28 febbraio 2018

L'inverno della Guerra fredda


Bruno Arcieri si alzò dal letto e aprì la finestra, con un po' di fatica. Rabbrividì per l'aria fredda di gennaio, ,a era una magnifica mattinata, azzurra e limpida. Sui tetti spuntavano i primi raggi del sole e in lontananza brillava uno spicchio arancio della Cupola di San Pietro.
Sentì passare il tram. Roma si svegliava piano, sotto di lui.
Richiuse le imposte e uscì dalla camera. In salotto, l'aria era piena di polvere sospesa. Restavano da portar via solo un divano e due poltrone di velluto verde. Potevano far comodo ai ragazzi della Comune, ma certo spedirle a Firenze sarebbe costato un sacco di soldi.
Entrò nella stanza che era stato il suo studio. Ormai restavano solo gli scaffali vuoti, tutto il resto era da tempo nella casa che divideva con Marie. Scosse il capo. In quell'appartamento aveva vissuto il suo poco tempo con Elena. Vederlo ridotto così, senza più nulla, coi ricordi appesi al vuoto, gli dava un gran malinconia.
Prese dalla tasca l'orologio che gli aveva regalato Marie e i ragazzi per Natale e che ancora non si decideva ad allacciare al polso. stava facendo tardi, il maggiore Bertini lo aspettava per le nove.
[L'ultima scelta, Leonardo Gori – TEA Edizioni]




Nell'ultimo romanzo “Non è tempo di morire”, avevamo lasciato l'ex colonnello dei servizi Bruno Arcieri con in mano una borsa contenente delle carte che rivelavano i mandanti occulti della strage di Piazza Fontana.
Quest'ultimo, “L'ultima scelta” parte proprio da Roma, con Arcieri che, abbandonata Firenze, la sua Marie, i ragazzi della Comune, arriva a Roma in una fredda mattina di gennaio 1970, per incontrare il maggiore Bertini, dei servizi.
Non è ancora tempo di andare in pensione, per sempre, e ritrovare finalmente pace, per Arcieri: c'è ancora un'ultima missione, che gli verrà affidata proprio da Bertini.
Un agente legato ai servizi americani che vuole incontrare proprio lui per rivelargli informazioni importanti sui servizi deviati, collegati alla bomba di Milano.

Un'ultima missione, che lo metterà di fronte ad una scelta definitiva sulla sua vita. 

Moderati, chi?

Il moderato Berlusconi non può accettare l'appoggio di Casapound alla Lega del non moderato Salvini.
In un mondo alla rovescia, in una campagna elettorale dove non si può raccontare la verità per una sorta di ipocrisia, succede anche questo.
Considerare un moderato uno come Berlusconi, nonostante le condanne e tutto le sentenze dei giudici hanno messo nero su bianco.

Così come facciamo fatica a concepire l'endorsement di Lerner per +Europa di Emma Bonino:

"Per i pochi a cui interessa: vinta la tentazione di astenermi, anch'io domenica prossima voterò +Europa riconoscendo a Emma Bonino coerenza e lungimiranza su un tema scottante come l'immigrazione".

Bonino è alleata (per modo di dire) con il PD di Renzi, Gentiloni e Minniti: quelli degli accordi con la Libia per tenersi i migranti a casa loro, sotto chiave che è meglio.
La politica modello "+Europa" della Bonino è quella delle privatizzazioni, che considera il jobs act solo un pezzo delle riforme ancora da fare:

Il modello di flexsecurity del Jobs Act, basato su una maggiore flessibilità in uscita attraverso la riduzione delle tutele in caso di licenziamento e su una copertura quasi universale dei sostegni al reddito per chi ha perso il lavoro, non è quindi da considerare la panacea di tutti i mali, ma una tessera di un puzzle di riforme ancora da realizzare

Niente diritti sociali, che costituiscono una spesa nel voce di bilancio, visto che dobbiamo tenere ferma la spesa per 5 anni, ma solo diritti civili per i singoli.
Concetta, la protagonista del libro di Lerner, sarà felice di questa scelta di Lerner.
Ma è la moderazione, che oggi come ieri, sta bene su tutto.

27 febbraio 2018

La squadra migliore (e il futuro centrosinistra)

Dopo Veltroni, tocca all'alleata Bonino lanciare il messaggio:  
Renzi o Gentiloni? "Serve un periodo di maggiore rassicurazione di questo Paese perché il Paese bisogna portarselo dietro. Contro il Paese è difficile cambiare. L'esperienza e le modalità di Gentiloni possono essere più propizie per un'inclusione. Questo Paese è pieno di insulti e volgarità". 

Meglio Gentiloni dunque: non provoca, rassicura, è pacato. L'ex ministro berlusconiano, nella coalizione di centro sinistra, chiarisce meglio la sua visione della politica e delle alleanze elettorali

"Con Renzi - ha aggiunto Bonino - ci conosciamo poco, lui sa come la penso. Non c'è mai stato un rapporto e non si è creato in queste elezioni. Renzi sa bene che i Radicali sono difficili da convincere, ma sono istituzionalmente leali, lo sono sempre stati".
Sono leali i radicali (quelli dell gruppo della Bonino), non si sa con chi, a destra e a sinistra, si ha l'impressione di sentire il ritornello "Franza o Spagna".
Si batterà anche lei per fare le riforme che servono a questo paese, quelle che ci chiede l'Europa della finanza e dei mercati.
Meno per gli italiani, che di questa Europa non sanno che farsene.
Gli italiani che lavorano per 4 euro l'ora (la COOP del candidato PD), quelli che devono fare tre lavoretti per sopravvivere, quelli che verranno assunti come dipendenti interinali per l'Arpab.

Può riperterlo tutte le volte che vuole il segretario: ma il 5 marzo qualcosa nel PD dovrà cambiare qualcosa.


Il volto nascosto del capitalismo italiano

Il capitalismo italiano è anche questo: ci si conosce tutti, ci si frequenta negli stessi salotti, negli stessi consigli di amministrazione.
E quando arriva il momento del coccodrillo, si viene subito santificati: Gian Marco Moratti, morto ieri a Milano, è stato presentato da tutti i servizi, da tutti i giornali come l'imprenditore milanese, laborioso e discreto, petroliere con la Saras, marito dell'ex sindaco di Milano Letizia Moratti (di cui finanziava la campagna elettorale ).

Ecco, a questo quadro, mancavano alcuni tasselli, non per mancanza di rispetto per i morti, ma per una questione di onestà intellettuale.
Colma questa lacuna la lettura del libro di Giorgio Meletti, "Nel paese dei Moratti": un saggio che parte dalla morte di tre operai nella raffineria della Saras in Sardegna.
Il libro è una sorta di fotografia del capitalismo di relazione all'italiana: c'è la banca (Intesa), l'imprenditore con la sua immagine pubblica e, molto di nascosto, gli operai delle ditte in subappalto, alle prese con problemi di sicurezza:
Nello stesso fermo immagine e negli istanti successivi Massimo Moratti si dedica al rinnovo del contratto dell'allenatore dell'Inter Mourino, suo fratello Gianmarco negozia un prestito con la banca Intesa San Paolo; il numero uno della Fiat Sergio Marchionne va a Berlino per convincere il cancelliere Merkel a lasciargli comprare la Opel; l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera è alla Scala per un pranzo con il sindaco di Milano; il presidente della stessa banca, Giovanni Bazoli, partecipa ad un consiglio di amministrazione della finanziaria Mittel; il giovane azionista della fiat Lapo Elkann sale in cattedra alla IULM di Milano ; il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia parla in Veneto degli imprenditori suicidi; il capo di Telecom Italia Franco Bernabè annuncia nuovi esuberi ...
I tre operai morti, il 26 giugno 2009, si chiamavano Daniele Melis, di 26 anni, Luigi Solinas, di 27, e Bruno Muntoni, di 52(quest'ultimo era sposato e padre di tre figli), morti asfissiati in una cisterna che doevano pulire, per aver inalato dell'azoto.

26 febbraio 2018

Destra e sinistra

Il giochetto ha, sinceramente, stancato.
Chi ha votato no al referendum era un populista che odiava Renzi (ieri Scalfari su Repubblica).
Chi non vota PD (e vota LEU) aiuta la destra (il refrain ripetuto dai tifosi renziani ovunque).

Anche basta, grazie.
Si vota in base alla vicinanza che uno sente coi partiti.
Io, di un partito che ha dentro De Luca, che in Sicilia ha inglobato ex cuffariani e lombardiani, che fa una coalizione con Lorenzin e Cicchitto non lo voto.
Un partito che rivendica di aver fatto tanto per Confindustria (e non per le fasce deboli), che ha fatto la riforma delle intercettazioni che Berlusconi sognava, che liberalizza i voucher (e li toglie per depotenziare il referendum della CGIL).
Un partito che boicotta a colpi di ciaone il referendum sulle trivelle.

