31 ottobre 2020

Dove siamo arrivati

Siamo arrivati a dover tifare per uno come Biden contro uno (mette voi l'aggettivo) come Trump e i suoi estremisti, razzisti e armati, pronti alla guerra civile.

Siamo arrivati ad accettare la chiusura delle scuole, per la didattica a distanza, che significa una scuola per chi ha i mezzi (un pc o un tablet per ogni figlio, una buona connessione internet, degli spazi per stare da solo).

Siamo arrivati a sentir parlare di distanziamento degli anziani, per salvare tutti.

Siamo arrivati a dover considerare privilegio il posto fisso, uno stipendio dignitoso a fine mese.

Siamo arrivati a sentire i fascisti gridare libertà nelle loro manifestazioni di piazza, dove tutto si mescola, preoccupazione per il futuro di chi deve chiudere e la propaganda contro il governo Conte.

Siamo arrivati a non poter pronunciare più la parola lockdown, che fa paura. E così sindaci e presidenti di regione rimbalzano responsabilità al governo che, lato suo, non vuole più prendersi quel coraggio e quella responsabilità che pure avrebbe.

Siamo arrivati a sentire che questa malattia fa pochi morti, che tanto le terapie intensive non sono piene. Stateci voi con un tubo infilato in gola e vediamo.

Siamo arrivati a rivedere le code davanti ai supermercati, a vedere sfrecciare per le strade i rider per le consegne del cibo, con un contratto truffa che consente il cottimo.

Siamo arrivati a sentir parlare di una tassa da far pagare agli statali che se ne stanno a casa in smart working a non far niente.

E nessuna proposta contro chi con la pandemia si sta arricchendo. Dai giganti della rete, alle catene dei supermercati.

Nessuna proposta di tassare i super ricchi, di andare a stanare gli evasori, che sarebbe pure ora che pagassero quello che consumano a scrocco nel servizio pubblico.

Siamo arrivati a sentire i virologi mettersi gli uni contro gli altri, come fossero politici da talk.

Siamo arrivati impreparati a questo autunno del disonore (dopo un'estate a discutere di ponte sullo stretto, di discoteche, di "ma quale seconda ondata?"..), senza nessun rinforzo sui medici di base, sulle Usca, sui mezzi di trasporto, sui vaccini, sui posti di lavoro.

E in questo momento di crisi, di tensione, brutti mostri si stanno affacciando sulla scena. Per intorbidire le acque.

29 ottobre 2020

La passione per il delitto 2020 – domenica 18 ottobre: tre delitti per tre città

 

L'autografo di Filippo Venturi al suo libro


Penultimo incontro alla Passione per ildelitto 2020: Franca Villa presenta i libri dei seguenti autori

Tre storie diverse, che invece hanno tratti in comune.

Filippo Venturi presenta il suo libro, con un oste detective (al secondo romanzo): un ristoratore legato alla tradizione per cui quando sta per materializzarsi un guaio, lo avverte.

La sfoglia per le lasagne che non viene, nel primo romanzo. In questo invece c'è una ragazza che si sente male, per una crisi allergica: Zucchini entrerà così in questo nuovo caso che lo porterà alla ricerca dell'icona della Madonna di San Luca. Come se rubassero la madonnina a Milano.

Il protagonista ha qualcosa di autobiografico, Emilio Zucchini nasce da una mia passione recente per la scrittura, nata dieci anni fa.

Un giorno Repubblica mi chiese un trafiletto e io scrissi una specie di tripadvisor sui clienti: Mondadori un giorno gli scrisse chiedendogli di scrivere un romanzo, con una specie di Coliandro in ambito gastronomico.

Avevo una forte paura di sbagliare, allora mi sono ispirato a me stesso, alle cose che conoscevo. E ora, dopo due anni, non so se sono io ad ispirarmi a lui o viceversa.

Con Bologna ho un rapporto fortissimo, troppo forte che si porta dietro delle conseguenze: non sono un cittadino del mondo, ma un bolognese.

Ho due figli, una moglie, degli affetti ora non potrei girare il mondo: nemmeno ai tempi dello studio, la mia passione per Bologna mi ha privato del coraggio di andarmene. Da buon bolognese parto sempre per tornare.

Un personaggio della storia è il vescovo, molto aderente alla realtà, che ha una fortissima umanità, molto progressista e che vive la sua cristianità come il nostro papa.

Volevo raccontare questo vescovo che sta togliendo della polvere nella chiesa bolognese.

Per esempio con i tortellini al pollo, per i fratelli musulmani, da consumare alla festa di San Petronio, una proposta del monsignor Zuppi che suscitò molte polemiche negli ambienti conservatori.

Un giallo da leggere? Leggo molto libri che fanno ridere, come i libri di Robecchi, Don Winslow..

Un libro che consiglio, John Niven “A volte ritorno”.

Gli spaghetti alla bolognese sono spaghetti, con pomodoro e tonno: è un piatto povero, il piatto di Santo Stefano.

Antonio Paolacci presentava il libro da solo per l'assenza di Paola Ronchi: protagonista dei romanzi è il vicequestore Nigra, gay dichiarato, a Genova.

Il romanzo si apre con un delitto in una chiesa nel centro storico di Genova, dove sono presenti un gruppo di anziani, quasi tutti amici tra di loro.

Uno di questi, dopo aver preso l'ostia, si accascia.

Sono tutti sospettati, gli arzilli vecchietti, accomunati dalla passione per il delitto. Da qui inizia un gioco di sospetti e contro-sospetti, per un omicidio architettato in modo complesso.

Nigra nasce da una specie di esigenza politica, dall'idea di creare un investigatore in un giallo classico con questa caratteristica, essere omosessuale.

Da questa idea siamo partiti, io e Paola: da un'idea ci siamo mossi a valanga, è nato il personaggio, i co-protagonisti, il contesto.

Ci siamo documentati, sul mondo della polizia, sul mondo della Questura di Genova. E anche con una associazione che si chiama Polis Aperta, di esponenti di polizia lgbt.

Siamo tutti e due foresti: Paola viene da Torino e io dalla Campania, ma abbiamo una fascinazione per Genova, quando ci sono arrivato ho avuto la sensazione che non potevo non scrivere di questa città.

Non si può scrivere di un luogo che non si conosce davvero: Genova è una città dove è difficile distinguere centro da periferia, chi sta in quartiere magari non conosce come si vive in altri.

Genova offre la possibilità di mettere assieme tante tematiche: il centro storico multietnico, complicato, contraddittorio. Dall'altro lato, Genova è una città portuale, internazionale, con forti contatti con la Francia.

Ma è anche una città provinciale, non è una metropoli: con questa serie vogliamo raccontare la città ma anche la nazione, perché nella Questura ci sono poliziotti da tutte le parti d'Italia.

Com'è scrivere a quattro mani?

Serve avere accanto la persona giusta, abbiamo scoperto di avere lo stesso metodo di Fruttero e Lucentini: parliamo e condividiamo tanto della nostra vita, arriviamo al foglio quando abbiamo già le idee chiare.

Poi il lavoro diventa normale: una scaletta, poi i capitoli e poi i file che ci scambiamo. Ogni frase del libro deve essere approvata da entrambi.

In questo romanzo rubiamo dalla realtà: un signore in chiesa che si è sentito male, di fronte ai genitori di Paola. I genitori hanno raccontato la reazione dei presenti: da qui siamo partiti, col morto che è anche una persona antipatica.

Il nostro è un romanzo sul pregiudizio: anche quello del lettore, che di fronte al morto, alla sua perfidia, pensa che se lo sia meritato.

Da che autori sono stato ispirato? Manchette, Bruno Morchio (riferimento per Genova), poi Robecchi, Manzini..

Un libro che deve essere letto è La donna della domenica, Fruttero e Lucentini.

Enrico Camanni presenta il suo libro, il quarto con lo stesso protagonista, una guida alpina che si trova di fronte a casi di persone scomparse.

Diventa detective perché si appassiona di queste scomparse: una di queste è una donna, trovata sotto una valanga, vittima di una amnesia.

Quella donna era legata, con una corda, ad un'altra persona. Chi era questa persona?

Nel libro ho messo cose mie – racconta l'autore: da ragazzo avevo due passioni giornalisti e montagna, ho scelto la scrittura poi e quindi il personaggio nasce dal fatto che volevo diventare una guida alpina.

Non sopporto gli stereotipi sulla montagna, sugli uomini della montagna: il protagonista è un immigrato del sud che vive a Torino, ha una ex moglie e una fidanzata.

In alcuni aspetti ho messo della fantasia, ma non potrei mai scrivere di cose che non conosco, di posti che non ho frequentato.

Il protagonista abita in un posto abitato, dove si incrociano alpinisti ma anche turisti e i tir che trasportano merci.

Il secondo luogo del libro è Torino, che non è quella delle cartoline, ovvero la Barriera di Milano, ex zona di operai. Come il papà di Settembrini, operaio della Fiat.

Poi ci sono le Alpi, volevo raccontare a tutti cosa fossero, una catena lunga 1200km, attraversarle è come attraversare l'Italia.

La passione per la montagna l'ho sempre avuta, quella per la scrittura l'ho imparata di recente: non sono architetto nell'impostazione, ho in mente la storia e gli eventi fondamentali, ma aggiungo eventi e personaggi strada facendo.

I libri che mi hanno influenzato sono quelli di Simenon, Mankell e il suo commissario Wallander, e poi l'autore dei libri I fiumi di porpora Grangé.

Gli spaghetti alla bolognese non esistono di Filippo Venturi

 

Maggio 2019. Un venerdì sera come un altro. In trattoria  
Lei arriva a metà serata. E' sola ed è carina. Sono due elementi che solitamente, soprattutto se abbinati, a Emilio Zucchini non sfuggono. E infatti eccolo lì, già tutto ringalluzzito, che la osserva mentre si guarda intorno sulla porta. Avrà 7-8 anni meno di lui sui, 35 portati bene. In ogni caso: età perfetta. La saluta quasi emozionato, con garbo, come del resto fa con tutti. La fa sedere con discrezione, senza lasciare trapelare nulla del suo subbuglio interno. Poi, però, non le stacca mai gli occhi di dosso. Quella ragazza ha qualcosa di banalmente irresistibile.

Secondo giallo con protagonista il ristoratore – investigatore Emilio Zucchini, detto Zucca. Proprietario dell'osteria La vecchia Bologna a Bologna, un posto dove poter mangiare tutti i piatti della buona cucina bolognese e dove invece sono banditi i piatti che non rispettano la tradizione locale o che sono solo un'invenzione della cucina di massa.

Se nella scorsa lezione culinaria avevamo imparato che il tortellino muore nel brodo (e non nel sugo), in questo impariamo qualcosa di nuovo: gli spaghetti alla bolognese non esistono. Se andate a chiederli alla sua locanda potreste sentirvi rispondere in modo risentito:

Gli spaghetti alla bolognese non esistono sono un'invenzione internazionale un complotto forse c'entrano i servizi segreti forse la CIA prenda le tagliatelle al ragù e capirà cosa intendo”.

Questo secondo romanzo conferma quanto di buono avevo trovato nel precedente: un giallo col giusto equilibrio tra umorismo, azione, intrigo nella trama e poi quell'occhio innamorato dello scrittore (che è pure lui ristoratore) sulla sua città, Bologna.

Chi è Emilio Zucchini? E' un cuoco tradizionale, ama il suo lavoro, accogliere i clienti, specie le belle donne come quella ragazza coi capelli alla francese che però, all'improvviso si sente male, mentre sta mangiando.

E' il peggior incubo per un ristoratore, il cliente che si sente male per qualcosa che ha mangiato nel suo locale. Eppure i segnali, che qualcosa di brutto stava per capitare, erano arrivati tutti: perché la sua cucina ha delle doti speciali, è in grado di comunicargli che sta per arrivare un guaio. La scorsa volta era la sfoglia che non voleva proprio saperne di venire.

Questa volta si tratta della cappa dei fumi, che improvvisamente si spegne .. un coltello affilato che, con un certo umorismo, viene chiamato “occhio che taglia” che cade sulla scarpa infortunistica del cuoco, tagliandola..

Solo a quel punto Emilio capisce sta per accadere qualcosa. Qualcosa di nefasto. Sono troppe le coincidenze. La sua cucina, ormai lo sa da tempo, detiene poteri al limite dell'esoterico. Tutte le volte che si sta per materializzare un guaio, lei lo avverte e gli manda dei segnali. E' una specie di anteprima di quello che succederà, come se qualcuno gli passasse davanti col carrello delle sfighe

Un carrello con dentro una cliente soccorsa dal 118 se ne esce dal locale nel silenzio generale. Qualcosa da non dormirci la notte.

Ma quella notte è una notte particolare, quella dove il caso, o forse un entità superiore, mette quella serie di eventi che poi porteranno a quell'effetto domino che porterà effetti devastanti su Emilio, sulla curia bolognese e su tutta la città.

Succede che Mirko Gandusio, chiamato grande Gandhi per distinguerlo da quell'altro, mentre passeggia solitario lungo le strade della città, in quella notte di pioggia, si infila dentro la sagrestia della cattedrale di San Pietro in piazza Grande. E vede lei, la madonna di San Luca:

In quel momento che la vede. Lei è laggiù, appesa in bella vista. E' piccola, scura ma luminosa, agghindata di fiori come un cantante sul palco del Festival di Sanremo. Invece semplicemente lei, la Diva, l'unica inimitabile Madonna di San Luca il simbolo della città.

E' un attimo, acchiappare la tavola di legno e scappare via, per dare una svolta alla sua vita. Dopo che la sua ragazza l'ha abbandonato, dopo che lui non è stato capace di dirle le parole giuste per rimanere. Dopo che aveva dovuto smettere di lavorare come buttafuori, per quelli attacchi di panico.

La Madonna di San Luca è un'icona venerata a Bologna, è come se a Milano qualcuno avesse rubato la “madunina” in cima al Duomo.

Viene subito allertata la curia, il sanguigno arcivescovo don Gennaro Quaglia, il suo vice don Sebastiano:

Gennaro Quaglia era un vescovo di strada. Si era formato nella comunità di Sant'Anna, movimento di laici al servizio dei bisognosi, nato e cresciuto nei quartieri poveri di Napoli. Credeva nel dialogo interreligioso, considerava l'immigrazione una risorsa imprescindibile. Avversava il clericalismo e attaccava la politica senza etica, che ragiona solo di pancia unitamente a quei preti che svuotano di senso la parola amore.

E poi, la Questura di Bologna, ovvero il commissario Iodice, una sorta di poliziotto “law and order”, che ha stroncato i gruppi di anarchici, gli studenti che protestano in piazza, un poliziotto che ha fatto carriera senza guardare in faccia a nessuno. Un poliziotto con buone intuizioni, nonostante quel carattere permaloso, e che ora deve risolvere il suo caso più difficile.

