Non avendo compreso bene come sia
potuta arrivare la fase 1 (l'esplosione dei contagi, i 600 morti al
giorno, la strage degli anziani,
le delibere vergogna della regione Lombardia), si apprestiamo ad
entrare nella fase 2.
Perché non possiamo stare fermi,
perché perdiamo PIL, perché le famiglie non hanno soldi.
O forse perché c'è il rischio che le
persone si rendano conto di quanto sia successo: dell'impreparazione
alla pandemia, della sottovalutazione del rischio, della grande bugia
sulla virtuosa sanità lombarda.
Quella che ha puntato tutto sui grandi
ospedali dimenticandosi della sanità nel territorio, quella che ha
trasformato la sanità in business (per esempio quello delle RSA) e i
medici in manager.
Tutti contestano al governo di non aver
ancora emanato un piano dettagliati, di non aver messo nero su bianco
date certe per le riaperture.
Ma siamo di fronte ad un'emergenza
unica, ad una situazione mai vista, sappiamo così poco del virus (lo
conosciamo da pochi mesi), quali sono le settimane di incubazione, se
i malati diventano immuni per sempre o meno.
Come si possono dare delle date certe,
quando ancora
in Lombardia si hanno duecento morti al giorno?
La fase 2 deve ripartire dalle 4 D,
dice il governatore Fontana che sembra non voler aspettare il
piano nazionale di Conte: ma come si fa a garantire il
distanziamento sui treni regionali, quelli di Trenord dove le
persone fanno fatica a trovare posti in piedi?
Andremo a lavoro in modo scaglionato?
Oppure ci costringeranno tutti a prendere l'auto, ingolfando le
strade che portano a Milano e nei grandi centri?
E sulla diagnostica, ovvero monitorare
le persone che vanno al lavoro, questa non si improvvisa dall'oggi al
domani, specie se non si coinvolgono i medici di base. Quelli che
secondo Giorgetti voleva depotenziare ..
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