Indovina chi viene a cena –
l'alimentazione sostenibile
Un innalzamento di 4 gradi
cancellerebbe la Groenlandia e l'Amazzonia.
Anche solo 1,5 grado di aumento,
farebbe sparire qualche piccolo paese, per lo scioglimento dei
ghiacci.
Questo chiedeva l'accordo di Parigi:
accordo rivendicato da Obama che però, nella sua amministrazione non
ha contenuto le cause del riscaldamento in America. Ovvero gli
allevamenti intensivi: il metodo moderno di produrre gli alimenti, la
carne e anche i loro alimenti, produce gas serra che finisce
nell'atomsfera.
Che fare?
Un allevatore in Texas ha messo su 4
ruote le galline che fanno da spazzine per i concimi lasciati dai
bovini al pascolo.
Per le galline lo sterco è come un
muffin: si riducono le emissioni e si risparmia sui mangimi.
In Toscana un allevatrice nostrana usa
le mucche maremmane come falciatrici dell'erba dei prati. Le
emissioni sono minori rispetto a quelle degli allevamenti intensivi,
il resto è compensato dai boschi.
Peccato che i boschi sul pianeta siano
in diminuzione.
La vera soluzione è la carne
sintetica: carne prodotta in laboratorio, prelevando del tessuto da
un animale, le cellule isolate vengono poi riprodotte.
In laboratorio si creano le catene di
materiale: si creano 80mila hambuger con 1 kg di materia prima.
Saranno così sufficienti, per sfamare
il pianeta, meno polli, meno suini, meno bovini. E anche meno consumo
di acqua.
Potremmo contenere l'innalzamento delle
temperatura nel pianeta.
In Islanda un ricercatore sta
coltivando verdure con acqua salata: usa un filtro prodotto da una
società milanese e grazie alla sua ricerca forse un giorno sarà
possibile coltivare terreni anche in zone saline.
La carenza d'acqua è causa delle
migrazioni in Africa, mentre noi stiamo consumando terreno per
produrre alimenti per gli allevamenti.
Tutto bello. Peccato che nel mondo ci
siano politici come Trump.
Siamo uno dei paesi che consuma più
acqua minerale: ce ne sono tante in commercio, sono tutte diverse e
alcune non possono essere consumate tutti i giorni.
Le aziende possono evitare di indicare
tutti i componenti: Report ha portato 32 campioni di acque minerali
in uno studio inglese, per capire cosa c'è dentro.
L'inchiesta di Claudia di Pasquale ha
cercato di capire come funzionano le norme sulle nostre acque
minerali: è non è stato facile.
A Napoli hanno fatto uno studio sulle
acque minerali, per capire la composizione dei terreni da cui
sgorgano. Altre università italiane hanno studiato, gratis, altre
acque del nostro territorio, come quelle che sgorgano da terreni
vulcanici.
Come a Nepi, dove l'acqua dei ruscelli
scorre su rocce vulcaniche: contengono Berillio, un metallo leggero.
Qui vicino si imbottiglia l'acqua di
Nepi: non esistono leggi che vietano le acque con Berillio,
l'organizzazione mondiale della sanità lo considera un elemento
raro, potenzialmente cancerogeno se inalato.
In Italia non abbiamo soglie per questo
metallo: il limite c'è solo nelle acque di falda, un paradosso della
legge.
Anguillara Sabazia si affaccia sul lago
di Bracciano: qui c'è lo stabilimento dell'Acqua Claudia, ricca di
Manganese.
I rubinetti dell'acqua pubblica sono
chiusi, proprio per la presenza di Manganese.
L'acqua minerale è però a norma.
Stesso discorso per Alluminio e
Fluoruro: per le acque minerali ci sono limiti superiori rispetto a
quella del rubinetto.
L'acqua al Fluoro non è consigliata
per l'infanzia: ma non è mai indicato, come mai? Perché il
legislatore ha fatto leggi diverse, una per il consumo umano e una
per l'acqua minerale?
Le acque minerali hanno limiti più
elevati o non hanno limiti: questo perché sono acque non trattate,
sono acque “minerali naturali”.
Va detto che sono differenze che
originano dalle leggi europee.
L'arsenico ha dei limiti molto bassi,
per la legge per gli effetti sul nostro organismo: ad Anguillara sono
stati rilevati valori alti di arsenico, così hanno dovuto installare
dei filtri.
Che non hanno funzionato bene e
necessitano di manutenzioni costose.