Per una serie di circostante fortuite, come nella migliore commedia degli equivoci, anche Emilio verrà coinvolto in questa storia e, come nel precedente caso, si troverà di fronte a Iodice e ai suoi modo poco gentili. E, come l'altra volta, si troverà ad indagare sul furto della Madonna, fianco a fianco col suo vescovo, perché nonostante non sia un vero e proprio credente, Emilio ama la sua città, i suoi simboli, le sue strade, le sue Torri. La ama così tanto da non averla mai abbandonata, nemmeno da giovane, nemmeno da studente.

Lui ama la sua città. La ama tanto. La ama troppo. Sente di doverle tutto. Forse fa il ristoratore anche perché le vuole restituire qualcosa, provando a cimentarsi nella disciplina in cui lei eccelle. Come tutti i legami strettissimi, il suo amore per Bologna si porta dietro anche implicazioni negative, per esempio quando studiava, non gli ha trasmesso il coraggio di fare un'esperienza all'estero.

Sarà un'indagine rocambolesca, che durerà il tempo di un fine settimana, sotto una pioggia scrosciante che cade dal cielo, come se il mondo dovesse finire da un momento all'altro, che terminerà con un inseguimento in macchine con al volante don Sebastiano, chiamato così in onore di Sebastian Vettel.

Indagine che finirà con una bugia e con un miracolo (in fondo per i non credenti il confine è labile): non un miracolo come quelli delle sacre scritture, ma piuttosto un cambiamento nella vita dei protagonisti di questa storia.

Perché anche Bologna è così, sospesa tra laico e profano, amante del cibo e dei piaceri della vita ma anche gelosa custode delle sue tradizioni:

Lui è cresciuto in una città da sempre indecisa tra sacro e profano. Bologna è credente e scettica, papalina e mangiapreti, illuminata e bigotta, progressista è conservatrice. Ha una strana spiritualità laica, che storicamente ha indotto i suoi cittadini a parteggiare più per Peppone che per Don Camillo.

La scheda del libro sul sito di Mondadori

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

27 ottobre 2020

Report - Vassalli, valvassori e valvassini

Pandemia aerea – Giulia Presutti

Prima del servizio dedicato alla Lombardia e al sistema lombardo, il servizio di Giulia Presutti sugli effetti della pandemia sui voli aerei.

LE compagnie aeree, nonostante non ci siano blocchi sui voli, hanno continuato a cancellare i voli, con pochi giorni di preavviso: il governo aveva tolto l'obbligo di rimborsare coi soldi i passeggeri, ma solo nel lockdown.

I voucher continuano ad essere usati ancora oggi: chi tutela i diritti dei passeggeri?

Gaetano ha visto tre voli annullati, per un valore di 450 euro: la compagnia Volotea lo ha rimborsato il costo con un voucher, non ha avuto la possibilità di essere rimborsato con denaro.

Elisa si è vista rimborsare con un voucher un volo cancellato a luglio, sempre da Volotea: per molti il voucher è stata una beffa. Che dice Enac?

Sono state richiamate le compagnie, spiega la vicedirettrice: le compagnie incassano in anticipo i soldi dei biglietti, come un bancomat, perché poi basta cancellare il volo e cavarsela con questi finti rimborsi.

Anche perché non tutti i rimborsati possono permettersi di decidere la data del volo all'ultimo momento.

Non solo, i call center delle compagnie non funzionavano, si sono registrati diversi casi di persone che hanno aspettato ore al telefono, per un numero a pagamento.

Alitalia ha ricevuto 200ml di fondi pubblici, per il Covid: come mai non rimborsa i biglietti oggi? “Rimborseremo tutti quelli che dobbiamo rimborsare” assicura un responsabile della compagnia di bandiera.

Enac ha emesso una sola sanzione, negli ultimi anni. L'antitrust si sta muovendo per una istruttoria, su Ryan Air, Easy Jet, Vueling. Ma con calma.

L'inchiesta di Giorgio Mottola sul sistema lombardo

Chi in Lombardia ha cercato di portare avanti test sierologici rapidi si è trovato davanti l'opposizione della Lega che, col segretario Grimoldi, si è mossa contro il sindaco di Robbio: ci sono dei messaggi di minaccia, così tutti i comuni hanno dovuto aspettare la Diasorin.

La scorsa puntata, con l'intervista a Caianiello, organizzatore occulto della giunta Fontana, Report ha raccontato come funzionano le candidature in regione, la ricerca dei voti della ndrangheta in regione, il meccanismo delle mazzette. La selezione dei candidati, il drenare denaro pubblico.

Tangentopoli non è mai finita, racconta Caianiello: la politica ha un costo, la mazzetta deriva da chi la chiede ma anche da chi la propone.

Se vuoi entrare nel giro che conta in regione, con gli appalti, devi essere vicino alla politica: è la storia dell'imprenditore Daniele D'Alfonso.

Ai politici di Forza Italia ha pagato vacanze e mazzette, per entrare nel giro grande: anche D'Alfonso si è rivolto a Caianiello, che lo ha messo a fianco del consigliere Tatarella.

A quest'ultimo dava 5000 euro al mese, perché gli presentava politici, perché così poteva ottenere appalti con l'Amsa.

Daniele D'Alfonso ha anche legami con la ndrangheta lombarda, per esempio con una società dei Molluso con cui ha portato a termine lavori edili.

Soldi in nero sono arrivati anche al gruppo di FDI e a consiglieri di Forza Italia, tutti vicini a Caianiello.

Il portafoglio dell'imprenditore torna utile alle regionali del 2018, quando Caianiello lo mise in contatto con suoi candidati: “si sapeva che D'Alfonso dava una mano alla campagna elettorale di Forza Italia..”

Soldi dati per ottenere poi qualcosa in cambio, finita la campagna elettorale (quella stravinta dal centro destra): sono decine di migliaia di euro in nero spesi per i politici che si presentavano alle elezioni, una specie di pesca, racconta il giornalista.

E' così se vuoi lavorare. Cosa vuoi fare? Devi morire di fame o lavorare, io ho una famiglia da mantenere, cosa faccio?” è stata la risposta dell'imprenditore, che poi ha proseguito “Sono quindici anni che li conosco, sono quindici anni che ho rapporti privati.. se io ho una campagna elettorale da dare una mano devo dare una mano ..”

Tra i candidati che D'Alfonso sostiene con più soldi in nero c'è Fabio Altitonante (20mila euro in nero), delfino di Caianiello che riesce a farsi eleggere in regione e ad ottenere da Fontana la nomina a sottosegretario regionale con la delega pesante sulla rigenerazione dell'area Expo.

I soldi per la politica? Sono gettoni spesi per entrare in un certo giro, in certi meccanismi, per farsi vedere: “lo fanno tutti” ammette D'Alfonso.

Per i soldi presi da D'Alfonso (l'accusa è di traffico di influenze), Altitonante è stato arrestato e costretto a dimettersi da sottosegretario ma ha conservato il posto in consiglio regionale. E nonostante tutto questa estate si è candidato sindaco in una piccola città abruzzese, Montorio.

“Mi hanno chiesto se, con la mia esperienza, potevo sopportarli in questa rinascita del paese” è stata la risposta del consigliere, di fronte a questa contraddizione. “Sono certo che da processo ne uscirò pulito..”

A che livello è stata fissata l'asticella dell'etica in Lombardia? Imprenditori che pagano gettoni per avvicinare politici (e che poi non pagano i lavori con la ndrangheta), per poi ottenere lavori da aziende pubbliche.

Nelle società pubbliche della regione, ogni consulenza, ogni nomina, ogni incarico doveva passare per l'ok di Caianiello: tutti i bandi erano di fatto truccati, le nomine sono frutto di spartizione politica, non in base al merito.