Intervista da Repubblica, anche oggi Renzi attacca la sinistra: 
Non manca un affondo contro Liberi e uguali, la formazione guidata da Pietro Grasso: "Essere di sinistra significa essere orgogliosi dei risultati di questi anni", dalle unioni civili alla legge sul Terzo settore a quella sul caporalato. "Essere di sinistra significa dare più soldi al ceto medio, gli 80 euro e avere valori e rispettarli". E conclude: "Non si è di sinistra quando si fa vincere la destra. Chi vota per il partito di Grasso e di D'Alema non fa vincere gli ideali marxisti o l'Internazionale socialista, fa vincere la Lega".
Non è di sinistra chi, su lavoro, banche e conflitti di interesse, giustizia, fisco, la pensa come la destra.
Che il Pd si assuma le sue colpe, se assieme alla sua maggioranza ha fatto riforme che il suo elettorato non gradisce. 

La mossa del cavallo (per non perdere male le elezioni)

Questa sera su Rai 1 andrà in onda il film tratto dal romanzo storico di Andrea Camilleri, "La mossa del cavallo". La storia di un giovane ispettore ai Mulini, mandato a Vigata per far luce su sospetti di corruzione, dopo che due suoi predecessori erano stati uccisi.
Una volta che in paese, quelli che contano e che fino ad oggi avevano fatto il bello e il cattivo tempo, si accorgono del suo essere incorruttibile, finisce intrappolato in un complotto.
Da cui uscirà escogitando una mossa quasi impossibile, la "mossa del cavallo", come agli scacchi.

Ecco, anche il PD, per non perdere troppo queste elezioni, dovrà fare la sua mossa del cavallo (non le solite promesse alla Berlusconi, su Irap, Falt Tax ..). Già ieri Walter Veltroni ha anticipato che basta con le larghe intese, in caso di stallo l'unica cosa è rifare la legge elettorale (e in tal caso qualcuno dovrà fare un profondo mea culpa).
Ma non basta, serve la mossa degli scacchi: in ogni caso, il segretario del PD Renzi garantirà  un suo passo indietro, nessuna velleità di fare il Presidente del Consiglio.
Per il bene del PD prima di tutto.

25 febbraio 2018

Presa diretta – io ci credo

Come vivono e come si organizzano comunità religiose che normalmente non si aprono all'esterno: l'Italia è piena di queste organizzazioni e di santoni, ce ne accorgiamo quando è troppo tardi, quando queste persone finiscono indagate per reati gravi.

C'è una squadra della Polizia che si occupano di loro: si chiama nucleo “Antisette” e Raffaella Pusceddu ha chiesto a loro di raccontare alcune storie.

Come quella di Danilo Speranza, chiamato il Santone di San Lorenzo a Roma: è stato condannato per violenza contro due bambine.
Che avevano paura di raccontare ai genitori queste violenze, per paura.

In un'altra setta, in un agriturismo in Puglia, c'era gente che non dormiva, che subiva ogni abuso e che alla fine nemmeno si ricordava come si chiamava.

Sono sette che si propongono di migliorare il mondo, di far vivere bene le persone: ma alla fine i leader di queste comunità sottomettono le persone, che alla fine vengono soggiogate, anche per una loro debolezza psicologica.
Ma queste sette sono una religione, tutelata dalla Costituzione dunque, o una struttura lobbistica e settaria, tesa allo sfruttamento e alla sottomissione delle persone?

Nella comunità Damanhur.
Qui dentro si trovano le statue di varie divinità, greche ed egiziane.
Credono che in ogni umano ci sia la scintilla divina, che in mezzo a noi sono presenti degli alieni.
In una valle del torinese sorge queste comunità, che ha una sua moneta, una sua bandiera e una sua lingua. Uno stato a parte, quasi, anche se vorrebbero uno statuto alla San Marino.
Le persone hanno un nome vicino ad un animale, per renderlo prossimo alla natura, per essere in sintonia col cosmo.
Amore, idealismo pratico, sintonia col mondo: l'adesione alla comunità è stretta, si cambia nome e si mette a servizio della comunità tutto quello che si ha.
Sono 600 le persone che vivono lì, come tante famiglie.
Anche il sindaco di Vidracco, il comune più importante, fa parte della comunità, con un suo partito.

Nella valle ci sono anche aziende di Damanhur, negozi per damanhuriani, negozi che vendono gioielli che, dicono loro, risalgono ad Atlantide.
O anche macchine come la Selfica, inventata da Roberto Airaudi, fondatore di Damanhur: macchine, quadri che costano qualche migliaio di euro.
I primi lavori della comunità sono cominciati di nascosto, scavando una collina senza alcuna autorizzazione: nella roccia hanno costruito diverse sale per meditare.
Tutto abusivo.
La comunità ha condonato l'abuso grazie ad una legge ad hoc (e qui mi viene in mente un altro imprenditore milanese).

Le persone devono affrontare tre famosi demoni: sesso, potere e denaro.
Falco, il leader, era caduto in tutte e tre i demoni, spiega un ex adepto poi fuggito: le persone danno tutto alla comunità, senza condizioni, dovevano abbandonare anche la famiglia e il matrimonio. Ma il capo spirituale Falco finì indagato dalla Finanza per evasione fiscale. Una bella delusione per le persone che giuravano nella comunità.
Che per la comunità dovevano fare volontariato, senza essere pagati, senza avere contributi.

L'avvocato Ragusa spiega che le persone non erano costrette a questo lavoro, era un'adesione ad un sogno, ad un ideale.
Peccato che i servizi della comunità siano pagati, non siano gratis.

Il professor Cardano ha scritto diverse pubblicazioni su comunità come Damanhur: sono organizzazioni totalizzanti, chi entra deve adattarsi in toto alle regole.
Succede un processo di incapsulazione: alla fine i tuoi amici sono solo quelli nella cerchia dei credenti, è difficile trovare spazi per l'espressione del dubbio.
Come una setta.

L'ultimo rapporto del ministero dell'Interno su questi movimento è del 1998; i dati del CESAP è del 2015 e parlano di 500 nuove comunità.
I dati più preoccupanti sono quelli della squadra Antisette: siamo un paese di creduloni, visto che sono circa 1,5 ml le persone che fanno parte o sono vicini a questi gruppi.

Dentro Scientology
Sono 8 ml gli adepti di Scientology: una religione in cui devi credere a quello che fai.
10000 sedi nel mondo in centinaia di paesi: 40 sedi in Italia, un giro d'affari tra i 10 e i 50 ml annui.
La sede di Milano è stata inaugurata davanti migliaia di fedeli, i giornalisti rimangono fuori: anche Presa diretta rimane fuori, lo dicono anche loro, hanno poca disponibilità a farsi intervistare, perché – dice il portavoce – non hanno niente da nascondere.

Report ha fatto un servizio di nascosto su questa setta: un documentario che raccontava come le persone devono raccontare tutta la loro vita, devono sottoporsi alla macchina della verità.
La stampa non è gradita in Scientology.
LE persone devono sottoporsi a dei corsi, a pagamento; se non hai soldi, te li danno loro, in cambio di un lavoro pagato veramente poco, circa 200 euro al mese.

I corsi servono per raggiungere uno stato di clear, di pulizia, poi via via altri stati, dove comprendi il senso dell'universo. Per diventare un supereroe.
Saresti in grado di leggere il pensiero, di muoverti nello spazio tempo.
Fumo negli occhi, dice una ex seguace di Scientology, Cecilia: è stata sottoposta a 12 ore di macchina della verità, perché non si fidavano più di lei.

Il sito Scientology reception è stato creato da ex adepti, che se ne sono usciti perché pensano che abbiano stravolto le idee di Hobbard.
La gente diventa schiava dai vertici dell'organizzazione, mentre i loro insegnamenti sono gratis.

Le tecnologie di studio di Scientology stavano per essere accreditate dallo Stato italiano nel 2005; oggi viene insegnato in una scuola elementare a Milano.
Sempre a Milano ci sono associazioni anti droga, comunità di recupero terapeutico dalla droga: queste associazioni si trovano in testa alle ricerche su Google (cercate disintossicazione droga.., troverete Narconon).
Scientology è, infatti, una potenza economica: in queste comunità si usano i suoi metodi per la disintossicazione, con metodi criticati dalla CESAP, per le cure, per le sostanze somministrate.
Il rischio, con questi percorsi, con questi metodi, è che le persone tornino a drogarsi, non escano dalla dipendenza, alcuni sono morti per overdose.
Ci sono persone che, da questi centri, sono scappati e vengono poi riacciuffati.

