20 novembre 2017

L'ipocrita soluzione sui flussi migratori

Cosa non funziona degli accordi con la Libia per il contenimento dei flussi migratori, come è andata a finire l'inchiesta sul prosecco, ma prima il servizio sull'inquinamento causato dai caminetti


In Lombardia il 44% del PM10 proviene dai riscaldamenti dei camini delle case, anche quelli a pellet.
Ci sono delle differenze però: un vecchio camino aperto inquina da 10 a 100 volte di più rispetto di una stufa a pellet moderna.
Così, se uno si chiude in casa, spesso ha più concentrazione di inquinanti dentro che fuori: il caminetto aperto è così bello da vedere ma bisogna essere consapevoli della sua pericolosità.
In Canada, dove hanno legna da vendere per tutto il mondo, è vietato bruciare legna nei camini aperti: si possono usare solo camini a tenuta stagna. Oppure ricorrere agli ologrammi ..

C'è un altro aspetto da tener presente: il pellet certificato inquina 10 volte meno della legna e 4 volte di meno del pellet non certificato, occorre stare attenti dunque a che legna si compra e come la conserviamo.

La scheda del servizio: POLVERI ALLE STELLE di Antonella Cignarale
Qui un'anticipazione su Raiplay
Stando seduti davanti al fuoco spesso ci si incanta, ma quanti sanno che il simpatico caminetto emette le assai nocive polveri sottili? Oggi il riscaldamento a legna pesa per il 65% sul totale delle emissioni nazionali di particolato, per il resto causate da traffico, attività agricole e industriali. Ma c’è differenza tra un camino tradizionale aperto e una stufa ad alto rendimento energetico, che consuma poco e di conseguenza emette meno polveri nell’aria. La legna è considerata fonte energetica rinnovabile e in quanto tale andrebbe favorita secondo l’accordo sul clima di Parigi firmato dall’Italia. Dipende però da come si brucia. Secondo l’Arpa Lombardia una tonnellata di legna permette di evitare l’emissione di circa 80 kg di CO2 se bruciata in un camino aperto e di circa 900 kg di CO2 se bruciata in una stufa efficiente. E il pellet? È segatura pressata, tutto naturale… davvero? E come si sceglie? Se vogliamo che il fuoco ci incanti e non ci intossichi, come bisogna accenderlo? Se va bene il blocco della circolazione, allora anche la stufa della nonna va rottamata, accenderla è un crimine ambientale tanto quanto bruciare i resti di un mobile verniciato. L’Unione europea ci ha più volte richiamati per infrazione dei limiti stabiliti, basti pensare che nei territori del bacino padano il limite giornaliero di 50mg di polveri presenti nell’aria che respiriamo viene costantemente superato anche del triplo. Per anni ci si è affidati alla danza della pioggia e adesso le regioni corrono ai ripari, per cui in alcune zone non si potrà più nemmeno accendere il vecchio caro caminetto inquinatore, in altre si vieteranno le stufe a 2 stelle, le stesse per le quali sono stati appena erogati gli incentivi.

L'emergenza sbarchi e la soluzione ipocrita dell'Italia
L'accordo con la Libia, o meglio con uno dei due governi della Libia, quello di Serraj, doveva porre fine agli sbarchi e alle morti nel Mediterraneo.
La tregua, pagata coi nostri soldi finiti ai signori della guerra e ai trafficanti è durata solo pochi mesi: ora sono ripresi gli sbarchi e pure le morti (a Salerno sono arrivate 26 donne morte).