Quando il professionista riceveva l'incarico dalla regione, doveva pagare la tassa a Caianiello: arrivava dal commercialista che lavorava con la partecipata una fattura da pagare.

Si parla di un versamento del 10%: si chiama mazzetta, basta moltiplicare le consulenze per n volte e così si nascondono i finanziamenti occulti al politico.

A volte i contributi arrivavano cash all'ex dirigente di FI, che poi riversava in parte nelle casse del partito. Oltre a FI, c'erano altri partiti che ricevevano le decime dai loro professionisti: Caianiello parla di FI, Lega e PD.

L'ex segretario di FI a Gallarate, Bilardo, parla di un professionista di Varese, l'avvocato Mascetti, che si è preso diversi incarichi in provincia: un sistema di spartizione degli incarichi in quota Lega, che in provincia dava solo incarichi a Mascetti – racconta l'ex assessore Licati e lo ha pure confermato Caianiello.

Mascetti ha lavorato con Fontana come avvocato e oggi è consulente della regione (diretta da Fontana) per 50mila euro: il suo potere deriva dalla sua associazione, Terra Insubre, che organizza convegni in regione e che strizza l'occhio al secessionismo della vecchia Lega.

Ma in quella associazione c'era modo di incontrare il mondo leghista: lo racconta un ex delegato, che parla di una sorta di CL della Lega.

Gruppi di professionisti che lavorano assieme, in lobby, con forte interesse nel settore sanitario: Mascetti ha fatto diverse consulenze con ospedali lombardi, da Melegnano a Varese a Como.

L'ex assessore Monica Rizzi racconta dei rapporti di Mascetti con la lega di Bossi: li considerava dei fascisti e li aveva messi nel libro nero.

Da Terra Insubre arriva anche Savoini, quello con busto del Duce sulla scrivania: Report aveva raccontato la storia della compravendita di petrolio, all'hotel Metropol di Mosca, per far arrivare dei soldi alla Lega di Salvini, si parla di 65mln per finanziare la campagna elettorale.

Nella trattativa si cita il nome di Mascetti, che sedeva nel comitato direttivo di Banca Intesa: vicenda in cui non c'entra nulla – il commento dell'avvocato su queste intercettazioni.

Non tutti hanno voglia di parlare di Mascetti: un ex parlamentare della Lega ha parlato dei suoi rapporti con Giorgetti, nella stessa foto con Mascetti e il suo braccio alzato.

Mascetti è stato nominato, in quota Lega, in Italgas: favorito dalla Lega? Fatto smentito dall'ex sottosegretario. Ma quando Bossi è stato estromesso dalla Lega, Mascetti ha iniziato a prendere incarichi importanti, fino alla fondazione Cariplo: a Varese i membri sono decisi dalla provincia.

La Lega ha chiesto, a Varese, i tre posti nella fondazione Cariplo – racconta Caianiello: gestisce milioni da usare poi sul territorio, anche per attività di beneficenza.

Dalla fondazione arrivano soldi a Terra Insubre, per progetti su Celti in Lombardia per esempio.

E' la logica della Lega, occupare tutti i posti e poi distribuire i posti a valvassori e valvassini – racconta un dirigente della fondazione che ha preferito rimanere anonima.

Mascetti ha risposto al servizio di Report, spiegando via email che vuole fare cultura e non politica, che ora è solo un socio di Terra Insubre. La politica è come un magnete, commenta Ranucci, pretende che tutto ruoti attorno a lei.

Come racconta la storia dei tamponi che alcuni comuni lombardi hanno voluto fare, senza aspettare la regione: a Robbio hanno fatto 4500 tamponi, dove in molti han pagato per chi non poteva. Con questa operazione, che non ha pesato sulle casse pubbliche, si è fatto uno screening locale, suscitando però le ire della regione Lombardia.

Molti comuni hanno ricevuto il divieto di fare test sierologici: è successo a Cisliano, che ha ricevuto una diffida da ATS, basata su cavilli burocratici.

Il sindaco di Robbio, nonostante le diffide dell'ATS di Pavia è andato avanti: la regione aveva affidato i test a Diasorin, con cui aveva firmato un contratto in esclusiva. Ma la Diasorin non era pronta quando i comuni si sono mossi a marzo con dei test certificati e usati poi in Emilia e Romagna.

Techno genetics (un'azienda concorrente) aveva messo a disposizione i suoi test al San Matteo, vedendoseli rifiutati.

Ma la regione non ha nemmeno fatto la gara per il tampone: su questo appalto la procura ha aperto un'inchiesta.

Anche in questa storia c'è una società pubblica, l'Istituto insubrico, i suoi rapporti con la Diasorin, il suo direttore generale Gambini, pure lui in stretti rapporti con Mascetti. Una bella carriera per uno che è partito da una farmacia e che ora è dirigente del Besta.

Contro i sindaci ribelli sono scesi in campo i pezzi grossi della Lega: anziché preoccuparsi della situazione sanitaria in regione, due deputati hanno firmato una interpellanza al ministro Speranza, per fermare il lavoro dei sindaci come quello di Robbio (“quella merda di Robbio”).

Il segretario regionale Grimoldi ha mandato dei messaggi agli amministratori locali, contro Robbio: al solo sentir nominare Diasorin, Grimoldi ha minacciato una querela, dicendo di non conoscere dove sta Robbio.

Perché questo accanimento contro i test fatti a Robbio? In altre regioni però quei test sono stati fatti, senza problemi da parte del ministero della sanità.

Se queste indagini dovessero confermare le accuse, sarebbe triste scoprire che l'avidità umana sovrasta il bene della salute dei cittadini.

26 ottobre 2020

Le anteprime di Report – il sistema lombardo

La reazione della Lega, dei suoi vertici, dei suoi tifosi (specie sui social) ai servizi della scorsapuntata è stata solo di fastidio: altro che scoop, è il solito attacco politico al buon governo leghista (e del centro destra) nelle regioni del nord.

Come se fosse normale avere in concessione gratuita un bene comune, come l'ippodromo comunale gestito dalla famiglia Giorgetti.

Come se fosse normale il cambio d'uso di un terreno di famiglia, senza dichiarare la posizione di conflitto di interesse.

Come se fosse normale che le nomine in regione Lombardia le decidesse non il governatore e il suo staff, ma un ex dirigente politico condannato per concussione.

Come se fossero normali certi rapporti tra esponenti politici e uomini vicini alla ndrangheta. Perché questi votano, così ha detto la scorsa settimana Nino Caianiello.

Il sistema lombardo è tutto fuorché virtuoso.

Il sistema lombardo

Questo servizio è la prosecuzione di quanto abbiamo visto la scorsa settimana, quando Giorgio Mottola ha messo assieme le storie dei camici del cognato, il terreno dei Fontana a Varese, il maneggio a disposizione delle Giorgetti.. E poi l'intervista al dominus delle nomine in Lombardia, Nino Caianiello che Mottola ha intervistato a casa, tranquillo, mentre racconta di tangenti, nomine, persone da aiutare, persone da mettere in contato.

Come quando aiutò l'imprenditore Daniele D'Alfonso (presentato da Tatarella) a vincere qualche bando in provincia di Varese. Il portafoglio dell'imprenditore torna utile alle regionali del 2018, quando Caianiello lo mise in contatto con suoi candidati: “si sapeva che D'Alfonso dava una mano alla campagna elettorale di Forza Italia..”

Soldi dati per ottenere poi qualcosa in cambio, finita la campagna elettorale (quella stravinta dal centro destra): sono decine di migliaia di euro in nero spesi per i politici che si presentavano alle elezioni, una specie di pesca, racconta il giornalista.

E' così se vuoi lavorare. Cosa vuoi fare? Devi morire di fame o lavorare, io ho una famiglia da mantenere, cosa faccio?” è stata la risposta dell'imprenditore, che poi ha proseguito “Sono quindici anni che li conosco, sono quindici anni che ho rapporti privati.. se io ho una campagna elettorale da dare una mano devo dare una mano ..”


L'italiano è rustico, ma il senso si capisce: tra i candidati che D'Alfonso sostiene con più soldi in nero c'è Fabio Altitonante, delfino di Caianiello che riesce a farsi eleggere in regione e ad ottenere da Fontana la nomina a sottosegretario regionale con la delega pesante sulla rigenerazione dell'area Expo.

I soldi per la politica? Sono gettoni spesi per entrare in un certo giro, in certi meccanismi, per farsi vedere: “lo fanno tutti” ammette D'Alfonso.

Per i soldi presi da D'Alfonso, Altitonante è stato arrestato e costretto a dimettersi da sottosegretario ma ha conservato il posto in consiglio regionale. E nonostante tutto questa estate si è candidato sindaco in una piccola città abruzzese, Montorio.

“Mi hanno chiesto se, con la mia esperienza, potevo sopportarli in questa rinascita del paese” è stata la risposta del consigliere, di fronte a questa contraddizione. “Sono certo che da processo ne uscirò pulito..”

Nel servizio di Mottola si parlerà anche del tema dei test sierologici che alcuni comuni come Robbio avevano avviato per la tracciatura dei positivi e che il partito della Lega ha fatto bloccare: ci sono degli sms arrivati agli amministratori locali in cui venivano minacciati, se continuavano con i test (alternativi a quelli scelti dalla regione di Fontana, con l'affidamento alla Diasorin), erano fuori dal partito.


Si è arrivati anche ad una interpellanza parlamentare (primo firmatario Grimoldi) per monitorare e bloccare queste iniziative. Perché questo ordine di scuderia? Solo per opportunismo politico (per difendere gli interessi di altri), mettendo la salute in secondo piano?

Così, mentre in Veneto si procedeva coi test, in Lombardia si fermava tutto, perché si è scelto di aspettare Diasorin, che arriverà fuori tempo massimo.

La scheda del servizio: Vassalli, valvassori e valvassini di Giorgio Mottola in collaborazione di Norma Ferrara e Federico Marconi

Report torna a occuparsi della Lombardia, dove Tangentopoli sembra non essere mai finita. Per entrare nel giro che conta degli appalti pubblici, come confermano anche alcune inchieste giudiziarie, bisogna pagare: in esclusiva a Report imprenditori, politici e amministratori locali raccontano come la corruzione in Lombardia sia diffusa dai piccoli comuni fino agli scranni del consiglio regionale. Parlano di finanziamenti occulti alla politica, mazzette sugli incarichi pubblici, bandi sistematicamente truccati. Report svela il lato oscuro della politica lombarda, avvolta da una ragnatela di imprenditori spregiudicati legati alla 'ndrangheta, faccendieri che pilotano le nomine ed eminenze grigie che, dietro alla Lega, avrebbero fatto man bassa di incarichi e consulenze. Un malaffare che avrebbe condizionato le scelte sulla sanità e in particolare sui test sierologici nel pieno dell'emergenza Covid-19, causando ritardi e aumento dei contagi.

Caccia al tesoro in Brasile

Tutto nasce da una telefonata che la redazione di Report aveva ricevuto nel 2019, dopo il servizio sui commercialisti della Lega.

Una persona sosteneva di avere informazioni interessanti su cosa stava dietro l'acquisto del capannone nella periferia di Milano da parte della Lombardia Film Commission.

Seguendo la scia, le impronte lasciate dal denaro per questa operazione, Luca Chianca è arrivato fino in Brasile: avrebbe dovuto incontrare Luca Sostegni, secondo la procura prestanome di questa operazione, che però nel frattempo era tornato in Italia.

Che fine han fatto i soldi, parliamo di 800mila euro, pagati dalla regione alla Andromeda SRL (che lo aveva pagato 400mila euro)?

Per questa vicenda i commercialisti della Lega, Di Rubba, Manzoni, sono finiti ai domiciliari: si erano conosciuti a Milano, i primi due con Scillieri e sempre qui si erano conosciuti Scillieri con Luca Sostegni, attraverso Marco Affri, anni fa proprietario dell'immobile in via Monti dove c'era il loro studio.

Sostegni sarebbe stato il prestanome per alcune operazioni seguite dai tre, era considerato una persona di fiducia da mettere lì, come titolare fittizio di beni, così sotto il profilo bancario le persone dietro potevano stare tranquille.

C'è un segreto di Pulcinella in queste vicende: la relazione di parentela tra Scillieri, che nel passato è stato consulente della LFC, e Fabio Barbarossa, il rappresentante della Andromeda SRL che poi ha venduto il capannone all'ente regionale.

Fontana ha nominato un nuovo presidente dopo la sua nomina: dopo Di Rubba e poi Farinotti, arriva Alberto Dall'Acqua professore alla Bocconi, vicino al tesoriere della Lega Centemero, con cui ha condiviso il progetto Hub 39, è nominato presidente di Italgas in quota Salvini. Tra le sue prime azioni quando arriva in fondazione, c'è una relazione che nega conflitti di interesse in capo a Scilieri.

In fiera, Luca Chianca non è riuscito ad incontrare Dall'Acqua, ha trovato solo una dipendente, Michaela Guenzi che, in quel bando, è stata solo esecutrice di ordini e decisioni altrui.

Decisioni come quella in cui Di Rubba (ex presidente) chiede alla Guenzi di farsi preparare da Scillieri la bozza del bando di gara per la nuova sede. Secondo i magistrati si tratterebbe di un bando su misura per il capannone del cognato, Barbarossa.

Possibile che nessuno sapesse che Barbarossa fosse il cognato di Sicllieri?”

Non lo sapeva la Guenzi e nessuno ha controllato.

In una intervista lo stesso Scillieri ha ammesso di essere stato consigliere di Andromeda e di Lombardia Film Commission, commenta a proposito il consigliere David Gentili, che pure aveva fatto delle segnalazioni in cui indicava come la persona che aveva fatto le perizie sull'immobile (il perito Arnaboldi) aveva un'azienda che aveva sede nello stesso civico del commercialista Scillieri.

Pensi alla Lega e ti viene in mente il dio Po, la padania, i celti con le corna, la busecca e l'ossobuco. E invece nella Lega degli ultimi anni, da Maroni a Salvini nelle inchieste spuntano fuori conti di società panamensi in Svizzera, prestanome scappati in Brasile, società offshore...

Luca Sostegni, per il suo silenzio su queste operazioni, voleva essere pagato: secondo quanto dice Scillieri, a pagarlo devono essere i due contabili della Lega, Manzoni e Di Rubba: “tirano fuori 25mila euro, che ce li hanno e se non li hanno li rubano, come hanno sempre rubato, se no Luca fa la denuncia e li fa fallire, fine. Hanno ciucciato una montagna di soldi alla Lega. Non ti dico 49 ml, ma non ci siamo lontani, sai? Ma non mi devono scassare le balle, perché io di cose ne so e vorrei tenerle per me e portarmele nella tomba”.

In una intercettazione col suo avvocato, Scillieri parla di garanzie da ottenere, ovvero che poi Sostegni non si mette a parlare coi giornalisti.