Anche l'ingresso a Narconon è vietato ai giornalisti.
Ma la giornalista è entrata con una scusa, chiedendo informazioni per un parente col problema della dipendenza: uno dei responsabili le ha raccontato della tecnica della sauna, per smaltire le tossine, la droga.
Un posto senza catene, ma dove le persone non si possono spostare: qui applicano le tecniche di Hobbard, ma non sono una religione.

Ci sono imprenditori che si riconoscono negli insegnamenti di Hobbard: si chiama Wise questa associazione.
Alla fine, racconta uno di questi imprenditori, Scientology entra dentro l'azienda: in due anni ha perso 282000 euro, spesi in corsi di formazione via via più costosi.

Dietro Narconon, dietro Wise, dietro il comitato per i diritti dell'uomo c'è sempre Scientology.
Negli Stati Uniti è considerata una chiesa, ma da noi no, per il momento: non gode dunque delle agevolazioni riconosciute dalle nostre leggi.
Le religioni sono riconosciute dal ministero dell'Interno: alcune di queste hanno il privilegio dell'8 per mille.
Tra le religioni accreditate ci sono gli induisti, ma non i musulmani, perché ci sono più associazioni che rappresentano l'Islam in Italia.

C'è una forte pressione per essere enti riconosciuti e avere i vantaggi fiscali, in nome della libertà di religione.
Una libertà che però cozza coi divieti di ingresso per i giornalisti.

Occulto Italia è un libro dei giornalisti Del Vecchio e Pitrelli che racconta di queste organizzazioni: ricostruiscono le relazioni di questi movimenti, costituite negli anni, il loro voler entrare nelle scuole, negli ospedale.
Obiettivo di queste organizzazioni? Diventare una religione riconosciuta, raggiungere una intesa con lo Stato, per accedere all'8 per mille, avere i vantaggi scolastici (avere un insegnamento ad hoc), istituire delle scuole paritarie, entrare negli ospedali.

È il governo che decide quali organizzazioni possono diventare religioni: l'ultimo caso è stato l'istituto buddista Soka Gakkai, che è stata una scelta politica, dice il deputato Mazziotti.
Loro si e i Testimoni di Geova no: forse perché hanno maggiori rapporti con i partiti, perché rappresentano una bella sacca di elettori.

Alcuni deputato vorrebbero abrogare il meccanismo di intesa, per non discriminare le religioni senza intesa.

Dentro la Congregazione dei Testimoni di Geova.
Presa diretta è riuscita ad entrare nella chiesa dei Testimoni ed è anche riuscita a parlare col loro portavoce: nella comunità ci sono delle regole da rispettare, come il non fumare.

Raffaella Pusceddu ha incontrato anche dei fuoriusciti: non si festeggiano compleanni, non si frequenta il mondo là fuori, fuori dalla comunità, fuori dalla verità.
Si viene sottoposti ad un processo, se si violano le regole (per esempio se hai una ragazza con cui hai fatto l'amore): finisci di fronte ad un comitato degli anziani.

Niente fumo, niente immoralità sessuale, niente peccati.
Tutto va raccontato a questi anziani.

Chi esce dai Testimoni è un disassociato, una persona che ha abbandonato la verità: non viene più riconosciuto e salutato per strada.
Per la comunità sei morto.

Riccardo Maggi ha presentato una diffida alla Congregazione: è stato quasi investito, dopo aver denunciato dei casi di pedofilia e di abusi.
Ha denunciato anche il giro d'affari della Congregazione, per costruire nuovi edifici di culto, coi soldi delle donazioni.

Le sette: in Italia manca il reato di manipolazione mentale e manca anche la definizione di sette.
Meno male che esiste però la squadra “antisette”: quella di Firenze ha bloccato l'azione del santone Cioni, che esorcizzava le sue vittime costringendole a fare sesso con lui.
Circuiva le persone per propri interessi, cavalcando le debolezze della psiche umana: Cioni è stato condannato per il reato di riduzione in schiavitù, per le persone della sua setta.
Persone sottratte alla famiglia, sfruttamento sessuale ed economico.

Ma il caso Cioni è una eccezione perché c'è una mancanza legislativa: ci sono situazioni che non possono essere contrastate, perché c'è la libertà di credere in qualsiasi cosa, ma sempre se non si arriva alla negazione della volontà. Sempre che non si neghi la ragione.
Peccato che non esista una legge che definisca questo reato.
Il condizionamento ideologico non è un reato, la squadra anti sette può intervenire solo se c'è violenza o sfruttamento economico. Il plagio in Italia non è più reato da diversi anni, ed è difficile individuare il crinale che separa l'adesione spontanea dal lavaggio del cervello.

O anche peggio.
Danilo Speranza è il guro di Re Maya, condannato per violenza su due bambine.
Ma ora è uscito, in attesa dell'Appello, e ha organizzato una nuova comunità.

Italia, terra di poeti e santi. Ma anche di santoni e di creduloni.


24 febbraio 2018

L'estate degli inganni, di Roberto Perrone - Rizzoli



L'uomo che molti anni prima era stato italiano, ma poi non era stato più niente si asciugò la fronte con un fazzoletto bianco, di un cotone morbidissimo.Li acquistava in un negozio di Vienna, a due passi dalla storica pasticceria Demel, e ne portava in tasca almeno tre. Odiava il sudore, odiava il caldo, odiava lavorare d'estate. Per fortuna quello era il lavoro di un'ora, forse meno.Non esente da rischi. Anzi, ce n'erano molti. Bisognava solo non concedersi distrazioni.Benché l'avesse organizzato in pochi giorni, aveva curato ogni dettaglio. Era un grosso contratto. avrebbe fatto rumore, avrebbe provocato scalpore, avrebbe scatenato l'inferno, e non era una metafora. Dopo, pensò.Quando lui sarebbe stato molto lontano, al sicuro, al fresco - in senso buono, mormorò tra sé, sorridendo - nel suo chalet sulle Alpi bavaresi, nei dintorni di Berchtesgaden, a pochi chilometri da dove sorgeva il Nido dell'Aquila, il famoso rifugio di Adolf Hitler.

Annibale Canessa è un colonnello dei carabinieri in pensione. O, meglio, lo era in pensione, dopo anni passati a combattere il terrorismo nell'arma dei Carabinieri, dove si era guadagnato il soprannome di “carrarmato Canessa”.
Ma era tornato in servizio, in forma semi ufficiale per sventare un complotto contro le istituzioni :
Un anno e mezzo prima, Annibale Canessa, ex colonnello dell'Arma in congedo, ufficiale di punta negli anni Settanta e Ottanta del Nucleo Antiterrorismo, era tornato in azione per sgominare un complotto che coinvolgeva importanti magistrati, famosi avvocati e assassini a pagamento.

Passato un anno dal caso Petri (raccontato nel primo volume della serie Laseconda vita di Annibale Canessa), ritroviamo l'ex colonnello alle prese con una storia di ricatti, spie, doppiogiochisti, depistaggi, menzogne, in un intrigo che nasce dal più grave attentato terroristico avvenuto sul suolo italiano.

Da qui parte il secondo romanzo noir del giornalista Roberto Perrone, alternando la storia degli intrighi di oggi, la guerra tra spie, assassini e potenti uomini dello Stato, con la storia di ieri.
Con quell'uomo di cui leggiamo nell'incipit, che in una calda estate di agosto lascia la sua valigia col carico di morte nella sala d'aspetto della stazione di Bologna:

Davanti a lui, oltre l'edificio della stazione, si allungava il più grande snodo ferroviario della nazione, una specie di gigantesca X sul ventre del paese.I suoi mandanti l'avevano scelto per questo, non per la locale tradizione politica ...

85 morti e più di 200 feriti: un atto terroristico che, diversamente da altri stragi degli anni di piombo, è approdato ad una verità giudiziaria.
Ecco, l'autore, capovolgendo la storia e la sentenza immaginando una scenario completamente diverso, sia per la matrice della strage, sia per quanto riguarda responsabili e movente.
controllò di nuovo l'orologio.Maledetti negri di merda.Per lui era negro chiunque non fosse del tutto bianco, e non bisognava mai fidarsi. Questa è l'ultima volta che lavoro per loro, pensò, non mi beccano più neanche se mi ricoprono di soldi.

Forse non si dovrebbe giocare con la storia, con il terrorismo, con quelle morti.
Forse.
Ma l'autore, a fine libro, è molto chiaro su questo punto: “non ci sono tesi alternative da rivelare né l'intento di rileggere la storia. La trama di questo romanzo è pura fantasia”.
Una fantasia però che si basa su una conoscenza del mondo della politica italiana, della passione degli italiani per i complotti, per la nostra allergia nell'accettare delle verità troppo semplici (anche perché dei depistaggi nella storia reale ci sono stati veramente, depistaggi che hanno coperto i veri responsabili delle bombe di Milano e di Bologna).