L'accordo con Serraj (che forse nello scontro tra potenti in Libia si è pure rivelato il cavallo sbagliato) era l'unica soluzione possibile per limitare i flussi e per gestire l'immigrazione?
Report aveva presentato nel maggio 2016 un sua proposta per gestire l'immigrazione che cercava di tenere assieme i principi dell'accoglienza, dell'integrazione nel nostro paese e anche della creazione dei posti di lavoro. Una soluzione dove era lo Stato che si prendeva in carico la gestione degli immigrati, senza passare per delle cooperative (bianche o rosse), che si sono rivelate ad oggi solo degli sprechi e cattiva gestione
Serve una gestione integrata e unitaria per accogliere i profughi, perché ora nemmeno le parrocchie riescono a gestire i flussi: il sottosegretario Manzione, intervistato, ammette che se dovessero arrivare i 300mila profughi stimati si dovrà lavorare ancora in emergenza.E se si dovesse fare noi l'accoglienza con una gestione pubblica?Già oggi spendiamo soldi nostri, abbiamo gli spazi (ex ospedali, ex caserme, beni confiscati alla mafia) per creare piccole stanze, aule per i corsi con regole severe (se non segui i corsi, non vieni accolto).Dopo al massimo di sei mesi i profughi hanno in mano uno status per capire se possono rimanere o meno: il costo per tutto è stimato in 2 miliardi di euro, per avere poi un patrimonio riqualificato.Ci sono i costi per il personale, con un costo annuo di 750ml, 15 ml per i medici, per il vitto, gas .. un altro miliardo.IL totale annuo è 2165ml di euro: il vantaggio di questa soluzione è che crea lavoro, da una maggiore percezione in sicurezza.

Il servizio di Claudia Di Pasquale, dopo il video diffuso dalla CNN, ci aiuterà a comprendere quanto fosse stata ipocrita, poco lungimirante e poco rispettosa dei diritti umani la scelta fatta questa estate dal ministro Minniti.

La scheda del servizio: UN MARE DI IPOCRISIA Di Claudia Di Pasquale
La rotta migratoria del Mediterraneo centrale dalla Libia verso l'Italia rappresenta l'80% dei flussi migratori dal Nord Africa verso l'Europa. Dal 2011 a oggi in Italia sono sbarcati oltre 700.000 migranti; quest'estate i flussi sono drasticamente crollati, per poi riprendere in questi giorni. Cosa è accaduto in Libia? Quali sono le politiche adottate dall'Europa e dall'Italia per gestire i flussi migratori e contrastare il traffico di esseri umani? Dall'addestramento della guardia costiera libica al ruolo svolto dalle ong, fino alle missioni dell'Unhcr, il servizio cercherà di capire cosa sta succedendo oggi nel Mar Mediterraneo.

Com'è andata a finire? L'inchiesta sul prosecco

Nell'anticipazione su Raiplay, il presidente Zaia smentisce le voci su suoi investimenti nel prosecco, i genitori hanno del terreno ma non coltivano nemmeno una pianta.
Le voci che Iovene aveva raccolta sono evidentemente delle falsità.
Ma non sono false le denunce delle persone in Veneto che hanno a che fare coi pesticidi usati nei vigneti, vicino alle case.
Queste persone, riunite in comitati come quello delle “Rive sane colle Umberto” non sono contro la cultura delle viti, ma contro l'intensificazione della cultura, che non è lungimirante e non guarda il futuro.
Denunce raccolte nella zona del DOCG dove si produce il prosecco superiore, zona candidata a patrimonio Unesco dell'umanità.
Anche se i regolamenti vietino l'uso delle sostanze più pericolose, gli abitanti denunciano violazioni e mancanza di controllo,

LA FRAZIONE DI PROSECCO di Bernardo Iovene

Ritorniamo sul prosecco, il vino spumante più venduto nel mondo. L’uva del prosecco è pagata più del doppio rispetto agli altri vitigni. Tra DOC e DOCG, oggi si vendono 510 milioni di bottiglie, e la richiesta supera l’offerta. Gli ettari coltivati a prosecco sono arrivati a 30.000, erano circa 10.000 nel 2009. Ormai si parla di monocoltura, ma il rovescio di questo successo sono colture intensive a ridosso di case, scuole e impianti sportivi che nel periodo dei trattamenti con i pesticidi creano problemi agli abitanti delle zone in provincia di Treviso. A un anno dall’inchiesta sul vino e sulla frazione di Prosecco in provincia di Trieste andiamo a vedere quali sono le novità, cosa hanno fatto i comitati, i comuni, i consorzi del prosecco DOCG e DOC, le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia. Questa volta il presidente del Veneto Luca Zaia risponde alle domande di Bernardo Iovene sui trattamenti delle vigne, sul biologico, sul protocollo d’intesa con la frazione di Trieste e sull’operazione del 2009 che ha portato al successo e alla creazione della DOC più grande d’Italia. La governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani preferisce glissare e delega il suo assessore all’agricoltura a rispondere sul protocollo. Intanto nella frazione di Prosecco gli abitanti, in attesa che vengano rispettati i patti, hanno cominciato a produrre le prime bottiglie del prosekar.

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