Proprio per questa garanzia di silenzio, si avvia una trattativa tra due avvocati, quello di Sostegni e quello della Lega, Zingari, lo stesso che segue la vicenda dei 49 ml di euro.

Luca Chianca ha cercato di ottenere qualche risposta sulla trattativa all'avvocato di Sostegni, Lapo Beccatini: c'è un dovere dentologico, ha risposto quest'ultimo, e non può rispondere in merito a questa trattativa.

Alla fine di questa trattativa, dicono le carte, l'accordo è che i soldi a Sostegni dovranno arrivare da Barachetti (l'elettricista che ha ricevuto diversi incarichi dalla Lega), amico di Di Rubba: proprio dalla Lega Barachetti aveva incassato 390mila euro per la ristrutturazione del capannone di Corsico.

Barachetti, racconta Luca Chianca nel servizio, avrebbe dovuto pagare più del dovuto, una serie di box nel comune di Desio, di proprietà di Sostegni. Ma alla fine l'affare salta.

La scheda del servizio: Follow the money di Luca Chianca in collaborazione di Alessia Marzi

A settembre scorso vengono arrestati i due contabili della Lega di Matteo Salvini, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, con l'accusa di peculato e turbativa d'asta. Al centro dell'inchiesta che li vede coinvolti, c'è l'acquisto per 800 mila euro della nuova sede della Lombardia film Commission, un capannone a nord di Milano. L'operazione immobiliare sembrava impeccabile, quando lo scorso anno Report ci mette il naso, però, emergono un bel po' di anomalie. Dopo l'inchiesta "I commercialisti" del 10 giugno 2019 arriva in redazione la telefonata dal Brasile di un uomo che sostiene di aver partecipato anche lui all'operazione immobiliare e di sapere parecchie cose che riguardano i fondi per la campagna elettorale del Capitano. L'uomo al telefono si chiama Luca Sostegni, fa il prestanome e, dopo mesi di ricerca, lo incontriamo a Montecatini. In un'intervista esclusiva ai microfoni di Report, spiega come avrebbe girato buona parte dei soldi della vendita del capannone su una società panamense con i conti in svizzera. Luca Chianca si mette così sulle tracce di questa società, arrivando fino a Prado, in Brasile.

Gli effetti della pandemia sul trasporto aereo

Con la pandemia si sono ridotti i viaggi in aereo: basta viaggi di lavoro e basta viaggi di piacere, col risultato che ora le compagnie aeree (come anche Italo per treni ad AV) chiedono conto al governo per il calo dei profitti.

C'è un altro problema: i viaggiatori spesso si trovano davanti a voli cancellati (con pochi giorni di preavviso) e senza nemmeno poter chiedere il rimborso perché il decreto “cura Italia” consente alle compagnie di usare i voucher.

A marzo, in pieno lockdown, si è raggiunta la percentuale del 28% di voli cancellati: ma a lockdown finito i problemi di chi viaggia non sono cessati, perché si è continuato ad usare i voucher come rimborsi.

In totale, spiega la vicedirettrice dell'Enac, l'ente di controllo dell'aviazione civile, sono stati emessi pù di 245mila voucher: le compagnie han dato all'ente di controllo un numero unico, senza discriminare lockdown o meno, perché dal 3 giugno sono state eliminate le restrizioni e i voli avrebbero potuto riprendere regolarmente .

La scheda del servizio: Pandemia aerea di Giulia Presutti in collaborazione di Marzia Amico

È l’anno nero del trasporto aereo. A maggio, in pieno lockdown, meno del 15% delle compagnie volava ai ritmi operativi normali e i profitti del settore aereo, secondo il database OAG, sono calati circa del 30%. L’Italia ha raggiunto il picco della crisi già nella terza settimana di marzo, con circa il 28% di voli annullati. Per contenere i danni da pandemia, il decreto Cura Italia ha consentito alle compagnie di non rimborsare subito i biglietti, offrendo ai passeggeri un voucher da utilizzare in futuro. Ma quando a giugno la circolazione è ripresa, gli operatori hanno continuato a cancellare voli ed emettere voucher. Chi tutela i passeggeri? L'Antitrust è intervenuta sulle compagnie, che rischiano sanzioni fino a cinque milioni di euro per ogni infrazione, ma per ora ha deciso di non adottare misure cautelari. L'odissea dei viaggiatori che esigono il rimborso è finita?


23 ottobre 2020

La passione per il delitto 2020 – domenica 18 ottobre: storie di vecchi poliziotti

 

Matteo Lunardini, Marco Proserpio,Andrea Fazioli e Daniele Bresciani

Quarto incontro della rassegna letteraria La Passione per il delitto, con tre scrittori e i loro investigatori, tutti con una lunga storia alle spalle, presentati da Marco Proserpio

  • Daniele Bresciani, Anime trasparenti, Garzanti

  • Andrea Fazioli, Il commissario e la badante, Guanda

  • Matteo Lunardini, Al Giambellino non si uccide, Piemme

Daniele Bresciani ha una trama avvincente, protagonista è l'ispettore Miranda, nel romanzo la prima parola che pronuncia è un vaffa. Nello stesso ufficio da anni, perché aveva appeso al muro un collega.

Dario Miranda chi è?

E' un poliziottone, corpulento, con dentro un'umanità, che ho poi messo in tutti i personaggi.

Gli piace il lavoro che fa, si trova al confine tra giustizia e legalità e a volte questo confine lo supera. “Tu li difendi, questi qui?” gli dice un collega: questi qui sono gli immigrati che non fa finta che non esistano, li vede e li conosce.

Nel romanzo le donne sono vittime, ma anche personaggi capaci di cambiare le storie delle altre persone: nel romanzo uno dei luoghi è un asilo clandestino per immigrati. E' gestito da una donna, Gloria, una zona franca dai problemi della realtà.

Nel romanzo è inventato ma a Roma è stato inventato veramente un posto simile, dove i bambini non hanno nazionalità e possono giocare tra di loro.

Bambini a cui è stato insegnato di nascondersi, perché là fuori ci sono degli squali, come nell'immagine della copertina: sono loro le “anime trasparenti”.

Il 25 maggio è la giornata dei bambini scomparsi, ogni anno sono 180: è stata la scoperta di questi numeri che mi ha portato a scrivere questo libro. Bambini scomparsi, bambini che perdono i genitori, bambini che finiscono nel traffico di esseri umani.

Dal fatto di cronaca, dai suoi numeri, ho costruito una storia di fantasia.

Anche nel libro di Lunardini si parla di immigrazione: protagonista è il detective Zappa (tributo al musicista), che conosciamo in una giornata afosa.

Questo detective l'ho costruito per presentare tante storie della mia città, Milano: storie alte e storie basse. Zappa ha fatto una rapina in gioventù, è stato in galera negli anni 80 e quando è uscito ha trovato un mondo nuovo: in carcere ha potuto studiare sé stesso e la criminalità, con cui tende poi a giustificare “gli altri”, i delinquenti.

Nel libro su mescolano episodi inventati con storie vere, come quella di Lutring, il solista del mitra. Anche lui è del Giambellino, come l'autore.

Si parla della periferia ovest di Milano: la prostituzione, lo spaccio. Ma anche la storia della città, come gli episodi della resistenza, la storia dell'immigrazione, la genesi del fascismo, delle brigate rosse.

L'intreccio dei fatti si incrocia con episodi della storia del protagonista: una prima della Scala nel 77, un concerto di Frank Zappa dell'82. La prima rapina in banca fatta il 16 marzo del 1978, il giorno in cui fu rapito Aldo Moro.

