La seconda puntata di Report
della stagione 2020 è nuovamente dedicata all'emergenza Coronarivus
che i giornalisti della trasmissione cercheranno di raccontare
fornendo contenuti che vadano oltre i numeri delle conferenza stampa
quotidiane della protezione civile o della regione Lombardia.
A due mesi dal picco, la città di
Wuhan in Cina torna a vivere, le persone possono uscire dai compound,
se lavori e hai il certificato del tuo datore di lavoro oppure se
compili un certificato al check point.
Con quella carta si ha la possibilità
di uscire una sola volta al giorno, per un massimo di due ore, e la
carta vale solo per una settimana.
E in ogni caso, ad ogni check point
viene misurata la temperatura alle persone.
All'interno del mercato, dove tutto è
partito, i negozi sono stati disinfettati ma ancora non è prevista
la riapertura del mercato al resto della città, dove molti negozi
ancora sono chiusi non avendo ancora ricevuto l'autorizzazione a
riaprire.
Ma si possono ancora trovare piccoli
negozi dove si tengono animali vivi in condizioni igieniche poco
rassicuranti: questa è la situazione ora in Cina, a due mesi dal
lockdown, dove ancora non si capisce bene se l'emergenza è finita o
se c'è il rischio di una nuova epidemia.
In Italia siamo alle prese con
la guerra politica tra stato centrale e regioni, alla guerra su
tamponi e sulle riaperture per le imprese.
Report è andato in Veneto a Vo Euganeo
che, insieme a Codogno, è stato uno dei due focolai del virus:
quando sono spuntati gli infetti la strategia messa in atto dalla
regione è stata diversa da quella adottata in Lombardia, tutti gli
abitanti di Vo Euganeo sono stati a tampone e si è realizzata così
una mappa precisa dei contagiati.
Giorgio Mottola ha intervistato Andrea
Crisanti, direttore del laboratorio di virologia di Padova:
“Se si fosse adottata la stessa
strategia impiegata a Vo, subito, al giorno zero avremmo visto
un'altra storia (il riferimento è a quanto successo in Lombardia a
Bergamo)”: la sua intuizione di fare il tampone in massa è stata
felice, perché ha consentito di scoprire che il coronavirus si
presentava anche in coloro che non avevano sintomi.
Il dato epidemiologico – racconta il
virologo – dice che per ogni persona con sintomi, ne esistono altre
tre asintomatiche: per questa ragione Cristanti ha avviato l'uso dei
tamponi in tutto il Veneto, non solo ai malati, ma anche ai familiari
e a tutte le persone con cui sono stati in contatto le persone
positive al test.
In questo modo però Cristanti ha
contravvenuto alle indicazioni dell'OMS e alle direttive del
ministero della salute: “secondo le direttive del ministero, la
prima persona entrata in ospedale per il virus, che non era stata in
contatto con persone provenienti dalla Cina né con persone infette.
Quindi noi la diagnosi l'abbiamo fatta contraddicendo questa
direttiva che era fondamentalmente sbagliata, come i fatti hanno poi
dimostrato”.
Lei è stato fuorilegge sin
dall'inizio, ha commentato il giornalista: “ho imparato una cosa,
che nella scienza bisogna sfidare lo status quo se si vuole andare
avanti”.
Gli effetti della strategia dei tamponi
quali sono stati: la curva di crescita degli infetti in Veneto è
cresciuta molto meno velocemente rispetto a quella della Lombardia e
non è la sola differenza, contrariamente a quanto si è verificato
nell'ospedale di Bergamo, a Padova non si sono registrati casi di
medici e infermieri contagiati all'interno della struttura sanitaria.
Non basta tutta la generosità
dimostrata a Bergamo dagli alpini, gli artigiani, tutti coloro che
hanno contribuito al completamento dell'ospedale
da campo per la cura dal coronavirus: “Una boccata di
ossigeno per le strutture sanitarie al collasso. 142 posti letto, di
cui 72 per terapia intensiva e sub-intensiva, la struttura sarà
gestita dall'ospedale Papa Giovanni XXIII. Ci sarà anche un team di
Emergency, che gestirà direttamente proprio la Terapia intensiva e
sub-intensiva mettendo a disposizione l'esperienza maturata durante
l'epidemia di Ebola in Sierra Leone. Un altro miracolo italiano. ”
Se in Veneto i tamponi sono stati fatti
in fretta, in altre regioni (non solo la Lombardia) si sta pagando il
prezzo della lentezza nella loro implementazione: Federico Ruffo è
andato in Campania a Santa Anastasia, un paese di ventimila abitanti
sotto il Vesuvio.
