La Michela
Milano, giovedì 2 maggio 1963
Carlo cercò di mettere a fuoco il marchio del Cynar stampato sull'enorme specchio dietro il bancone del locale della Michela. La donna lo osservava già da un po' con uno sguardo a metà tra il divertito e l'affettuoso. Ironico, o và a sapere. Non le sarebbe mai crollato davanti. Non era soltanto la sua implacabile eleganza, aveva un trucco che in fondo era sempre lo stesso: fissarsi su qualche particolare, ricacciando indietro gli assalti dell'alcol alla bocca dello stomaco e al cervello.Ma c'era poco da fissarsi su quel grosso carciofo, o sul grottesco faccione della spuma Giommi, era chiaro che aveva esagerato.
«Ti piacerebbe se rimanessi a dormire qui?»
Ci stava tornando troppo spesso in quel sottoscala. E sempre da solo. Di amici non ne vedeva girare molti intorno a sé, ultimamente. Per non parlare di donne. Non gli andava giù che la storia con l'Enrica fosse finita, e quella con l'Elisabetta, poi, gli era valsa giusto un tetto sulla testa e una branda su cui dormire.Gli restava la Giulietta.Sembra l'inizio di un romanzo hard boiled americano degli anni '40, col protagonista alle prese con una sbronza.
Ma in questa caso il protagonista non è un investigatore, ma bensì un giornalista de Il giorno. Appena mollato (senza troppe spiegazioni) dalla fidanzata.
E rimasto solo, con la sua auto. La "rossa" Alfa Romeo Giulietta del 1960.
Inizia così il romanzo noir del vicedirettore del Corriere Daniele Manca "La rossa" (Rizzoli).
Un giornalista che poi si ritrova dentro una storia molto più grande di lui.
Uno scandalo nero, come il petrolio.
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