Le date sono importanti: è quasi un modo di raccontare autistico, perché Zappa è ossessionato dal tempo, essendo stato in galera per anni.

Nel tempo, la criminalità è cambiata negli anni, è cambiata la prostituzione: oggi è gestita dalla criminalità di secondo livello mentre negli anni settanta era in mano a mafiosi come Turatello.

Con Andrea Fazioli andiamo all'estero, in Svizzera: protagonisti sono un ex commissario, la sua badante tunisina.

Il libro è composto da 85 racconti che, letti assieme danno l'idea di un romanzo: nasce da un racconto, in cui volevo mettere due persone completamente diverse, un poliziotto anziano che deve convivere con una badante che viene da fuori, da un'altra cultura, giovane.

Da quel racconto, ne sono venuti altri e raccontano la loro quotidianità, non sempre c'è un giallo, un delitto.

Ognuno dei due capisce chi è quando inizia ad interessarsi dell'altro: accettare l'alterità, anche il litigio, anche se ognuno dei due resta sé stesso.

La scelta del racconto è stata anche una sfida: racconto dopo racconto, settimana dopo settimana, ho imparato a conoscerli meglio. Succedeva qualcosa a loro, nel quotidiano, e succedeva qualcosa anche a me.

Sulle spalle dei protagonisti, due persone sole, c'è una grande sofferenza, che deriva dal loro passato: nei racconti però si passa dal noir, all'ironia, al dolore e alla fine le solitudini vengono colmate.

I racconti sono ambientati in vari luoghi, possono essere letti anche non in seguito: alcuni sono ambientati nella Svizzera di oggi, lontana dai luoghi comuni, è un paese fortemente multietnico. In Svizzera l'incontro con altre lingue è forte: i due protagonisti si incontrano con una umanità variegata, che ha problemi di tutti i giorni.

C'è anche il razzismo: Zaynab si deve confrontare con la paura, con la diffidenza per il diverso (per il velo che deve portare sempre), col pregiudizio anche di Robbiani, che pure ha una mente aperta. Ma se c'è speranza per un domani, sta proprio nell'incontro con gli altri.

Ninna nanna, di Ed McBain

 

Entrambi gli agenti investigativi erano padri di famiglia. La baby-sitter aveva quasi l’età della figlia di Meyer, mentre la piccola nel lettino ricordava a Carella i giorni di tanti anni prima, quando i suoi gemelli avevano pochi mesi.

Un buon giallo, un buon poliziesco, dovrebbe essere proprio così.

Intricato, con dei colpi di scena, con un ritmo che non cala mai, con dei personaggi reali e mai stereotipati e col lettore che viene portato, seguendo gli investigatori e i criminali, lungo le strade di una città.

Come in Ninna nanna, uno dei gialli di Ed Mc Bain sugli agenti dell'87 distretto di questa città che assomiglia tanto a New York.

Questo romanzo comincia con la scoperta di due morti, una bambina di sei mesi e la sua baby sitter, uccise in un appartamento nella notte di capodanno da un assassino che prima ha soffocato la piccola e poi accoltellato la ragazza, Daisy. Aveva solo sedici anni. Una vita davanti. La bambina invece, si può dire che la vita nemmeno l'aveva conosciuta.

Del caso se ne occupano i due agenti investigativi Meyer e Carella che, prima di arrivare alla soluzione, dovranno andare a sbattere contro tante porte chiuse. Perché anche questo è il lavoro dell'investigatore: provare una pista, vedere dove ti porta e, se è un vicolo cieco, ripartire da capo.

Per esempio, nello stesso palazzo, nella stessa notte, un'altra coppia è stata derubata da un ladro scappato poi dalla finestra con un anello, un videoregistratore e un cappotto di cammello da mille dollari.

Si tratta dell'assassino oppure è solo un caso?

Nel frattempo seguiamo la vicenda di Eileen e Bert Kling, due poliziotti che sono anche una coppia nella vita. Finché dentro Eileen è scattato qualcosa. Era brava ad acciuffare i rapinatori e gli stupratori, a fare da esca. Finché in un caso le cose sono andate troppo oltre.

Da quando, l’ottobre scorso, aveva ucciso quel maniaco, Eileen aveva escluso dalla sua vita il sesso e il lavoro di esca. Non necessariamente in quest’ordine. Aveva anche detto a Bert,

Ad andare in crisi è il suo rapporto con Bert e anche il suo lavoro in polizia. Lavoro che vorrebbe abbandonare. Senza riuscirci. Come non riesce più a stare con Bert, il poliziotto biondo, che però continua ad amare.

Anche a Kling sta succedendo qualcosa: ha salvato un ispanico di nome Herrera mentre stava per essere massacrato a colpi di mazza da baseball da tre giamaicani.

Razza di farabutto! – gridò Kling. – Mettila giú! L’uomo si voltò. Vide la pistola. Vide il biondo grande e grosso con la pistola.

Come ringraziamento, questa persona (che è un criminale di piccolo calibro) gli racconta di un carico di droga che sta per arrivare via nave dalla Colombia.

Se il poliziotto lo protegge, lui gli racconta tutti i particolari per fare l'arresto dell'anno, si tratta di un carico da 1 milione di dollari.

Ma in questa storia c'è qualcosa che non va. Perché non c'è traccia di quella nave.

E poi perché in realtà il piccolo Herrera è stato cacciato in una storia più grande di lui, una guerra tra bande, da una parte una piccole “posse” giamaicana con un capo spietato e lucido che si chiama Hamilton e dall'altra i cinesi che seguono il traffico di droga.

Le bande di giamaicani si autodefinivano posse, Dio sa perché, visto che tradizionalmente una posse è un gruppo di persone nominate da uno sceriffo

Una guerra dove vige la legge della giungla, del più forte e cattivo che sopravvive uccidendo gli altri.

E il duplice delitto?

Nessuna delle piste seguite dai due agenti li porta ad un risultato, all'inizio.

Sembrava promettente la pista che portava all'ex fidanzato della ragazza, che dopo essere stato mollato, l'aveva minacciata. Ma, niente, alibi di ferro. Scott aveva passato la notte con quella che era stata la sua baby sitter anni prima, quando gli cantava le ninne nanna.

C'è poi un'altra pista: la piccola Susan in realtà era stata adottata. La madre era una ragazza di Seattle che non aveva avuto alcuna intenzione di riconoscere il figlio, troppo presa dalla sua voglia di diventare scrittrice.

Come dei rapidi flashback, l'autore ci fa rivivere quei momenti drammatici del duplice omicidio. L'assassino che scende dal tetto fino a quella finestra, fino alla camera della bambina.

Fino a quando nella stanza entra anche la baby sitter, Annie, con un coltello in mano e tanta paura...

Chi c’è? – Silenzio. – Chi c’è? – Altro silenzio.

E all’improvviso eccola là. Là in piedi. In piedi sulla porta della camera della bambina, con un coltello in mano. Doveva toglierle quel coltello.

Perché quelle due morti, perché quella crudeltà? Le ragioni sono sempre due, per un delitto:

L’amore. Una delle due sole ragioni che portano all’omicidio. L’altra è il denaro.

L'autore ci porta lungo le strade di questa grande città, fredda ma piena di vita, sulle tracce di questo assassino che ha ucciso due volte senza scrupoli.

