21 maggio 2020

A 28 anni dalla strage di Capaci

Sono passati 28 anni dai botti di Capaci e di via D'Amelio.
E 40 dall'omicidio del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella, poco meno per gli altri "cadaveri eccellenti", Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Cesare Terranova, Rocco Chinnici, Ninni Cassarà ..
Un tempo sufficientemente lungo per poter avere dalle istituzioni una verità che dia risposte a tutti i perché e tutti i dubbi che sono sorti su questi delitti.

Ieri sera ho seguito con interesse l'intervista al magistrato Alfredo Morvillo, fratello della moglie di Falcone: non possiamo più considerare questi omicidi, queste stragi (Capaci, via D'Amelio, via Pipitone) come episodi isolati, da celebrare ogni volta con le solite parole di circostanza.
La verità che si è consolidata, sono solo delitti di mafia, Riina e i corleonesi volevano vendicarsi di quanti facevano loro la guerra nello Stato, non basta più.

E' una verità che non risponde a tutti i perché: perché quella strage proprio a Palermo, quando Falcone poteva essere colpito più facilmente a Roma?
Chi ha manomesso il suo palmare Casio? E chi, anni prima, aveva trafugato i documenti segreti che Dalla Chiesa custodiva nella sua cassaforte?
Ieri, sempre nel corso della puntata di Atlantide, si è messo il dubbio sul fatto che siano stato solo Brusca e Gioè, quel giorno a premere il pulsante del telecomando.
C'erano altre persone lungo l'autostrada per Palermo?
Ieri sera, il giornalista Saverio Lodato (uno dei pochi che può veramente vantarsi di conoscere la mafia), citando una sua intervista a Falcone, ha fatto il nome di Bruno Contrada: secondo il giudice, l'ex alto funzionario dei nostri servizi sarebbe una delle "menti raffinatissime" dietro il fallito attentato all'Addaura.
E dietro forse anche le lettere del corvo, le calunnie scritte nelle lettere anonime che poi, puntualmente finivano su certi giornali.

Per arrivare, dopo 28 anni, ad una verità che dia giustizi ai parenti delle vittime e una speranza a tutti gli italiani che vorrebbero mettere fine alla mafia, bisogna dare un volto ai mandanti delle stragi e degli omicidi.
E per arrivare a questi volti bisogna capire cosa stavano facendo, Falcone e Borsellino, Dalla Chiesa e Mattarella, La Torre Chinnici, di così pericoloso tanto da portare alla loro morte.

Falcone in quel momento - lo hanno ripetuto sia Lodato che Morvillo - a Roma stava dando impulso alle sue iniziative nel contrasto alle mafie: sembrava che la politica, quel governo con Andreotti e Martelli lo stesse ascoltando.
Il carcere duro per i mafiosi, la creazione della DIA come corpo per le indagini sulle mafie, che non dovevano essere disperse tra le varie Questure o Caserme.
E, dal lato della magistratura, la creazione della Direzionale Distrettuale e Nazionale antimafia.

Mettere assieme i delitti tra loro, le competenze per analizzare tutti i casi, per seguire le tracce del denaro, le relazioni dei boss con la politica, con le banche, con la finanza.
Mettere a nudo il sistema mafioso.

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