Questa mattina, mentre facevo
colazione, seguivo la coda della trasmissione Omnibus.
Diciottenni che possono scegliere (più
o meno consapevolmente) se guadagnare tanti milioni cambiando squadra
o guadagnarne meno e rimanere al Milan. Solo c'è dietro un
procuratore che ragiona secondo le logiche del profitto personale in
un mercato calcistico che sta diventando una bolla finanziaria.
È il mercato, dicono. Quando la bolla
esploderà, vedremo chi sistema i cocci.
Ci sono altri diciottenni (e ventenni e
trentenni) costretti a lavorare con voucher, con contratti a termine,
con stipendi che nemmeno arrivano a diciotto anni.
Ma i voucher non ci sono più, il jobs
act ha creato occupazione …
Il mondo fuori è quello che ognuno
vede o vuole vedere, coi laureati costretti ad andare all'estero per
sentirsi valorizzati (e non essere pagati come partite iva).
Le aspettative di vita crescono e
allora il governo, ad ottobre, potrebbe innalzare l'età pensionabile fino a 67 anni. Buon senso dicono.
Tutto questo che influenza ha sul mondo
del lavoro?
Avremo sempre più persone occupate
anche in lavori usuranti, con contratti più o men veri (perché
entrati nel del lavoro prima).
E le fasce più giovani che per entrare
nel mondo devono accettare contratti peggiori e condizioni peggiori.
Peccato che siano molti milioni gli italiani che hanno smesso di curarsi perché non ne hanno i mezzi.
Lavoreremo più a lungo, sempre di meno, per
un lavoro più stressante.
Questo è il rischio che corriamo se
non cambiamo approccio, se non lottiamo contro le disuguaglianze.
E queste non nascono perché c'è
l'accoglienza, perché stiamo per approvare lo ius soli, perché ci
sono gli immigrati.
E nemmeno perché si fanno scioperi di
venerdì (scioperi che passano per un garante, tutelati dalla
Costituzione, indetti da sindacati che rappresentano lavoratori, cioè
persone).
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