«Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo c’è stata l’urgenza di… Ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni in Sicilia… Lui voleva scendere… Però in quel periodo c’erano i vecchi, e lui mi ha detto ‘ci vorrebbe una bella cosa’». Così parlava il 10 aprile 2016, durante l’ora d’aria nel cortile del carcere di Ascoli Piceno, il boss mafioso Giuseppe Graviano, già condannato per le stragi del 1992 e del 1993, chiacchierando con il detenuto suo compagno di passeggio. E tre mesi prima, il 19 gennaio 2016: «Vuoi sapere la mia osservazione su Berlusconi? Questo ha iniziato, stiamo parlando quando era lui, dal Settanta, ha iniziato con i piedi giusti… ha avuto non dico niente, a fortuna, mettiamoci la fortuna da solo, e si è ritrovato a essere quello che è». Poco dopo Graviano aggiunge: «Quando lui si è ritrovato ad avere… un partito così nel ’94… lui si è ubriacato perché lui dice ma io non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato, mi sono spiegato?... Pigliò le distanze e ha fatto il traditore».
Le microspie della DiaI dialoghi sono state intercettati nella prigione dove Graviano sta scontando diversi ergastoli al «41 bis», tra la primavera del 2016 e quella del 2017, e oggi i pubblici ministeri di Palermo Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi hanno depositato le trascrizioni di quei dialoghi al processo sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia a cavallo delle stragi mafiose. Nei dialoghi registrati dalle microspie della Dia, Graviano — il capomafia del quartiere palermitano di Brancaccio, agli ordini del quale si muoveva il pentito Gaspare Spatuzza che ha rivelato i suoi contatti con Berlusconi e Dell’Utri quando stava nascendo il partito di Forza Italia – secondo gli inquirenti sembra riferirsi proprio all’ex presidente del Consiglio quando dice al detenuto con cui passeggia, il 14 marzo scorso: «Venticinque anni mi sono seduto con te, giusto? Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi è successa una disgrazia, mi arrestano (Graviano fu arrestato a Milano nel gennaio 1994, ndr), tu cominci a pugnalarmi, per che cosa? Per i soldi, perché tu ti rimangono i soldi… dice non lo faccio uscire più, perché sa che io non parlo, perché sa il mio carattere… Perché tu lo sai che io mi sto facendo, mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta e senza soldi… alle buttane (le prostitute, ndr) glieli dà i soldi ogni mese… Io ti ho aspettato fino adesso perché ho 54 anni, i giorni passano, gli anni passano, io sto invecchiando e tu mi stai facendo morire in galera…».
Anche queste (intercettazioni) finiranno tra le carte del processo sulla trattativa stato mafia (che non è presunta) di Palermo.
Sono frasi che potrebbero essere interpretati come messaggi del mafioso (come quelli di Riina sempre dal carcere) che si sente deluso dal politico.
Berlusconi.
Oppure, secondo un'altra interpretazione, sono messaggi inventati, giusto per screditare.
Di certo c'è che c'è ancora abbastanza da scavare su quei mesi tra prima e seconda repubblica. Quando si dovevano rottamare la vecchia classe politica, i vecchi residuati dei servizi, la mafia corleonese che si era permessa di fare la guerra allo Stato e che si era allargata troppo.
Nel suo libro (La strategia dell'inganno Chiarelettere), Stefania Limiti cita una frase ancora più chiara, di Spatuzza:
un dialogo tra Francesco Giuliano e Gaspare Spatuzza. Alla domanda di Giuliano: «Ma noi perché abbiamo fatto questi attentati? Per Andreotti o per Berlusconi?»Siamo a fine 1993 ed inizio 1994, Forza Italia stava nascendo e, sempre nello stesso periodo, la mafia abbandonava il progetto secessionista di Sicilia Libera per appoggiare totalmente i candidati della neonata Forza Italia (almeno così dicono i pentiti).
Bisognava far spazio al nuovo, o almeno a quello che appariva al paese come nuovo.
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