24 aprile 2020

L'effetto lente del corona virus

Questa emergenza per il coronavirus sta avendo l'effetto l'effetto lente, per farci comprendere meglio la natura nostra e delle altre persone.
Certo, per capire di che pasta è fatto Trump non c'era bisogno del virus, non abbiamo avuto bisogno di sentire le sue sparate su come curarsi per il Covid per comprendere il suo ego, la superficialità, l'incompetenza, la sua pericolosità per gli americani e per il mondo.

Oggi siamo tutti qui ad aspettare l'uscita dal lockdown, in tanti chiedono la riapertura delle imprese perché altrimenti arriva la fame, perché altrimenti l'economia non riparte più, perché altrimenti il paese non riparte più.
In parte è vero, come non essere d'accordo con quanto dice Confindustria oppure Renzi, ospite ieri sera a Piazza Pulita.
Ma non si può usare lo spettro della fame come arma di ricatto per far tornare le persone al lavoro (per non dire di quelli che non hanno smesso) non in condizioni di sicurezza.
Lo faceva vedere ieri sera il servizio di Bertazzoni: operai con mascherine non a norma, posti dove la distanza di sicurezza non è rispettata.

Si fa in fretta chiudere, dicono tutti gli oppositori del lockdown che imputano ai virologi di stare col culo al caldo mentre loro rischiano.
Ma si fa in fretta anche a far partire nuovi focolai, nuove morti, nuove zone rosse.
Il volersi finalmente affidare alla scienza, come era sembrato capire nei giorni più neri, quelli dei seicento e passa morti, è ormai passato.
Ora che la scienza (come le tutele sul lavoro) sono solo un vincolo, un peso che non possiamo permetterci si torna ad affidarsi alla pancia, all'emozione, al vivere alla giornata.
"Dobbiamo essere bravi ad aprire e a chiudere se dovesse arrivare un nuovo focolaio" - sempre Renzi ieri sera.
Certo, dipende da che parte stai.
Se stai dalla parte di chi viene infettato, di chi vede un parente andar via in barella per non tornar più, non è tanto consolante.

Nessun commento: