Stefania Limiti è una
giornalista del Fatto Quotidiano, per Chiarelettere ha pubblicato
diversi saggi della nostra storia contemporanea, che affrontano il
tema dell'eversione, dei servizi segreti deviati e della strategia
della tensione.
Il suo obiettivo è la ricostruzione di pezzi ancora
oscuri della nostra storia attraverso la lettura delle sentenze
giudiziarie e interviste ai protagonisti.
L'ultimo suo libro, “La
strategia dell'inganno” prova a rileggere tutti gli
episodi di sangue, le stragi e i tentativi di strage, delitti
eccellenti e tentativi di golpe, secondo una chiave di lettura nuova.
Le bombe di Capaci e via D'Amelio, i
delitti della Uno Bianca, i tentativi di golpe e i golpe annunciati a
mezzo stampa (vi ricordate ancora la storia di Lady Golpe, al secolo
Donatella Di Rosa? E del tentato golpe a Saxa Rubra) sono tutti
episodi di una guerra psicologica avvenuta in Italia in un periodo
particolarmente nevralgico e delicato della nostra storia.
La caduta del muro di Berlino, le
inchieste di Milano, la sentenza della Cassazione sul maxi Processo
di Palermo alla mafia, indicavano la necessità di ricercare nuovi
equilibri politici che, secondo lo spirito gattopardesco che tante
volte aveva contraddistinto le rivoluzioni in Italia, facesse
cambiare tutto per non cambiare niente.
L'alleanza atlantica e la rivelazione
dei segreti nei cassetti, specie quelli che riguardavano le stragi
degli anni '70.
Un nuovo patto con la mafia (o le
mafie) al sud.
Una pensione senza troppi scossoni per
gli ex gladiatori, la cui esistenza era stata rivelata (ma senza
entrare troppo nei dettagli e mentendo sulle date) ad ottobre 1990
dal presidente del Consiglio Andreotti.
Fantastoria? Complottismo?
Può darsi.
Prima di procedere con una analisi più
approfondita del come (come è stata attuata la guerra psicologica in
Italia), del chi (chi ha messo le bombe, chi ha creato gli allarmi),
in un capitolo del libro Stefania Limiti raccoglie tutta la
cronistoria di fatti criminali avvenuta in quei due anni.
Il 5 gennaio 1992 viene collocato un
ordigno lungo la ferrovia Brindisi Lecce: la strage è evitata perché
il treno viaggia con qualche minuto di ritardo.
IL 30 gennaio 1992 la Cassazione
conferma le sentenze di ergastolo per i boss di cosa nostra: Riina
manda un suo commando di killer a Roma per cercare di uccidere
Falcone, Maurizio Costanzo, Andrea Barbato e Claudio Martelli.
L'operazione viene interrotta, c'è qualcosa di più urgente da fare
in Sicilia.
Oltre ai nomi sopra, Riina progetta
anche gli omicidi di politici colpevoli di non aver rispettato i
patti: Andreotti, Mannino, Salvo Andò. E pure Antonio di Pietro e il
capitano Ultimo.
Il 12 marzo 1992 viene ucciso
l'eurodeputato Dc Salvo Lima.
Il 23 maggio 1992 si consuma la strage
di Capaci.
Il 19 luglio 1992 quella di via
D'Amelio.
Il 17 novembre 1992 viene ucciso
Ignazio Salvo, l'imprenditore legato a cosa nostra.
Alla fine del 1992, sul pavimento di un
museo di Firenze viene versata della benzina che per fortuna non
prende fuoco. Il racconto è del pentito Gioacchino La Barbera, che
lo aveva appreso dal mafioso Santo Mazzei, mafioso a disposizione dei
corleonesi e autore dell'atto.
Il 5 novembre a Firenze un giardiniere
di Boboli trova un sacchetto dell'immondizia all'apparenza vuoto.
Quando lo apre trova dentro una bomba da mortaio da 45 mm, un vecchio
residuato bellico.
Era stata lasciata lì proprio da Santo
Mazzei, che aveva fatto una rivendicazione all'Ansa, parlando in un
dialetto siciliano così stretto che il centralinista non aveva
capito nulla.
Una bomba vera e propria, nascosta in
un'automobile, scoppia il 14 maggio 1993 in via Fauro, nel quartiere
Parioli a Roma. Doveva colpire la mercedes di Maurizio Costanzo che,
per fortuna, si salva. Muore per lo spavento della deflagrazione, una
donna di settant'anni, 23 persone rimangono ferite.
Nella notte tra il 26 e il 27 maggio, a
Firenze in via dei Georgofili, esplode una bomba che uccide perosne e
causa il ferimento di altre quarantotto, oltre ad ingenti danni di
inestimabile valore.
Spunta la sigla della Falange Armata
che rivendica l'attentato col codice identificativo 763321, lo stesos
utilizzato a Capaci e in via D'Amelio.
Il 2 giugno 1993 viene scoperta
un'autobomba in via Sabini, a cento metri da Palazzo Chigi: non c'è
l'innesco è solo dimostrativa.
Nella notte tra il 27 e il 28 luglio
1993 scoppiano questa volta veramente tre bombe nel giro di 54
minuti.
La prima alle 23.14 in via Palestro,
provocando cinque vittime, tre vigili del fuoco, un vigile e un
immigrato che dormiva su una panchina.
A mezzanotte e tre minuti, a Roma
esplodono due bombe: la prima in San Giovanni al Laterano, la
seconda, mentre le forze dell'ordine si dirigono nella zona, in San
Giorgio al Velabro.
Quella notte Palazzo Chigi resta
isolato a causa di un black-out telematico: il presidente del
Consiglio Ciampi è costretto ad usare il suo cellulare privato.
Nel suo discorso per la commemorazione
della strage alla stazione di Bologna (a cui non doveva partecipare),
Ciampi pronuncia un discorso nel quale fa espliciti riferimenti alla
Loggia P2.
Il 29 luglio una nota del Sismi da atto
che in via confidenziale, tra il 15 e il 20 agosto successivi,
avrebbe avuto luogo un attentato contro una personalità di rilievo,
Giorgio Napolitano o Giovanni Spadolini. La magistratura verrà a
saperlo solo dopo 10 anni.
Il 30 luglio viene ritrovato un ordigno
accanto al carcere militare di Forte Boccea, dove è detenuto Bruno
Contrada, numero tre del Sisde, con l'accusa di concorso esterno in
associazione mafiosa.
Gli artificieri riescono a disinnescare
la bomba un quarto d'ora prima dello scoppio.
Il 18 settembre un'autobomba esplode
davanti la caserma dei carabinieri di Gravina di Catania: quattro
militari rimangono feriti.
Un ordigno composto da una miscela di
pentrite esplode tra il 21 e il 22 ottobre sul davanzale della
finestra del Palazzo di Giustizia di Padova, provocando danni ma non
vittime.
Il 27 gennaio del 1994 è fissato un
altro attentato contro i carabinieri: un'autobomba posteggiata in via
dei Gladiatori, vicino allo stadio Olimpico. L'innesco non funziona e
inspiegabilmente gli stragisti decidono di non riprovarci.
Il 14 ottobre arriva a Roma il nuovo
ambasciatore americano Reginald Bartholomew: doveva essere destinato
a Tel Aviv, ma viene dirottato d'urgenza in Italia. Gli spiegano che
“data la situazione, a Roma ci serve proprio uno come lei, un
diplomatico di carriera, un professionista col suo cv”.
Lui racconta: “il sistema italiano
stava mutando rapidamente e c'era molta incertezza. Avevo ricevuto un
mandato preciso: fare in modo che si potesse attraversare quella fase
così difficile con meno danni possibili e uscendone con le relazioni
Italia-USA e Italia-Nato ancora intatte”.
Nei primi giorni di novembre si
svolgono le esercitazioni di difesa da ipotetiche guerre civili,
chiamate Ditex Superga Sette, nella zona della regione militare nord
ovest di Torino.
La notizia suscita allarme sulla stampa
ma gli ambienti militari sostengono che si tratta di operazioni
periodiche e fatte sulla carta.
Il 18 gennaio 1994 l'obiettivo sono
ancora i carabinieri: in un agguato a Scilla, in Calabria perdono la
vita due carabinieri (Antonino Fava e Vincenzo Garofalo).
Il 24 gennaio viene sventato un
attentato contro il procuratore della Repubblica di Trapani, Luca
Pistorelli, titolare delle inchieste su Gladio e massoneria.
Pistorelli lascerà quasi subito la Sicilia per passare ad altro
incarico.
All'elenco vanno aggiunti i delitti
della Uno Bianca: tra il 1987 e il 1994 hanno causato 24 morti, 102
feriti in 103 azioni criminali e 91 rapine.
E gli attentati di Unabomber: un
bombarolo seriale rimasto sconosciuto, autore di ordigni lasciati in
luoghi pubblici che provocarono lesioni e menomazioni alle sue
vittime.
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