Presadiretta ha fatto il suo nodo al
fazzoletto, Riccardo Iacona e i giornalisti della trasmissione non si
sono dimenticati il terremoto di tre anni e mezzo fa in centro italia
(e le poi le scosse nei mesi successivi): interi paesi tra il nord
del Lazio, le Marche, l'Abruzzo e l'Umbria cancellati, spariti,
distrutti.
Questo terremoto ha subito lo stesso
processo di tante altre tragedie: prima la commozione, lo stare tutti
uniti, poi le promesse, una ricostruzione celebre, il “mai più”,
un piano straordinario per la messa in sicurezza e poi, piano piano,
l'oblio, il dimenticarsi delle macerie, delle persone lasciate lì,
la ricostruzione ferma.
Come per l'Aquila, come per altre
vicende che hanno sconvolto aree fragili di questo nostro paese, reso
ancor più fragile dalle cattive costruzioni e dalla sciaguratezza di
molti costruttori.
Il terremoto dell'estate del 2016 ha
coinvolto un'area di 8000 km quadrati, 10 provincie, 4 regioni:
Abruzzo, le Marche, il Lazio e l'Umbria.
Sono state quattro le scosse che hanno
squassato questo pezzo d'Italia: dalla prima di agosto, fino
all'ultima a gennaio, che colpì le stesse zone già martoriate e già
alle prese coi problemi dell'inverno, sotterrate da metri di neve.
E' in quei giorni che un'enorme valanga
si distaccò dal massiccio del Gran Sasso per sommergere l'hotel
Rigopiano, distruggendolo totalmente e uccidendo 29 persone.
Alla fine si conteranno 49mila
sfollati, 388 feriti e 303 morti e oltre 2,5 tonnellate di macerie di
rimuovere.
Le telecamere di Presadiretta erano
arrivate in queste zone già quattro giorni dopo le scosse del 24
agosto: a Pescara del Tronto aveva mostrato le immagini di un paese
distrutto dall'onda d'urto, case crollate l'una sull'altra. Qui 48
persone erano morte sotto le loro case: a tre anni di distanza
Pescara del Tronto le macerie sono ancora lì, in attesa di essere
rimosse.
Elena Marzano ha intervistato il vice
sindaco Michele Franchi: “fa male vedere ancora le macerie e vedere
quello che era Pescara e quello che è oggi, ancora tempi certi [per
la ricostruzione] non ne abbiamo ..”.
Senza la rimozione delle macerie non
può ripartire la ricostruzione.
A Pretare, una frazione, il tempo
sembra essersi fermato a quell'agosto: cumuli di macerie, materassi,
resti, infissi. Qui vivevano come residenti cento persone, ma il
borgo che era chiamato il paese delle fate era così bello che erano
tante le famiglie, originarie del posto, che d'estate tornavano in
queste zone, ai piedi del monte Vettore.
Tra questi Romolo Trenta, un
architetto di queste zone: in piedi, nel borgo, sono rimaste in piedi
una decina di case – racconta alla giornalista. Oggi sta cercando
di dare il suo contributo alla ricostruzione, prendendo in mano le
pratiche di una ventina di residenti.
Sta combattendo per far sì che si
ricostruisca a Pretare nel più breve tempo possibile: ma anche qui
prima si devono togliere le macerie.
“Ma quanto ci vuole rimuovere le
macerie?” - si chiede l'architetto - “ci vuole molto se non
abbiamo il pathis di accelerare, io non so che inverno passeremo in
paese, questo è un centro dove abbiamo conosciuto la neve alta due
metri, e le macerie non le rimuovi”.
Anche a pochi km da qui, nel Lazio,
la situazione non cambia: Accumuli è stato l'epicentro da cui è
partita la scossa, che poi si è propagata a nord lungo la valle del
Tronto, fino ad Arquata, e poi a sud verso Amatrice.
Delle strade, del reticolo di vicoli
che contraddistingue questo borgo e che risalgono ai primi decenni
del mille, è rimasto poco.
Il crollo del campanile della chiesa di
San Francesco qui ha ucciso una famiglia intera, padre madre, un
bambino di otto anni e uno di pochi mesi.