Alla casa di riposo “La Madonna
dell'arco”, una delle mete di pellegrinaggio più importanti per la
regione, il 16 marzo gli ospiti hanno mostrato i primi segni di una
influenza.
Le autorità sono state allertate
subito: quando, sette giorni dopo, arrivano i medici per fare i
tamponi, tre anziani erano già morti. Dopo tre giorni sono arrivati
i risultati dei tamponi: i contagiati erano già 32 (su 50 in
totale), tra pazienti, religiosi e personale, che ora vivono blindati
nella casa di cura.
Dal cancello della casa escono solo le
bare delle persone che stanno morendo oppure entrano le ambulanze per
prendersi i pazienti che stanno peggiorando.
Quando i pazienti sono anziani o con
patologie pregresse, non sono in grado di deambulare: significa che
gli infermieri li devono sollevare, avvicinandosi, prendendoli in
braccio, senza quindi poter mantenere la distanza minima di
sicurezza.
A mezzogiorno le note dell'Ave Maria,
che escono dal monastero, avvolgono tutto il paese: ci si affida
anche a questo, alla fede, pur di uscire da questo dramma.
La Campania è la regione del sud tra
le più esposte al rischio del crollo del sistema sanitario, nel caso
in cui dovesse crescere il contagio: Federico Ruffo ha intervistato
telefonicamente un infermiere dell'Ospedale del Mare a Napoli, che
ammette di un potenziale omicidio colposo di massa, di cui si sentono
in parte responsabili, come degli untori, quando tornano a casa dalle
loro mogli e figli e parenti, chiunque.
Sono messi di fronte alla scelta: far
morire qualcuno perché siete infetti e non ve ne andate oppure
starsene a casa e far morire i pazienti perché non li assistono.
Ai tempi del coronavirus passare dal
sentirsi un eroe o ritenersi degli assassini non dipende da te, ma da
chi ti fornisce tamponi o mascherine.
Lo staff del governatore De Luca ha
realizzato un video che mostra il presidente mentre visita il
cantiere di un nuovo ospedale dove saranno pronti dieci nuovi posti
per curare il virus, all'ospedale Loreto Mare.
Insieme a lui il direttore della ASL
Napoli 1, ed Enrico Coscioni il consulente per la sanità di De Luca,
che ha tenuto per sé l'assessorato alla sanità.
Indossano tutti mascherine FPP2 e FPP3,
le migliori per combattere il contagio: ma sono quasi le uniche che
girano all'interno degli ospedali per medici e infermieri.
Nella puntata si cercherà di dare
anche qualche suggerimento sulla ricostruzione, sul come uscire da
questa situazione
La scheda del servizio -LA ZONAGRIGIA di Giorgio Mottola, Claudia Di Pasquale e Federico Ruffo
Un nuovo viaggio nell’Italia colpita da Covid-19. Filo conduttore della puntata sarà la guerra dei tamponi dal nord fino in Sicilia, dai protocolli seguiti, ai controlli sulle zone più esposte, ai dati sui contagi. Le telecamere di Report sono andate a Bergamo, la provincia con il più alto numero di morti e di contagiati in Italia. Forse la pandemia poteva essere contenuta o anche solo rallentata. A inizio marzo si era deciso di chiudere la città e trasformare la provincia in una zona rossa. Come mai non è più accaduto? Chi ha influenzato le scelte del governo? Grazie a testimonianze inedite verrà raccontata la catena di errori fatta negli ospedali della provincia bergamasca. Report è stato anche in Veneto dove la strategia adottata in provincia di Padova ha fermato il contagio.Lo scorso 23 marzo muore per coronavirus il direttore del parco archeologico di Siracusa, Calogero Rizzuto. Nei primi giorni di febbre gli viene negato il tampone. Viene ricoverato in ospedale solo quando è già molto grave. Intanto si contagia la sua più stretta collaboratrice, che morirà due giorni dopo di lui. Si contagiano anche altri colleghi, alcuni vengono ricoverati, altri restano in isolamento a casa. Ma quali sono le misure di contenimento e prevenzione prese dalle istituzioni? E come funziona il sistema dei laboratori accreditati per analizzare i tamponi?
La Campania è, tra le regioni del Sud, la più esposta al rischio di un crollo del sistema sanitario se crescono i contagi. Con quasi 6 milioni di abitanti, la regione governata da De Luca punta soprattutto a vigilare sul rispetto della quarantena. Ma negli ospedali, anche quelli che si tenta di adeguare all’emergenza, medici e infermieri lottano con dispositivi inadeguati, tende per il pre-triage posizionate nei luoghi sbagliati, intere zone prive di strutture, mentre ospedali fantasma attendono di essere inauguratiVedremo infine come evolve la situazione in Cina, tra la riapertura di Wuhan e la paura dei contagi di ritorno.
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