Premesso ciò, il romanzo di Perrone è un thriller ben congegnato, che si muove tra Milano e Roma e, alzando, lo sguardo, tra i paesi affacciati del Mediterraneo, Italia, Israele e Libia.
Proprio in Israele si trova Annibale Canessa, in vacanza con la nipote, quando viene avvicinato da un agente del Mossad, Simon Simonovic, che gli consegna delle carte che provengono da un loro infiltrato nel regime di Gheddafi.
Carte che farebbero intravvedere una diversa verità sulla strage e sulle guerre nei cieli del Tirreno di quella maledetta estate del 1980.
L'abbattimento del DC9 Itavia, l'abbattimento del Mig 23 libico e infine la bomba di Bologna.
Ma perché gli israeliani gli hanno consegnato quelle carte proprio ora? C'è qualcosa dietro quel gesto?

Nel frattempo in Italia si stanno preparando le elezioni e uno dei favoriti per diventare Presidente del Consiglio si chiama Fiorino Lamperti, attuale ministro, vittorioso alle primarie, figlio di un potente ministro democristiano della Prima Repubblica, Settimio Lamperti

Settimio Lamperti era sempre stato alto e grosso, a differenza del figlio, magro e di altezza media.La forza di Fiorino risiedeva tutta nel suo carattere. «Mangi?» era l'inevitabile domanda della madre, quand'era ancora in vita.[..]Settimio si era fortificato con la politica e la lotta sul campo, da democristiano nella regione più rossa d'Italia.

Un colonnello dell'antiterrorismo in pensione, un politico che si prodiga affinché il figlio possa varcare la soglia di Palazzo Chigi da presidente e concludere il suo sogno.
E anche una donna, che scopriremo poi essere una killer a pagamento, assoldata per uccidere le persone in situazioni impossibili:

La donna che in quel momento della sua vita si faceva chiamare Anneke consegnò la chiavetta al funzionario della banca di Zurigo ..

Annibale, facendosi aiutare dal suo amico miliardario, Piercarlo Rossi detto Svampa, e dal maresciallo Repetto, porta avanti la sua indagine: partendo dalle parole dell'infiltrato del Mossad che ha vissuto a fianco del Rais e arrivando ad una possibile verità sulla strage, incontrando persino l'attentatore.

«Tempo scaduto» aveva annunciato il killer morente, «e troppi quesiti, colonnello. Se anche volessi risponderle, io non so niente dell'aereo di linea, né dell'altro MIG. Di sicuro quello di cui vi ho parlato è stato abbattuto quando vi ho detto io. Ecco perché il mio committente ha voluto la strage. Ancora due cose. La prima: in quell'estate i cieli del Mediterraneo erano parecchio trafficati e c'era molta gente con i nervi tesi e il dito sul grilletto. La seconda: in mezzo alle stronzate riportate dai media, c'è sempre un fondo di verità.»

Dopo aver raccolto tutto, decide di consegnare carte e la registrazione delle parole di questa persona al suo amico, il prefetto Salandra, a capo dei servizi interni, l'AISI (ex Sisde).
Tutto finito? Può ora tornare dalla sua fidanzata, la giornalista del Corriere Carla Trovati, con cui ha iniziato una nuova vita?

Quasi non si riconosceva a sperare che terminasse tutto lì, però una sensazione gli diceva che non sarebbe accaduto. Per prima cosa la ferita al fianco, ineludibile profetessa di sventura, che si acutizzava non solo per l'aria condizionata che il Vampa aveva alzato al massimo. E poi era il coinvolgimento degli israeliani a turbarlo. Non si erano mossi a caso, quelli non si muovevano mai a caso. Sapevano molto di più di quanto gli avevano raccontato. Avevano un obiettivo ma stavano usando lui per raggiungerlo per portarlo a termine.

Le intuizioni di Canessa sono corrette. Perché dietro la mossa dei servizi israeliani si nasconde un secondo fine, che riguarda anche la politica italiana, in bilico per le imminenti elezioni.
E l'indagine di Canessa è come una slavina che inizia a scendere, diventando sempre più grossa. E pericolosa.
Per Canessa e per le persone che vengono a conoscenza di questa storia. Una storia che ancora oggi fa paura a molti. E che per questo sono disposti ancora ad uccidere.
Una storia che parte dall'estate del 1980, dall'ambigua politica italiana, con la moglie americana.
Politica di cui facevano parte Lamperti senior, il suo sodale Tavarelli. E un altro politico, sempre della DC, potente uomo della partecipazioni pubbliche (anche con la Libia del colonnello Gheddafi), Ferruccio Baroni:

Baroni era un cattolico praticante. 
Nato a Inverigo, si era sposato con una milanese, una di città insomma però coi suoi stessi valori, che lui definiva «di provincia». Aveva due figli, ma ancora nessun nipote, e questo era l'unico cruccio.A parte l'altro.Ferruccio non era mai stato interessato al denaro.

Partendo da pochi brandelli di verità, Canessa riesce ad arrivare alla terribile verità che si nasconde dietro la bomba alla stazione e al complotto messo in atto per nascondere tutto.
In quella estate degli inganni:

«Nell'estate dei inganni e tradimenti, oltre all'abbattimento del Mig e alla strage alla stazione, è accaduto qualcosa legato alle due tragedie. Credo si tratti di un complotto per nascondere la verità. c'è di mezzo gente potente, hai ragione, Ivan, signori che ancora oggi dispongono di risorse e agganci.» Canessa si interruppe e si versò un po' d'acqua.

Fatte le giuste premesse sulla distinzione tra romanzo e verità giudiziaria, il secondo romanzo di Perrone è un ottimo thriller, con la giusta dose di azione, suspense e di intrighi internazionali.
C'è spazio anche per raccontare l'aspetto umano del personaggio Canessa: ostinato e testardo, nel voler arrivare fino in fondo ad una storia.
Anche a costo di mettere in pericolo la sua vita. E di mettere in discussione quell'equilibrio della sua vita privata, a fianco della giornalista Carla Trovati, raggiunto dopo tanti anni.

Sempre in nome di quella verità, che il nostro paese non sempre riesce ad accettare:

L'Italia può sopportare tutto, tranne la verità.

Il primo capitolo è scaricabile in pdf qui
Il sito dell'autore.
La scheda del libro sul sito dell'editore Rizzoli

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

23 febbraio 2018

Tutti i disastri di B. - il libro sul cavaliere nero per Paperfirst


Berlusconi è tornato: un pochino di Purgatorio, un po' tanto la scarsa memoria degli italiani, un governo di centro sinistra che ha portato avanti le sue riforme ed, oplà, eccolo in pista.
Candidato non candidabile (per la legge Severino ma tanto lui ha detto che se ne frega) che ogni sera va in televisione a fare campagna elettorale. Per se stesso, per i suoi interesse.

Esce domani per Paperfirst il libro di Marco Travaglio "B. come basta!", di cui Il fatto quotidiano pubblica alcuni stralci. Per non dimenticarci.