In altri comuni del Lazio sono stati
alzati, in deroga, i limiti di AS: studi delle ASL laziali hanno
riscontrato un'incidenza maggiore di tumori (per la soglia da 10-50
micro grammi).
Sotto i 10 micro grammi c'è una zona
grigia, ma l'obiettivo dovrebbe essere arsenico zero.
E nelle etichette delle bottiglie c'è
scritto se è presente Arsenico? Non c'è scritto, come non sono
scritti altri elementi della tavola periodica.
IL presidente di Mineracqua si difende
dicendo che non c'è spazio sull'etichetta e che non c'è obbligo per
legge.
Sarebbero informazioni non utili per
legge: ma noi come consumatori consapevoli vorremmo conoscere tutti
gli elementi che beviamo.
L'analisi delle 32 acque minerali.
La buona notizia è che sono tutte a
norma e sono anche le migliori in Europa.
In alcune è presente un po' di
arsenico (Ferrarelle, Santagata, Levissima), il berillio.
Le marche metterebbero sulle etichette
questi valori? Nessun marchio (come Ferrarelle) ha scelto di farsi
intervistare.
Siamo sul Vulture: qui c'è Acqua Toca,
gruppo Norda (famiglia Pessina).
Poco lontano c'è lo stabilimento della
Gaudianello: questo ha preso dei fondi pubblici dallo Stato, per
migliorare gli impianti.
Nessuna intervista nemmeno qui: ci sono
13 concessioni, alcuni di questi hanno preso dei fondi regionali.
Nessuna gara pubblica per le
concessioni: la regione Basilicata guadagna 1 euro per ogni 1000
litri.
Ma ora stanno valutando un incremento
delle royalties: il prezzo medio è questo in Italia.
Alcune regioni fanno pagare in base
alla dimensione della concessione: è un regalo insostenibile,
sostiene Legambiente.
Tutto giusto, risponde Mineracque,
visto i costi per la creazione degli stabilimenti: se si alzassero le
tasse per le aziende, lo Stato incasserebbe di più, con grande
dispiacere delle aziende delle acque minerali.
A Bolzano c'è uno scenario
incredibile: le aziende private pagano un canone da poche migliaia di
euro alle provincie.
Una è addirittura esentata: l'acqua
Forst di Merano, non paga alcun canone, in base ad una legge
regionale del 1954.
Il tutto è nato ad un accordo con la
provincia: io porto l'acqua ad alcune case sparpagliate sui monti, ma
in cambio non pago niente. Fino al 2038?
Eppure uno dei soci di Acque Forst è
proprio la provincia di Bolzano...
In Europa ci sono 140 reattori attivi:
è costoso tenerli attivi ed è anche costoso dismetterli.
In base agli standard di sicurezza le
centrali europee sono a posto: il servizio di Luca Chianca è andato
a vedere come stanno le cose.
In Slovenia c'è il reattore di Krsko:
rispettano anche qui gli standard di sicurezza, peccato che il
reattore sia in una zona sismica.
È stata costruita negli anni '70, con
conoscenze anti sismiche vecchie: uno stress test del 2011 hanno
rivelati che con accelerazioni del suolo superiori dello 0,8
metterebbero a rischio la messa in sicurezza del nucleo. Significa
terremoti di magnitudo 6, qualcosa già verificatosi qui.
Il direttore della centrale è però
sicuro e, anzi, vogliono costruire anche un nuovo reattore: i
francesi, chiamati per una consulenza, rispondono in modo negativo e
lanciano un allarme anche sul reattore attivo.
Krsko è in direzione della Bora: se
capitasse un incidente, l'inquinamento arriverebbe dritto in Italia.
Siamo in Belgio, sul porto di Anversa:
qui attraccano navi con container.
A fianco della banchina del porto ci
sono i reattori della centrale: il villaggio che sorgeva a fianco
della centrale è oggi abbandonato, a Dulle.
In Belgio ci sono molti reattori
vecchi, dovrebbero durare 30 o al massimo 40 anni: nel 2015 dovevano
essere chiusi, almeno i più vecchi.
Ma sono stati lasciati aperti, con una
deroga, senza fare controlli: solo dopo Fukushima sono stati fatti
dei test, che hanno portato alla scoperta di crepe, fessurazioni nel
reattore.
Lo scenario peggiore è la rottura del
contenitore del nucleo, che porterebbe alla dispersione
nell'atmosfera delle radiazioni.
Sostituire i reattori costa milioni,
costruirne di nuovi costa miliardi: negli anni 70 si diceva,
sbagliando che la loro manutenzione sarebbe stata economica.
