traffici di armi e dell'altro esplosivo.
Le due cordate politiche e i servizi segreti: conflitti e compromessi; la Grecia, la vendetta e l'abbaino; la pista jugoslava e laltro esplosivo; la preparazione del golpe, la pista tedesca, il ruolo degli Usa e l'Anello; il segreto di Carlo Digilio e quello di Martino Siciliano; i destini incrociati di Feltrinelli e Calabresi.
Gli
articoli sul libro, usciti sul blog di Aldo Giannulli
http://www.aldogiannuli.it/2009/06/larma-del-silenzio/ l'intervento di Vincenzo Vinciguerra
http://www.aldogiannuli.it/2009/06/il-segreto-di-piazza-fontana-unoccasione-persa/#more-424 la critica al libro di di Francesco “baro” Barilli e Saverio Ferrari
E
i post sul forum stragedistato, costituito da ex membri del
gruppo anarchico 22 marzo, in risposta a questo libro
Altre letture:
Il libro di Alberto Garlini, “La legge dell'odio”, che proprio a questo saggio si ispira.
Il libro di Alberto Garlini, “La legge dell'odio”, che proprio a questo saggio si ispira.
L'intervista
all'autore sul sito vuotoaperdere
e segretodistato.
Il libro “Piazza Fontana, noi sapevamo” di Sceresini, Palma, Scandaliato.
Il libro “Piazza Fontana, noi sapevamo” di Sceresini, Palma, Scandaliato.
Il
libro di Nicola Rao “Il
sangue e la celtica”.
Il
link per ordinare il libro su internetbookshop.
Technorati:
Paolo
Cucchiarelli
Nessun commento:
Posta un commento