Le macerie non permettono di
dimenticare i ricordi drammatici: al momento i cantieri aperti sono
pochi, ad Accumuli, come a Pescara e anche a Castelluccio di
Norcia, un paesino a 1500 metri, in cima ad un altopiano, in cui
oggi sono rimaste in piedi solo le case ai margini del paese.
Qui almeno le macerie sono state in
gran parte rimosse ma sono in attesa del piano attuativo per la
ricostruzione. Dopo tre anni – dicono le persone del borgo – è
come se il terremoto fosse arrivato questa mattina.
La scossa di ottobre 2016 ha colpito
diversi paesi in Umbria attorno alla zona di Norcia Cascia:
hanno lavorato bene qui, dopo il terremoto del 1997 e quello del 1979
e le costruzioni hanno retto: per protesta contro le lungaggini della
ricostruzione i cittadini hanno inscenato una protesta, silenziosa e
simbolica, esponendo delle lenzuola dalle finestre delle case e dai
balconi.
“Se non ci ammazza il terremoto ci
ammazza il sistema”, “il nostro futuro dipende da voi, fateci
ricostruire”, “sbloccate la ricostruzione, siamo stati
dimenticati” ..
Hanno cercato di reagire gli abitanti
di queste zone, ma dopo tre anni e mezzo sono arrivati
all'esasperazione: “nelle zone attorno all'epicentro fai conto
che è come se una persona ha avuto l'infarto, se ti sbrighi si
salva, se vai lento non si salva ...”
Il servizio di Presadiretta cercherà
di rispondere ai perché che sorgono da queste immagini: perché
ancora è tutto fermo?
Cosa si sta facendo sul tema della
prevenzione? Si stanno aggiornando le mappe sulle zone sismiche?
Emanuele Tondi, direttore della
sezione di geologia dell'università di Camerino, lancia l'allarme:
la mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale non tiene
conto dei terremoti avvenuti anche centinaia di anni fa. Per esempio,
il terremoto del 2012 in Emilia è avvenuto in una zona che era
ritenuta non a rischio ma dove era già avvenuto un evento sismico
500 anni fa.
Quella zona sulle mappe doveva essere
“colorata” sul rosso: quello dell'Emilia non è l'unico caso,
racconta al giornalista il sismologo Giuliano Panza che
ha citato i casi di Ischia e dell'Italia centrale del 2016.
C'è poi la questione delle norme
antisismiche: Paolo Lugarli è un ingegnere strutturale: ha scritto
che queste leggi sono solo un atto di fede, sono tutte sbagliate, non
garantiscono la sicurezza.
Altre scosse ci attendono, altri lutti,
altre macerie.
La scheda del servizio: TERREMOTO
INFINITO
Un viaggio di PresaDiretta all’interno del cratere del sisma che ha colpito Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio. L’area più grande mai colpita da un terremoto, con 49mila sfollati, 388 feriti, 303 morti. A tre anni e mezzo dalla prima scossa un pezzo dell’Italia centrale è ancora in ginocchio e rischia di spopolarsi definitivamente.Cosa è successo, perché persino le macerie non sono ancora state rimosse del tutto?Perché la ricostruzione non riesce a decollare?
E poi, le mappe ufficiali che indicano la pericolosità sismica del territorio italiano in che modo vengono tracciate e aggiornate? A PresaDiretta le voci dei più autorevoli geologi e ingegneri sismici italiani che lanciano un grido di allarme: servono mappe più affidabili.
PresaDiretta ha attraversato la gigantesca area del cratere del terremoto, quasi 8mila chilometri quadrati, incontrando sindaci, sfollati, tecnici, cittadini e imprese locali e ha raccolto un lungo elenco di problemi ancora irrisolti.
I terremotati vivono sparpagliati tra hotel, casette prefabbricate e container. Il ripristino della viabilità e delle infrastrutture è molto indietro, pur essendo di importanza strategica per il territorio. I cantieri delle case private, non partono. Le imprese e l’economia di tutta l’area sono allo stremo. E infine norme, procedure e burocrazia paralizzano l’intera catena della ricostruzione.
A PresaDiretta un reportage sul TERREMOTO INFINITO, per provare a restituire la speranza a questo importante pezzo del paese.
“TERREMOTO INFINITO” è un racconto di Riccardo Iacona con Elena Marzano, Giuseppe Laganà, Massimiliano Torchia.
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