“Gatti che ronfano nei pomeriggi d'inverno: sono così le città di pianura. Neghittose e morbide nella loro indolenza festiva, conservano un cuore crudele e scattante. Per mimetismo come a caccia, stanno acquattate nella cova dei loro palazzi dove si predica caritatevoli e si progetta l'agguato. Sono introspettive, silenziose e meditabonde, votate a ruminare nevrosi dentro le loro nebbie”.
Già solo per un incipit come questo,
vale la pena leggersi l'ultimo romanzo di Valerio Varesi, “Il
commissario Soneri e la legge del Corano”. Come gli altri,
ambientato nella città di Parma, una delle città di pianura, ex
città industriale poi spogliata da un'amministrazione famelica poi
sfuggita alle proprie responsabilità.
E ora preda, come tante altre città
del nord, delle paure che ci vengono instillate quotidianamente. I
ladri, la criminalità, i furti, non si può uscire la sera, bisogna
barricarsi in casa.
Colpa degli immigrati, la polizia non
fa niente, li arrestano e poi li lasciano nuovamente liberi.
A Parma hanno ucciso un tunisino
nella casa di un anziano signore, cieco, che amava andare a guardare
i treni in stazione (come il personaggio del libro di Simenon). Gli
agenti della polfer lo hanno fermato nel suo girovagare per i binari,
forse si era perso. Accompagnatolo a casa, la scoperta del cadavere
di Hamed.
Il commissario Soneri, mentre si sta
recando a piedi verso via XX Settembre, si imbatte in una delle tante
ronde notturne: i bravi cittadini che con le loro passeggiate
notturne garantiscono la sicurezza (che lo stato non può più
garantire, il non detto).
Via Trento non era che l'esordio di un dimesso rettifilo che cominciava in città, tagliava la Bassa e finiva nel Po di Sacca. A metà strada incrociò un gruppo di uomini che camminavano schierati a pattuglia. Quello davanti a tutti, che indossava una giacca di foggia militare, lo squadrò con sospetto.
«Stia attento. Tira una brutt'aria in questa strada la sera», esordì con un piglio da vecchio caporale.
«Mica solo la sera!» rincarò uno dietro.
«Abita distante? È in macchina?»
Il commissario li studiò per qualche secondo prima di rispondere. Doveva essere una ronda di cittadini anticrimine.
«No, non abito qui, ma mi piace passeggiare. Anche a voi vedo.»
«Ci prende per il culo?» replicò l'uomo. «E' uno che va a troie, non vedi?» ridacchiò un altro. «Guardi che hanno sloggiato. Da queste parti non ci vogliono più stare nemmeno le puttane con tutti i delinquenti che girano.»
«Sono qui per quello,» annunciò serio Soneri. «Voglio che tornino le signore per farvi tanti bei servizietti.»
«Sarà mica un poliziotto? Di quelli a piedi come a Londra», risero gli altri. «Ci faccia vedere il tesserino.»
«Facciamo che sono io a chiedere i documenti a voi», si spazientì infine il commissario.
«Calma ragazzi», intervenne quello col giubbetto militare che sembrava il capo, «se è un questurino sarà venuto per un motivo, no? È successo qualcosa?»«Se non lo sapete voi che garantite l'ordine ..»
In quel momento passò una volante lentamente e si fermò a fianco. L'agente alla guida si sporse dal finestrino: «Commissario, serve un passaggio?»
«Si», rispose Soneri, «ci sono brutte compagnie in giro.»Lasciò il gruppetto e salì.
«Li conoscete?» chiese poi ai due agenti una volta partiti.
«Le ronde, commissario. Sono bravi diavoli. Girano fino alle tre di notte e ci segnalano i sospetti. Su dieci che ce ne dicono va bene se ce n'è una giusta.»«E' così scesa la fiducia nelle forze dell'ordine?»
«Dottore, c'è da capirli: ormai i politici hanno insegnato a rubare a tutti. Sono arrivati i ladri anche dall'estero! Sbarcano già imparati, ma qui hanno il master!» sghignazzò il poliziotto alla guida.
Soneri tacque intuendo la deriva del discorso.
[Il commissario Soneri e la leggedel Corano, Valerio Varesi Frassinelli editore]
C'è voglia di sicurezza. Sicurezza
per tutti gli episodi di criminalità di cui sentiamo parlare: la ragazza picchiata mentre stava andando in treno
verso Vigevano.
Giù le mani dai nostri bambini. Che
possono morire per il tumore nella terra dei fuochi o per i veleni
dell'Ilva di Taranto.
Giù le mani dalle nostre donne, che
possono essere picchiare e uccise da quegli italiani brava gente, che
poi quando arriva la stampa “sembrava tanto una brava persona”.
E non c'è ronda che li fermi, questi
femminicidi.
C'è voglia di sicurezza e c'è
voglia di ordine.
Basta con questa occupazione degli
stabili o della biblioteca all'università di Bologna.
O con le manifestazioni antifasciste
che tolgono il diritto a professare le loro idee a tutti i gruppi
come Casa pound o altri (ieri a Genova, poche settimane fa a Milano), che una stampa ignava chiama ancora estrema destra
ma forse potremmo anche chiamarli fascisti, una volta per tutte.
Basta con questi immigrati che stanno
tutto il giorno a spasso, pagati coi soldi tolti agli italiani, in
hotel a 5 stelle, a dar fastidio alla brava gente.
I nuovi Cie, servono. Servono più
poteri ai sindaci, che non hanno soldi nemmeno per mettere a posto le
strade e le scuole, ma tant'è..
Anzi, nemmeno i Cie: il presidente
della regione Lombardia, Maroni, andava oltre: bisogna tornare ai
respingimenti, ai centri di detenzione in nord Africa. Come ai bei
tempi di Gheddafi. Te lo ricordi Gheddafi?
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