Domani esce nelle edicole e poi nelle librerie il nuovo libro di Marco Travaglio: B. come basta!
(ed. Paperfirst, pp, 389, 14 euro), sottotitolo: “Fatti e misfatti, disastri e bugie, leggi vergogna e delitti (senza castighi) dell’ometto di Stato che vuole ricomprarsi l’Italia per la quarta volta”. Anticipiamo alcuni stralci dal capitolo “Quando c’era Lui”.
La lista nera dei disastri dei tre governi Berlusconi (1994, 2001-06, 2008-11) è talmente lunga che, da sola, occuperebbe un paio di Treccani. Ma ora Silvio Berlusconi si ripresenta per la settima volta agli elettori travestito da “usato sicuro” capace, europeista e moderato contro gli “incompetenti”, gli “antieuropeisti” e gli “estremisti”, e trova persino a sinistra chi ci casca o almeno finge di cascarci. Eugenio Scalfari ha dichiarato: “Con Berlusconi al governo le cose sono andate più o meno come andavano con gli altri governi”. Quindi è il caso di riepilogare in estrema sintesi l’inventario dei danni che è riuscito a fare ogni volta che ha avuto la ventura di governarci e noi la sventura di essere governati da lui (…).
Vediamo come, negli anni delle vacche grasse, (non) approfittò della congiuntura favorevole. Salvo poi gridare al golpe e al complotto quando, nel 2011, tutti i nodi aggravati dalla crisi mondiale vennero al pettine.
Il decennio nero. Dai dati del Fondo monetario internazionale risulta che, fra il 2001 e il 2011, il nostro Pil reale pro capite, cioè la ricchezza prodotta da ogni singolo italiano tenendo conto dell’inflazione, sia crollato del 3,1%. La peggiore performance di tutta l’Eurozona, visto che nel Vecchio continente in quel periodo solo l’Italia ha avuto il segno “meno”. Nel decennio, 2001-2011, mentre noi precipitavamo, tutti gli altri Paesi crescevano: dai tedeschi (del 12,9%) ai greci, sì persino i greci. Non solo: se nel 2001 la differenza fra il nostro Pil pro capite e quello tedesco era di 1.610 euro, nel 2011 si era quadruplicata a 6.280 euro. Gli italiani in condizioni di povertà assoluta toccavano la cifra record di 3 milioni e mezzo. E l’occupazione cominciava a calare soprattutto fra i giovani, mentre il Cavaliere non trovava di meglio che produrre più precariato con la legge 30 del 2003. In quel decennio nero, Berlusconi ha governato 8 anni su 10.
La finanza pubblica. Nel 2011 l’ultima manovra della coppia B.-Tremonti lascia un’eredità pesante: misure senza copertura per 20 miliardi di euro. Soldi da trovare entro il 30 settembre 2012 con una riforma – neanche abbozzata – delle agevolazioni fiscali. In alternativa, scatteranno i tagli lineari. Il governo Monti si accolla gran parte del prezzo di impopolarità e trova poi, prelevandoli dai ceti più deboli, 13,4 di quei 20 miliardi, mentre il resto si trascinerà sui governi successivi.
Le tasse. “Meno tasse per tutti” e “Rivoluzione fiscale”. Sono questi gli slogan dominanti di tutte e sette le campagne elettorali berlusconiane. Peccato che poi, una volta al governo, il Cavaliere non sia mai riuscito a rivoluzionare né l’Irpef né tantomeno l’intero sistema tributario. Nel suo secondo governo, l’unico durato l’intera legislatura, la pressione fiscale (cioè l’incidenza delle tasse sul Pil) scende in cinque anni di un paio di decimali, senza che nessuno se ne accorga. Cioè (dati Istat) passa dal 40,1% del 2001 al 39,1 del 2005. Nei tre anni del suo terzo governo, senza una sola misura di austerità per fronteggiare la crisi finanziaria globale, la pressione fiscale aumenta addirittura: dal 41,3 del 2008 al 41,6 del 2011. Altro che “Meno tasse per tutti”: meno tasse solo per gli evasori e i frodatori, beneficati da continui condoni e “scudi fiscali”.
La spesa pubblica. La ragione del mega-flop fiscale è semplice: da quel grande populista che è sempre stato, B. non ha mai voluto ridurre la spesa corrente (come invece ha fatto Prodi), rendendo impossibile qualunque riduzione permanente del carico fiscale. Tra il 1999 e il 2005 (biennio D’Alema-Amato e quinquennio berlusconiano), la spesa per consumi finali della Pubblica amministrazione, dove si annidano i veri sprechi, è salita del 3,3% annuo. E si è fermata solo con il secondo governo Prodi (2006-2008). Vediamo il dettaglio, riassunto di recente da Sergio Rizzo su La Repubblica. La spesa pubblica nel 2001 superava di poco i 600 miliardi, mentre alla fine del 2011 sfiorava gli 800 (797.971), con un aumento monetario del 32,8 per cento e una crescita reale (detratta l’inflazione) dell’8,5: cioè di 62 miliardi. Soldi ben spesi? Vediamo. Di quei 62 miliardi, 57 sono finiti nel capitolo Welfare: per la stragrande maggioranza, pensioni. “Quel capitolo – scrive Rizzo – che assorbiva nel 2001 il 36,1% della spesa pubblica, aveva raggiunto nel 2011 il 40,4%. C’entra di sicuro l’esborso enorme per l’assistenza causato dalla crisi. Ma è incontestabile che la fetta più rilevante di quei 57 miliardi abbia a che fare con l’incremento della spesa previdenziale. Per giunta, mentre il conto per le pensioni saliva in modo inarrestabile, la spesa per l’istruzione si riduceva del 10,2%: 7 miliardi e mezzo reali svaniti. In quei dieci anni si è dunque investito sugli anziani disinteressandosi dei giovani”. Poi ci sono i soldi buttati. Per esempio in spese militari, aumentate del 35,2%, mentre quelle per la cultura scendevano del 31,7.
Debito pubblico. Il sedicente risanatore della finanza pubblica non ha fatto che aumentare vieppiù il debito pubblico: + 539 miliardi, quasi tutti merito suo. Per fortuna, il tanto deprecato euro, nello stesso periodo, faceva scendere gli interessi sui titoli di Stato di quasi 18 miliardi reali.
Sanità. Nel secondo governo Berlusconi il finanziamento al fondo sanitario nazionale esplode dai 71,3 miliardi del 2001 ai 93,2 del 2006 (da allora salirà in 10 anni di soli altri 20 miliardi). Motivo: le esigenze di rigore per l’ingresso nell’euro si sono esaurite e i bassi tassi di interesse consentono di aumentare i fondi alla sanità pubblica (e privata convenzionata, letteralmente scoppiata soprattutto nelle regioni governate dal centrodestra). Ma quella stagione, e ancor di più quella del terzo governo Berlusconi, verranno ricordate per ben altre ragioni: il fallimento del federalismo sanitario (voluto sia dal centrosinistra sia dal centrodestra), che avrebbe dovuto responsabilizzare le Regioni dando loro un budget e precisi standard da rispettare (i Lea: livelli essenziali di assistenza). Invece non funzionerà mai. Anzi – come spiega l’economista Gilberto Turati, specialista di politiche sanitarie dell’Università Cattolica di Roma – sotto Berlusconi si afferma il principio che, “per garantire i Lea, serve almeno la spesa dell’anno precedente, così le regole di fatto incentivano le Regioni a spendere sempre di più”. Così, per ingrassare le clientele e le mafie sanitarie, si taglia selvaggiamente sul sociale. Dal 2008 e al 2011 il fondo per le politiche per la famiglia passa da 346,5 milioni (2008) a 52,5 (2011), quello per le politiche giovanili da 137,4 milioni a 32,9, quello per la non autosufficienza che finanzia l’assistenza ai malati più gravi da 300 milioni a zero.
Scuola, università e grandi opere. Le “riforme” berlusconiane dell’istruzione pubblica, targate Letizia Moratti (2003) e Maria Stella Gelmini (2008), improntate a una filosofia “privatistico-confindustriale”, suscitano ostilità quasi unanimi di insegnanti, studenti e famiglie, senza risolvere i problemi principali del settore, anzi aggravandoli. Il terzo governo Berlusconi, poi, completa l’opera tagliando il fondo per il finanziamento ordinario dell’Università dai 7,4 miliardi del 2008 ai 6,9 del 2011. Tornerà sopra i 7 miliardi soltanto nel 2014.
Quanto invece alle inutili opere faraoniche, l’asso nella manica di Berlusconi, la Legge obiettivo, si è rivelata un disastro epocale per il bilancio pubblico. Avrebbe dovuto velocizzare la realizzazione delle infrastrutture garantendo prezzi certi? Ebbene, a fine 2011 risultavano ultimati appena il 10% dei lavori previsti, con i costi ovunque esplosi. Senza contare alcuni regalini maleodoranti tipo quelli gentilmente offerti dalla vicenda della corruzione al Mose di Venezia. Omaggi che, secondo uno studio del governo Monti, avrebbero fatto salire la spesa per gli appalti pubblici perfino del 40%.
Immigrazione. Il Berlusconi che oggi tuona contro l’immigrazione sparando cifre a casaccio (“È una bomba sociale: 630 mila clandestini”), è lo stesso che nel 2011 deliberò la partecipazione dell’Italia alla guerra in Libia contro il suo amico e compare Gheddafi, cedendo alle pressioni di Obama, Sarkozy e Napolitano, con il conseguente aumento esponenziale degli sbarchi. Ma non solo: porta la sua firma, oltreché i voti di FI, An e Lega Nord, la più grande sanatoria di immigrati “clandestini” o irregolari (circa 800 mila domande, di cui 694.224 accolte, nel solo 2002, in concomitanza con l’approvazione della legge Bossi-Fini). Nel 2003 è il governo Berlusconi a sottoscrivere senza batter ciglio la Convenzione europea detta “Dublino II”: chi sbarca in Italia resta in Italia. Nel 2009 il terzo governo B., sempre con i voti della Lega, vara una seconda mega-sanatoria di immigrati irregolari (294.744 domande accolte).
Le leggi vergogna.Che faceva Berlusconi mentre l’Italia andava in malora? Si occupava dei fatti suoi, con un’attenzione e una competenza davvero degni di miglior causa. Per scongiurare i due pericoli che nel 1993 l’avevano portato a creare Forza Italia: il fallimento delle sue aziende e la galera. Con una raffica di leggi vergogna da brivido. Noi qui riassumeremo soltanto le 60 che hanno portato vantaggi a lui, ai suoi cari, ai suoi amici (e amici degli amici mafiosi), ai suoi coimputati e alle sue aziende. Nei quattro settori chiave della giustizia, del fisco, della televisione e degli affari. Tutte leggi mai previste dai programmi elettorali di Forza Italia, o della Casa delle Libertà, o del Popolo delle Libertà, dunque mai votate dai cittadini. Infatti non riguardano tutti noi: riguardano soltanto lui e pochi altri fortunati vincitori.

