15 aprile 2020

Quel prima a cui non dobbiamo tornare

A Pasqua abbiamo inseguito i cittadini ribelli con l'elicottero, snidato i grigliatori della domenica con i droni.
Controllato uno ad uno le persone in macchina lungo le arterie che uscivano dalle città italiane, per Pasqua.
Tutto questo per vedere sempre i soliti risultati, i soliti numeri su infetti e morti per il coronavirus.

Forse il problema non erano solo i runner, le persone col cane e i gitanti di Pasquetta oggi.
I nuovi casi di infetti, specie a Milano, sono legati ai tanti errori commessi da regione, comune e governo: non chiudere subito le zone rosse, spostare i malati covid nelle strutture (accreditate dalla regione) per anziani, non dotare fin da subito di dispositivi medici e infermieri negli ospedali.
Qui in regione Lombardia ci si è concentrati solo sulle grandi strutture, a cui si sono rivolti i malati nelle settimane passate: ospedali che sono stati ad un passo dal collasso, che sono diventati luoghi di infezione.
La sanità lombarda, quella considerata eccellenza, ha dimostrato qui i suoi lati deboli: l'aver smantellato la sanità sul territorio, aver sacrificato il pubblico a favore del privato, aver trasformato i dottori in manager nominati dalla politica.

Come nel 2007, quando è arrivata la crisi finanziaria per i mutui subprime, anche questa crisi (che avrà effetti peggiori) poteva essere prevista: ai tempi della bolla sui mutui per le case, si vedevano i prezzi delle case crescere, i salari rimanere invariati, il numero dei pretesti crescere (vedetevi il film La grande scommessa di Adam McKay) ...
Oggi non abbiamo voluto vedere gli effetti del disboscamento delle foreste per trasformarle in pascoli o in zone per culture; non abbiamo tenuto conto degli affetti degli allevamenti intensivi; non abbiamo voluto chiederci cosa sarebbe successo coi maggiori contatti tra gli animali selvatici (portatori di nuovi virus) e l'uomo.
Non ci siamo chiesti cosa sarebbe potuto succedere col depotenziamento della sanità pubblica.
Ce ne siamo fregati di aggiornare il piano nazionale e regionale per la gestione delle pandemie.
Eppure alle spalle avevamo già l'Ebola, la Sars ..

Come nel 2008, anche questa crisi sarà scaricata sulle spalle del pubblico, sulle persone che sono dovute rimanere a casa, senza cure e senza tampone e che magari in casa si sono pure ammalate infettando la famiglia.

Avremo veramente voglia di cambiare le cose, nella sanità, nel welfare, nella politica industriale, nelle regole del mondo del lavoro (che anche in questo momento non riesce a proteggere i rider per esempio), nella scuola?
Vedo una grande voglia a tornare come eravamo prima: ma se siamo arrivati a questo stato di emergenza è proprio perché quel prima non era tanto giusto.

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