Tutto falso: il decomissioning non è
sostenibile e i governi spesso non hanno una visione energetica e
così la vita delle centrali viene prorogata.
Si va in Francia a Fessenheim: è la
centrale più vecchia, ha 40 anni di vita, ben il doppio della sua
vita stimata. Sorge in un'area abitata, attorno vivono almeno 1 ml di
persone.
Le persone che vivono attorno alla
centrale ha a disposizione le pastiglie di iodio, per proteggere la
tiroide: ma tutti hanno paura.
In caso di evacuazione si dovrebbero
spostare 1 ml di persone: cosa impossibile per la mancanza di mezzi
necessari.
Le autorità si sono accorte ora di
problemi al generatore di vapore: il rischio è che l'acqua usata per
raffreddare il reattore si disperda.
Il problema dei generatori è
nell'acciaio: non sono perfette come dicono i certificati.
Areva aveva falsificato la
certificazione: è il secondo produttore al mondo di centrali
nucleari, nel 2008 ha ignorato un difetto nei reattori, che non era
nemmeno il primo.
Decine di centrali nucleari sul
territorio francese non sarebbero a norma: tutti i paesi europei sono
messi in pericolo dalla presenza delle centrali francesi.
Non ha funzionato il controllo interno
e nemmeno il controllo delle autorità del governo francese.
Alta Normandia, estremo nord della
Francia: qui è in costruzione un nuovo reattore EPR, il fiore
all'occhiello di Areva. Ma anche qui sono stati scoperti dei difetti
nel carbonio: forse entrerà in funzione nel 2018, un aumento di
costi e un aumento di tempi della messa in produzione.
Siamo passati da 3 a 11 miliardi.
Due EPR dovevano essere costruiti in
Inghilterra, altri in Cina.
Nel 2009 Berlusconi aveva scelto
proprio i reattori di Areva per la politica energetica dell'Italia:
avremmo speso almeno 40 miliardi (per fortuna c'è stato il
referendum).
Ora Areva è stata salvata dal governo
francese: il problema è che è proprio il nucleare che è un settore
che ha dei problemi.
Anche Westinghouse, società americana,
ha rischiato il crollo.
Le centrali possono essere costruite
solo con finanziamenti pubblici, per chi se li può permettere.
Gli altri devono mettere in conto un
alto costo per la dismissione.
E in Italia?
Nel 2000 nasce Sogin, sosietà pubblica
per la dismissione delle centrali: è finanziata dalle nostre
bollette e dovrebbe mettere in sicurezza i vecchi impianti.
2000 tonnellate di sostanze pericolose
che dovevano essere trasferite nel deposito nazionale entro il 2023,
ma già la data è stata sposta più avanti.
In Italia non abbiamo depositi pensati
per i lunghi periodi: a Garigliano abbiamo ad esempio in deposito
provvisorio, che rimarrà aperto fino al 2025.
A Saruggia, in provincia di Vercelli,
c'è il deposito più pericoloso: sorge in mezzo a canali di acqua,
la zona peggiore per questi impianti.
In mezzo alla Dora Baltea: nel 2000 gli
impianti sono finiti sott'acqua per l'esondazione del fiume.
Abbiamo sfiorato la catastrofe per
poco, commentò il nobel Carlo Rubbia.
LA falda superficiale è stata
contaminata, non quella in profondità da cui pescano i pozzi: sempre
a Saruggia Sogin sta costruendo altri depositi “temporanei”.
Altri costi, altre spese, sempre in una
zona a rischio. Sempre temporaneamente....
Sogin ha speso 3 miliardi: di questi un
terzo sono finiti per pagare la sede e gli stipendi.
Regione della Champagne: qui la
Francia ha costruito il deposito nazionale per le scorie. È stata
scelta questa zona per il terreno argilloso, i bidoni che arrivano
sono registrati e stoccati in cubi di cemento, con dei tunnel per
contenere eventuali perdite.
Tutti i paesi europei dovrebbero avere
un deposito come quello francese: l'Italia rischia per questo una
sanzione dall'Europa. La mappa per la scelta del sito italiano è
ferma all'estate 2016, in attesa di un timbro dal ministero.
Hanno paura di dover pubblicare la
lista di siti idonei, per la contrarietà delle regioni italiane: qui
da noi è sempre tempo di elezioni e un deposito significa proteste,
perdita di voti...
In Italia abbiamo una scadenza: entro
il 2025 dovremmo avere questo deposito, perché in quella data la
Francia ci restituirà 225 miliardi di scorie trattate.
La nostra credibilità come paese passa
anche da queste scelte...
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