Il populismo pro europeista

C'era una volta il suffragio non universale: sembra l'incipit di una favoletta, ma per molti forse rappresenta un soglio.
Che belli i tempi in cui si votava per censo, per titolo nobiliare (e pure per sesso).
Questo penso quando sento parlare gente come Juncker sulle elezioni prossime, con una colpevole leggerezza.
State attenti a come votate, i mercati vi guardano.
Tutte le persone deluse della politica, arrabbiate da un sistema che si è preoccupato (giustamente) della salute delle banche e meno di chi doveva fare controlli e non il ha fatto, degli amministratori spregiudicati.
Di tutti quelli che hanno perso il lavoro perché l'azienda ha deciso di delocalizzare dove era più conveniente ovvero, tradotto in soldoni, dove si trova un governo disposto a mettere sul piatto soldi pubblici per sgravare le tasse alle imprese.
Come fatto in Italia col famoso Piano industria 4.0 e con gli sgravi del governo Renzi (ma in un mondo senza regole comuni c'è sempre qualcuno disposto a prendere un salario inferiore al tuo).

Ieri sera seguivo con interesse il confronto tra la candidata Bonino (+ Europa che diventava forza Europa) ad Otto e mezzo: serve più Europa, serve più federalismo, serve più coerenza.
Peccato sia la stessa Europa ad essere incoerente come incoerenti sono, di fatto, tutti gli europeisti (spesso col sedere degli altri).
Sono dichiarazioni come quelle di Juncker (a capo di un organo non eletto, che è pure lo Juncker dello scandalo Luxleaks) che allontanano le persone dall'Europa.

Non serve più Europa: serve un'Europa diversa, servono anche europarlamentari diversi e servono pure politici diversi.
Non si può rispondere al populismo anti europeista con un altro populismo europeista:

Centrata tuttavia anche la sua campagna, basata sull'antipopulismo estremista (viva la Ue, viva Maastricht, viva il pareggio di bilancio, viva la legge Fornero eccetera): una forma di populismo rovesciato a sua volta, populismo di minoranza che si crede migliore perché "testa non pancia", insomma esattamente il bacino della borghesia liberale e dei primi municipi. 

22 febbraio 2018

Di forma e di sostanza

I Report di Transparency international non vanno presi come la Bibbia: la "percezione" della trasparenza o della corruzione è "solo" un indicatore indiretto del livello di corruzione, e la percezione può dipendere da quanto le persone sono bombardate da messaggi su corruzione, tangenti, malaffare. Come succede con gli immigrati e la percezione di una invasione che non esiste. 
Quello che ci dice il rapporto, però è che, nonostante siamo migliorati nel ranking mondiale, abbiamo ancora zone d'ombra su cui lavorare.
I passi avanti negli ultimi anni sono stati tanti, eppure rimangono ancora diversi angoli bui. In primis dovremmo parlare dai finanziamenti alla politica. Se da una parte infatti abbiamo una maggiore trasparenza sul fronte dei finanziamenti ai partiti, dall’altra ci sono soggetti che vengono usati per canalizzare le risorse e che non hanno gli stessi obblighi di trasparenza e rendicontazione. Su tutti, le fondazioni e le associazioni politiche.A breve, andremo alle urne per le prime elezioni dopo l’abolizione totale del finanziamento ai partiti. Eppure, commenta il Direttore Davide Del Monte: “Siamo chiamati a votare dei candidati di cui non possiamo conoscere i reali finanziatori e, quindi, gli interessi particolari che li sostengono“.

Parliamo delle fondazioni dei politici, per esempio: ricevono flussi di denaro, senza alcun vincolo di trasparenza, con la scusa della privacy.
L'abolizione del finanziamento pubblico ha costretto i partiti a trovare altre forme per finanziare la loro attività: il servizio di Millenium (il mensile del Fatto Quotidiano) ha raccontato quanto sia forte la tentazione di prendere soldi da finti lobbisti che poi saranno pronti a chiedere un favore.

Ma forse il punto è un altro: i partiti, le istituzioni, soffrono di un problema di forma e di sostanza.
Un governo a scadenza che si permette di nominare i verti dei servizi.
Un ministro dell'Economia, Padoan, che spiega che ad aprile sarà lui a stilare il DEF, il documento di previsione della spesa pubblica.
I continui richiami alle larghe intese, per proseguire quelle riforme (magari quelle bocciate dagli elettori), in barba ai finti programmi.

Si contesta l'inchiesta di Fanpage, sullo smaltimento di rifiuti in Campania, perché fatta con un agente provocatore che è un ex camorrista: mio Dio, e di questo passo dove finiremo? 
Le stesse persone che poi esultano guardandosi il film di Spielberg, Il Post, dove si racconta di come i giornalisti del W. Post si siano procurati i Pentagon Papers (documenti protetti), fotocopiandoli di nascosto.

Ben Bradlee ad un certo punto del film dice: “Stiamo dalle parte di chi è governato, non di chi governa”.
Non esiste ragione di Stato, non esiste questione di forma: la notizia va data nell'interesse pubblico, perché questa è l'informazione.
Ma questo va bene solo in America.
Un po' come l'Europa: va bene quando si tratta di pareggio di bilancio, di politica economica. In Europa si va a protestare quando le aziende si spostano in Slovacchia. 
Va male quando ci chiede conto dei rifiuti, della qualità dell'aria, della qualità di vita nelle carceri. 

E questa è la forma. La sostanza dietro è pure peggio.
Dobbiamo veramente commentare questa campagna elettorale, i programmi presentati, questi candidati?
Una campagna elettorale basata sulla paura degli immigrati, sui rimborsi non rimborsi dei 5 stelle, sulla flat tax, sulla migliore squadra possibile di Renzi che non perde occasione per attaccare i grillini.
Una campagna elettorale con la paracadutata Boschi che spacca il PD a Bolzano, con un ottantenne ancora in giro a raccontar barzellette.
Una campagna elettorale che si è completamente dimenticata della mafia, del sud, delle disuguaglianze.

21 febbraio 2018

Statisti che non lo sono

Immagino che in molti abbiano seguito l'intervista di Renzi a Di Martedì, ieri sera.
Come in molti abbiano sentito Berlusconi in una delle sue recenti interviste: da Fazio, da Belpietro.

Entrambi contrari, a parole alle larghe intese (loro, non i loro alleati). Entrambi contrari ad ogni alleanza con gli estremisti.
Così lontani e così vicini, non solo per il patto del nazareno (pure rivendicato): se li avete sentiti parlare avrete notato che entrambi non parlano al paese, a tutti gli elettori.
Nemmeno quando entrambi erano presidenti del Consiglio: Renzi e Berlusconi si assomigliano perché tutti e due parlano ai loro elettori. Anzi, ai loro fan, ai loro tifosi, alla claque.
Quando parlano dei numeri dell'occupazione (e un commento sul servizio di Presa diretta di sabato sera?), quando parlano delle tasse da abbassare (e chi ha evaso le tasse dovrebbe avere il pudore di starsene zitto). Quando parlano di etica, competenza (quando entrambi, una volta varcato Palazzo Chigi si sono circondati di amici, signorsi, finanziatori o avvocati).
Non sono statisti, almeno non nel senso che intendo io.
Nemmeno il Renzi che rinfaccia agli avversari gli scandali (quello che i giornali chiamano rimborsopoli, parlamentari del M5S che non hanno rispettato un accordo interno, non hanno rubato nulla) mentre si trincera dietro le inchieste dei magistrati per i suoi (per le spese pazze in regione, per l'ultimo scandalo che coinvolge i De Lucas in Campania).

Non ce ne sono molti di statisti attorno.
Nemmeno tra i leader costruiti a tavolino dai giornali italiani, come Calenda e Bonino.
Entrambi convinti europeisti che oggi si accorgono che nell'Europa le aziende possono spostarsi dove conviene.

