17 aprile 2020

Chi è senza peccato (lo scontro regioni-industriali-governo)

Avevamo proprio bisogno, in questo momento, di altre tensioni, sulla scena politica.
Mi riferisco alla recente nomina del presidente di Confindustria che ha scelto di partire col piede giusto, puntando il ditino contro la politica che non decide e contro i sindacati.
Che modello ha, come politico, il neo presidente Bonomi? Forse Trump, responsabile per le sue scelte delle migliaia di morti in America?
E che modello ha per il paese? Il solito uomo forte al comando che segue le richieste degli industriali?

Confindustria, assieme alle regioni del nord, oggi fa parte del fronte della riapertura subito, senza nemmeno aspettare maggio, riaprire per non morire 
«La politica ci ha esposto ad un pregiudizio fortemente anti-industriale che sta tornando in maniera importante in questo Paese», «non pensavo di sentire più l’ingiuria che le imprese sono indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Sentire certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente. Credo che dobbiamo rispondere con assoluta fermezza».
Il pregiudizio di cui parla è in realtà lo scetticismo di quanti hanno letto le notizie o visto i servizi sulle pressioni di confindustria in Lombardia per non dichiarare le zone rosse nel bergamasco, per tenere aperte le imprese, per non bloccare tutto.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.

Gli industriali pensano di far meglio dello Stato (perché sono loro che creano PIL e ricchezza, mica lo Stato, buono solo a concedere prestiti a fondo perduto): dicano loro come intendono garantire la sicurezza ai propri dipendenti (al lavoro e sui mezzi di trasporto) e se ne assumano le responsabilità.
Chi è senza peccato scagli la prima pietra e, a mio parere, qui al nord nessuno è senza peccati da scontare.

Ad oggi, metà dei lavoratori italiani è già al lavoro, a Milano siamo al 67,1 oltre la media nazionale: a Brescia e nelle altre provincie lombarde le aziende hanno mandato a migliaia le richieste alle prefetture per rimanere aperte.
E le prefetture hanno potuto controllare solo una minima parte di queste richieste.

Non c'è stato nessun lockdown vero, almeno qui in Lombardia: parlare ora di riaperture serve solo ad alimentare una inutile polemica col governo (da parte delle regioni) e per nascondere le responsabilità dei singoli.
Cosa faremo quando scoppieranno altri focolai?

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