18 giugno 2017

Disuguaglianze

Questa mattina, mentre facevo colazione, seguivo la coda della trasmissione Omnibus.
Diciottenni che possono scegliere (più o meno consapevolmente) se guadagnare tanti milioni cambiando squadra o guadagnarne meno e rimanere al Milan. Solo c'è dietro un procuratore che ragiona secondo le logiche del profitto personale in un mercato calcistico che sta diventando una bolla finanziaria.
È il mercato, dicono. Quando la bolla esploderà, vedremo chi sistema i cocci.

Ci sono altri diciottenni (e ventenni e trentenni) costretti a lavorare con voucher, con contratti a termine, con stipendi che nemmeno arrivano a diciotto anni.
Ma i voucher non ci sono più, il jobs act ha creato occupazione … 
Il mondo fuori è quello che ognuno vede o vuole vedere, coi laureati costretti ad andare all'estero per sentirsi valorizzati (e non essere pagati come partite iva).

Le aspettative di vita crescono e allora il governo, ad ottobre, potrebbe innalzare l'età pensionabile fino a 67 anni. Buon senso dicono.
Tutto questo che influenza ha sul mondo del lavoro?
Avremo sempre più persone occupate anche in lavori usuranti, con contratti più o men veri (perché entrati nel del lavoro prima).
E le fasce più giovani che per entrare nel mondo devono accettare contratti peggiori e condizioni peggiori.
Peccato che siano molti milioni gli italiani che hanno smesso di curarsi perché non ne hanno i mezzi.

Lavoreremo più a lungo, sempre di meno, per un lavoro più stressante.
Questo è il rischio che corriamo se non cambiamo approccio, se non lottiamo contro le disuguaglianze.

E queste non nascono perché c'è l'accoglienza, perché stiamo per approvare lo ius soli, perché ci sono gli immigrati.
E nemmeno perché si fanno scioperi di venerdì (scioperi che passano per un garante, tutelati dalla Costituzione, indetti da sindacati che rappresentano lavoratori, cioè persone).


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