20 febbraio 2018

L'uomo che molti anni prima era stato italiano

L'uomo che molti anni prima era stato italiano, ma poi non era stato più niente, si asciugò la fronte con un fazzoletto bianco, di un cotone morbidissimo.
Li acquistava in un negozio di Vienna, a due passi dalla storica pasticceria Demel, e ne portava in tasca almeno tre. Odiava il sudore, odiava il caldo, odiava lavorare d'estate. Per fortuna quello era il lavoro di un'ora, forse meno.
Non esente da rischi. Anzi, ce n'erano molti. Bisognava solo non concedersi distrazioni.
Benché l'avesse organizzato in pochi giorni, aveva curato ogni dettaglio. Era un grosso contratto. avrebbe fatto rumore, avrebbe provocato scalpore, avrebbe scatenato l'inferno, e non era una metafora. Dopo, pensò.
Quando lui sarebbe stato molto lontano, al sicuro, al fresco - in senso buono, mormorò tra sé, sorridendo - nel suo chalet sulle Alpi bavaresi, nei dintorni di Berchtesgaden, a pochi chilometri da dove sorgeva il Nido dell'Aquila, il famoso rifugio di Adolf Hitler. 
 
L'estate degli inganni, di Roberto Perrone - Rizzoli
Un uomo, vestito in modo da non attirare l'attenzione, che si porta dietro una borsa, che abbandonerà sul luogo obiettivo.
Che esploderà dopo qualche minuto, causando la più grande strage in territorio italiano dal dopo guerra. Nemmeno troppo velato il riferimento alla bomba alla stazione di Bologna.
Chi è quell'uomo e perché quella bomba?

Il noir del giornalista Roberto Perrone parte da questo tragico episodio della nostra storia per imbastire una storia di inganni, spie, menzogne e depistaggi.
Su cui dovrà indagare l'ex colonnello dei carabinieri, una volta all'antiterrorismo, Annibale Canessa.

La scheda del libro sul sito di Rizzoli (qui potete leggere le prime pagine):
La Storia si scrive con il sangue.Il ritorno di Annibale Canessa. 
Rischiare la pelle non è mai stato un problema per l’ex colonnello dei carabinieri Annibale Canessa, fin dai tempi in cui era ai vertici del Nucleo antiterrorismo, durante gli anni di piombo. Sguardo obliquo che incenerisce o seduce, implacabile charme da eroe solitario, “Carrarmato Canessa” sembra cambiato, adesso che divide la sua vita con Carla Trovati, la giovane, irresistibile giornalista capace di stregargli il cuore. Ma per chi, malgrado tutto, continua a credere nella giustizia, niente può cambiare davvero. E quando il Mossad gli fornisce la prova per riaprire il caso dell’attentato alla stazione, la strage consumata in una torrida estate d’inizio anni Ottanta, Canessa decide d’investigare. In principio con ritrosia, poi con la testarda determinazione che l’ha reso una leggenda. Oscure presenze del passato stanno tornando per ingaggiare una partita letale. Così Annibale si lascia coinvolgere in un intrigo che rimanda ai segreti della guerra fredda e al conflitto invisibile combattuto, tre decenni prima, dalle grandi potenze nei cieli del Mediterraneo. Al suo fianco, i “soci” di sempre: il fidato maresciallo Ivan Repetto, l’eccentrico miliardario Piercarlo Rossi, detto “il Vampa”, e il prefetto Calandra, dirigente dei Servizi con la passione per la buona cucina e le belle donne. Mentre indaga sugli enigmi dell’estate di sangue, stagione d’inganni, depistaggi e tradimenti che ha spazzato via l’ultimo resto di innocenza in Italia, Canessa finirà per mettere in gioco ciò che gli è più caro in nome della verità.

Sceneggiate

I nostri servizi ci stanno avvisando: attenzione ai cyber attacchi che potrebbero influenzare il voto.
Ma i cyber attacchi sono già in corso, perché ci sono notizie che non possono essere fake.

Calenda sul caso Embraco (che non è un caso, ma un dumping salariale bello e buono): "Non voglio più parlare con questa gentaglia".

Calenda è il ministro che probabilmente voterà +Europa, il partitino della Bonino che chiede più liberismo e più Europa. La stessa Europa cui PD e Berlusconi sono argine dei populisti anti sistema. La stessa Europa che consente il dumping salariale da aziende che vengono, prendono contributi dai governi nazionali e alla fine se ne vanno senza pagare il conto.

Napoli, Vincenzo De Luca al giornalista di Fanpage: “Via, via la camorra da qui”.
De Luca, padre e figlio, anzi figli.
De Luca che attacca i giornalisti che fanno inchieste (le inchieste le fanno solo i magistrati, a meno che si chiamino Woodcock e si permettano di indagare sugli affari nostri) e che fanno domande scomode.
Ma non era Grillo quello che attaccava i giornalisti?
L'appello di Renzi: “Turate il naso, votate Pd: molti candidati ottimi”. 
Insomma, come per il referendum, fa schifo ma questo passa il convento. Convento non a caso, perché nella casa PD trova spazio anche gente come Lorenzin e Casini.
Più li senti parlare, Renzi e Berlusconi, più ti rendi conto di quanto siano prossime le larghe intese (tra moderati).
Coi voti dei grillini che verranno eletti ma che dovrebbero essere espulsi.
Coi voti dei leghisti di corrente maroniana.
Magari anche coi voti di qualcuno di Liberi e Uguali.

19 febbraio 2018

Il vecchio che avanza, di Peter Gomez (guida per un voto consapevole)



Il vecchio che avanza: I fatti, le storie, i protagonisti. Guida informata per un voto consapevole
Incipit:
Scegliere le persone giuste.Questo libro non vuole convincervi a votare per questo o quel partito. Solo il cittadino deve decidere su chi mettere la croce. Questo libro, però, vuole offrire una serie di elementi utili perché la vostra scelta sia ponderata e consapevole.Nelle prossime pagine leggerete molti fatti e molte biografie di candidati vecchi e nuovi. Poco spazio verrà invece dato ai programmi e alle promesse. Chi come me è andato a votare per la prima volta negli anni 80 ha sperimentato sulla propria pelle quanto poco conti ciò che viene detto in campagna elettorale.Col tempo ho invece capito ce le idee cono certamente importanti, ma che esse camminano sulle gambe degli uomini e delle donne.Scegliere le persone giuste è importante, anzi è spesso decisivo.

Andate a votare, perché votare è un diritto importante: il voto è l'unico momento (oltre ai referendum) in cui l'elettore viene chiamato ad esprimere una sua scelta, dare la fiducia a questo o quel candidato.
Andate a votare, ma andate a votare informati: questo l'obiettivo del saggio di Peter Gomez, una guida per l'elettore che vuole essere informato sui candidati alle prossime elezioni.
Perché in tempo di campagna elettorale l'elettore è bombardato di promesse, di proclami: i programmi dei partiti diventano la panacea per tutti i mali del paese (e come mai non ci avete pensato prima? - verrebbe da chiedere loro).
Quello che manca è però qualcuno che ti racconti chi, cosa e come (dove e quando non pervenuti): chi sono i candidati, cosa avevano promesso alle scorse elezioni e cosa hanno realmente fatto poi.
E come, ovvero come si andrà a votare col Rosatellum il 4 marzo: in appendice al libro è presente infatti una piccola ma utile guida.

Il libro, dopo una breve introduzione sulla rottamazione che non c'è stata (e il ritorno di tanti vecchi personaggi), si divide in tre parti.
Il voto utile, ovvero per quale motivo si deve andare a votare. Non si vota solo per vincere a tutti i costi (a prescindere dalle idee, dai programmi, dalle persone): è utile anche il voto dato ad un partito che si sa che andrà all'opposizione, ma che si è certi che farà una buona opposizione al governo.

Questo paese ha bisogno sia di governi stabili, che facciano le riforme realmente utili al paese (e non per fare qualche slide o tirar fuori i soliti numeri sull'occupazione), ma anche di una opposizione non consociativa che sia da cane da guardia dell'esecutivo.
Di un Parlamento composto da persone competenti, capaci, fuori da conflitti di interesse e onesti.
L'appello al voto utile viene usato sia dal centrodestra che dalla coalizione del PD: chi vota LEU vota per Berlusconi/Il voto a sinistra è un voto perso - sono gli slogan ripetuti da PD e FI.

Ma un elettore poi dovrebbe chiedersi in cosa si distinguono centrodestra e centrosinistra: anni di larghe intese, di deputati passati da una parte all'altra, il programma di Berlusconi in larga parte realizzato da Renzi (per non parlare della riforma costituzionale) ci dicono solo una cosa.
Che ogni voto è utile se espresso in base a dei principi, delle idee, dei valori.


La seconda parte è dedicata ai protagonisti di queste elezioni: la coalizione di centro sinistra (più centro che sinistra), i due partiti a sinistra, Liberi e Uguali e Potere al Popolo.
E poi la coalizione di centrodestra, con lo scalpitante Salvini con velleità da premier (il politico che non ha mai lavorato) e il rassicurante Berlusconi.
Rassicurante per chi? Per l'establishment, a quanto pare. Per l'Europa. Per il Partito Popolare europeo.
Per arginare i populisti, i partiti antisistema..
Ma evidentemente questo establishment (che hanno fallito miseramente nel governare l'Europa) si sente rassicurato da un anziano imprenditore prestato alla politica e mai restituito, condannato per frode che aveva come braccio destro una persona condannata per mafia.
Questo spiega perché temono il successo del M5S alle elezioni – scrive Gomez: “a parere di chi scrive, nell’establishment italiano a far davvero paura sono le idee sulla lotta alla corruzione e ai privilegi della Casta”.

Meglio Berlusconi.
Votatemi, sono l'usato sicuro.
Di sicuro c'è che non ha rispettato il patto con gli italiani, che negli anni di governo ha pensato alle sue aziende, che mentre il resto dell'Europa cresceva (in termini di PIL, di ricerca, di innovazione) noi eravamo bloccati dai processi dell'ex cavaliere.
A proposito di promesse non mantenute:

“La flat tax di cui parla di nuovo Forza Italia (e la Lega) è stata proposta per la prima volta nel lontano 1994. Fallito l’obiettivo nel 2001, Berlusconi ci ha poi riprovato promettendo un sistema a due sole aliquote..”

Dice Gomez, forse con un eccesso di bontà, che in fondo il centrodestra ha governato bene nelle regioni del nord, perché anche la Lega conosce la differenza tra il populismo alla Salvini e il difficile mestiere di governare una regione come la Lombardia.
Eppure gli scandali della Sanità, le infiltrazioni della mafia (non viste), la crisi della piccola industria nel nordest (e la crisi delle banche) dicono il contrario.
Ma loro sono i competenti, sempre che uno voglia credergli.

Dopo la cacciata dal Senato, ci ha pensato Renzi a tenere Berlusconi in vita: prima il patto del nazareno, poi le riforme nel solco tracciato da Berlusconi.
Riforma del lavoro, riforma sulle intercettazioni, riforma sulla custodia cautelare – sono tre delle leggi renziane citate nel libro di Gomez.
E la rottamazione?
Beh, quella si è fermata ai vecchi esponenti della ditta, del PD: Bersani, D'Alema, Errani ..

Anche i rapporti opachi tra politica, banche e finanza sono proseguiti e anzi sono diventati palesi quando è stato rivelato che Renzi faceva abitualmente colazione con Carlo De Benedetti.

Al sud nulla è stato toccato, dal clientelismo come Dio comanda di Alfieri e De Luca in Campania, ai candidati presi dal centrodestra lombardiano (nel senso dell'ex governatore Lombardo) e cuffariano in Sicilia, dove il PD è sinonimo di “partito acchiappavoti” (come ha raccontato un servizio di Presa diretta di due anni fa).

Votare Pd in queste elezioni significa scegliere una formazione destinata a perdere e che ha come unico obiettivo quello di tentare di entrare a far parte di un governo con il teorico avversario di centrodestra,”

Alle elezioni si presenta, per la seconda volta, il movimento di Grillo, anzi non più di Grillo, il M5S, che in questi 5 anni di opposizione ha avuto modo di constatare con mano quanto sia difficile fare politica, altro che aprire il Parlamento con un apriscatole.
Questa legge elettorale era stata pensata proprio per frenare il loro ingresso al governo: il m5 è considerato infatti una sorta di intruso.
Sono loro il vero nemico di Renzi e Berlusconi: incapaci, incompetenti, pericolosi, pauperisti, peggio dei comunisti (non come l'amico Putin).
Ecco spiegato il giro delle sette chiese di Di Maio, candidato alla Presidenza del Consiglio, per farsi conoscere dai poteri forti ancora rimasti. Le associazioni di impresa, la borsa a Londra ..
Il M5S ha dovuto cambiare, darsi delle regole, uno statuto, trasformarsi in qualcosa di più simile ad un partito. Cambiare per essere credibili, cambiare per non affondare, per non sparire come il partito di Giannini, dell'uomo qualunque.

Infine a sinistra si presenta anche Liberi e Uguali, che dovrebbe prendere i voti dei delusi del PD.
Ma possiamo credere a Grasso e alle sue promesse (come l'università gratis)? I numeri previsti per LEU dai sondaggi credo siano poco credibili, sebbene difficilmente potrà aspirare ad un risultato a doppia cifra.

la forza e la debolezza della formazione è rappresentata dai leader più vecchi: Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema,

Sempre a sinistra troviamo due formazioni: La mossa del cavallo, dell'ex magistrato Ingroia e del giornalista Chiesa, e Potere al Popolo.


La terza parte si intitola “la cattiva politica”: cose che non vorremmo più vedere dagli eletti del futuro Parlamento.
I furbi e i disonesti prima di tutto:

Forza Italia, per esempio, scrive la parola «onestà» sui suoi manifesti elettorali, ma il suo leader Silvio Berlusconi si è rifiutato di firmare l’impegno, proposto da «l’Espresso» a tutti i partiti, affinché venissero candidate solo persone al di sopra di ogni sospetto.

I finti tagli ai costi della politica, poi. I finanziamenti pubblici cancellati per far posto a finanziamenti provati e non tracciati (né consultabili) da nessuna parte.
Le impunità degli eletti, che si trincerano dietro l'articolo 68 della Costituzione (per salvarsi dalle indagini) senza però rispettare l'altro articolo, il 54, che chiede di onorare il Parlamento con disciplina e onore.
La questione morale, questa sconosciuta, come sconosciute anche le promesse di tenere i partiti fuori dalle società pubbliche (dalla Rai all'Enel fino alle partecipate pubbliche).

La fine della partigianeria, delle strumentalizzazioni, dei benaltrismi, di quelli che dicono “e allora il PD?”, “e allora la Raggi?”

Il nostro, però, è un paese di tifosi. Di Guelfi e Ghibellini. L’abitudine di guardare prima in casa propria e poi in quella altrui non è molto diffusa.

Chiude il capitolo un esaustivo elenco degli “impresentabili” di tutte le coalizioni, ovvero i candidati in lista sotto processo o indagati (per reati contro la pubblica amministrazione o reati gravi) o perfino condannati.
Scrive l'autore che occorre:
“Escludere dalle liste un imputato, un prescritto, un condannato non definitivo o anche chi, senza essere nemmeno sotto inchiesta, ha frequentazioni abituali con esponenti della criminalità organizzata non è una decisione giustizialista che va a ledere un diritto del candidato”.


Gli impresentabili vanno di moda

PD: la migliore squadra di Renzi

Fernando Aiello
Francesco Alfieri
Paolo Alli
Bruno Astorre
Eva Avossa
Maurizio Bernardo
Micaela Campana
Angelo Capelli
Daniela Cardinale
Pier Ferdinando Casini
Brunello Censore
Angelo D'Agostino
Nicola D'Agostino
Nico D'Ascola
Umberto Del Basso De Caro
Pietro De Luca
Piero Fassino
Silvio Lai
Gianfranco Librandi
Salvo Lo Giudice
Luca Lotti
Carlo Lucherini
Gavino Manca
Claudio Mancini
Giacomo Mancini
Nicola Marrazzo
Claudio Moscardelli
Pietro Navarra
Giuseppe Piccolo
Francesca Raciti
Paolo Ruggirello
Luca Sammartino
Franco Scalia
Antonello Scalzo
Giuseppe Sodano
Valeria Sudano
Vito Vattuone

La banda di Berlusconi

Antonio Angelucci
Antonello Antinoro
Flora Beneduce
Anna Cinzia Bonfrisco
Umberto Bossi
Francesco Cannizzaro
Luigi Cesaro
Domenico De Siano
Claudio Fazzone
Luigi Fedele
Roberto Formigoni
Massimo Garavaglia
Andrea Gentile
Michele Iorio
Sandra Lonardo
Lucrezia Mantovani
Antonino Minardo
Andrea Mineo
Urania Papatheu
Massimo Ripepi
Marco Siclari
Mimmo Tallini

I candidati del M5S

Nicola Cecchi
Emanuele Dessì
Vincenzo Spadafora
Rinaldo Veri

I candidati di Liberi e uguali

Non ci sono impresentabili, sebbene nelle liste siano presenti vecchi notabili del PD, come Massimo D'Alema, Bersani, Vasco Errani e gli ex sottosegretari Filippo Bubbico, Cristiana Coviello.

Qui l'introduzione del libro

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