Una città veramente multietnica, con tutti i problemi che ne conseguono, cominciando dal razzismo nei confronti degli “altri”

 “Questi maledetti immigrati si cambiano il nome in modo che nessuno capisca che sono stranieri. Chi credono di prendere in giro? Uno scrive un libro, è un guappo, e mette un nome americano sulla copertina, ma tutti sanno lo stesso che è un guappo. Tutti dicono: ‘sai come si chiama, in realtà? Il suo vero nome non è Lance Bigelow, è Luigi Mangiacavallo. Lo sanno tutti. E ridono alle sue spalle. Dicono ‘buongiorno Lance, come stai?’ o ‘buonasera signor Bigelow, il vostro tavolo è pronto’. Ma chi crede di prendere in giro? Lo sanno tutti che è soltanto un guappo”.

Come me”, disse Carella.

Seguiremo anche le vicende personali degli agenti, che arrivati a fine libro ci sembrerà di conoscere da una vita. Carella il cinese per quegli occhi “scuri, tagliati a mandorla, e gli conferivano un aspetto vagamente orientale”.

Kling e la sua indagine su quel traffico di droga e il rapporto interrotto con Eileen, che di fronte ai suoi problemi ha deciso di scappare.

Ma la fuga non è mai una soluzione.

La scheda del libro sul sito di Einaudi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

21 ottobre 2020

La passione per il delitto 2020 – domenica 18 ottobre: sotto il segno del thriller

 

Alessandro Perissinotto, Nicoletta Sipos, Romano De Marco e Paola Barbato


Terzo incontro alla Passione per ildelitto 2020, con moderatrice Nicoletta Sipos, di tre romanzi sotto il segno del thriller

  • Paola Barbato, Vengo a prenderti, Piemme

  • Alessandro Perissinotto, La congregazione, Mondadori

  • Romano De Marco, Il cacciatore di anime, Piemme

Vengo a prenderti è il terzo volume della scrittrice Paola Barbato: possono essere letti in ordine sparso, fanno parte di una sola storia che avevo in mente, essendo il Dio del mio libro.

Non ho mai staccato la spina per tre anni, ho avuto un distacco doloroso alla fine del terzo, ero andato più a fondo con questi che con altri miei libri.

Il romanzo inizia con una scena particolare: un poliziotto che scopre delle persone tenute prigioniere, un gigante poco amato dai colleghi. E' uno zoo umano: per questa scoperta diventa un eroe. Noi abbiamo ogni giorno bisogno di eroi, di fronte eventi di cronaca, dove ci dividiamo tra colpevolisti e innocentisti.

Questo poliziotto è la persona meno adatta per essere eroe, viene beatificato come un santino per essersi trovato nel posto giusto, dove non voleva esserci.

Il secondo errore è stato convincersi di essere un ottimo essere umano: la creazione del mostro è la cosa più salvifica del creare gli eroi.

Come oggi, dove col Covid vogliamo trovare il colpevole, da dove è uscito il virus.

C'è tutto un mondo dentro i romanzi di Paola: il lavoro sui personaggi l'ho fatto in base alle esperienze quotidiane, storie sentite anni prima e poi imbastite in una storia, in una storia.

Io parto dal finale delle storie, parto dal colpevole, dalla motivazione e poi inizio a lavorare: cosa spinge la maggioranza dei criminali a fare un crimine? Potere, denaro, torti subiti, cose anche banali, come dal cucchiaino di zucchero con cui si arriva allo zucchero filato.

I tempi e i ritmi della narrazione sono importanti: non esiste tensione se non c'è il ritmo, più ci sono le aritmie, più è caticardico, per spiazzare il lettore, che deve stare scomodo, non deve sentirsi rassicurato.

A me piace far paura- dice Paola Berbato: se hai paura con un libro, quando lo chiudi quella paura te la godi, non corri nessun rischio dopo che questo ti ha mostrato l'immagine della paura.

Romano De Marco ha vinto il premio Nebbia Gialla nel 2020, per il precedente romanzo, Quando la notte ci cerca: ma quest'ultimo non incrocia la storia del precedente, parla di un profiler che si è nascosto in un paese della provincia toscana.

Perché leggerlo? Mi applico libro dopo libro, cerco di migliorarmi. Questa è all'apparenza una storia già raccontata, la storia di un serial killer. Le storie che raccontiamo fanno parte di un canovaccio già sentito ma ogni autore deve metterci del suo e andare fuori dalla trama.

Tre personaggi principali: il cacciatore di anime che sta vivendo un dramma personale, l'investigatore che vorrebbe andarsene via da quel posto e poi l'assassino che gioca con gli investigatori.

Questo è stato scritto mescolando la prima persona e la terza, per entrare nella mente delle persone, con dei flashback.

Anche la metrica è stata curata, intercalando i pensieri dell'assassino con la storia dell'indagine.

Il romanzo è ambientato a Peccioli, provincia di Pisa: me lo avevano chiesto gli abitanti di questa cittadina di scriversi un romanzo. Ho conosciuto il borgo nel 2016, tutte le risorse economiche (che derivano da un impianto di smaltimento rifiuti) sono investite in cultura: tre musei, un anfiteatro, opere di scavi archeologici.

E una rassegna letteraria dove, anni fa, Romano De Marco è stato invitato: sull'invito di creare una storia, sono partito da una vecchia idea, un poliziotto ritirato in provincia.

Questo romanzo racconta Peccioli seguendo la storia di alcuni delitti avvenuti vicino a delle opere d'arte.

Nel romanzo c'è un personaggio, uno scrittore di storie rosa: è un biker con una crew, ma poi deluso dall'esperienza era diventato scrittore.

Un contrasto tra l'aspetto fisico e la realtà che ho voluto costruire.

Quando scrivi un giallo, un thriller, firmi un patto col lettore: rispetto alle regole di Van Dyke degli anni venti, la sola regola che è decaduta è quella delle storie d'amore, i sentimenti che oggi troviamo nei gialli.

Quella di Perissinotto è una storia di cronaca, il massacro di una setta di fanatici religiosi.

I miei romanzi partono dalla realtà, ci sono storie che lavorano dentro da anni: questa in particolare mi lavorava dentro dal 1978, quando avevo 14 anni.

Io questa storia la vedevo dall'alto, un mosaico con tante tesserine che vedevo in bianco e nero. Quel mosaico era composto da 910 cadaveri, persone che si erano suicidate, perché il loro Dio, il reverendo Jones aveva detto loro che era ora di andare in paradiso.

Il punto di partenza è sempre una storia vera: non l'ho raccontata prima perché mi mancavano i personaggi romanzeschi, li ho dovuto trovare nell'America vera, in Colorado dove ho insegnato per diversi mesi.

Romanzo dopo romanzo, ho affinato la tecnica, le immagini del romanzo si immaginano bene nella mente e questo l'ho scritto in pochi mesi.

La chiave per raccontare la storia del massacro, è quella di un personaggio femminile: Elizabeth è una donna molto bella che ha avuto una infanzia difficile (per colpa del del reverendo Jones), ha vissuto per la sua bellezza, facendo la spogliarellista.

L'autore si è ispirato ad un incontro fatto con una cameriera, a Frisco, una ragazza che si era inventata una storia, quella della nonna originaria di Roma. Una storia inventata perché nella sua si sentiva inadeguata.

Elizabeth era scampata al massacro: a questo suicidio di massa sono scampati in quindici tra cui l'avvocato della setta: l'Elizabeth della storia conosce i segreti di questa storia.

Nel romanzo ci sono tempi diversi: c'è l'adesso dove Elizabeth aspetta di venire uccisa, c'è un tempo più vicino, che racconta come Elizabeth arrivi a Frisco e poi 40 anni prima che spiega perché Elizabeth ha vissuto quella vita e perché adesso ha un appuntamento con la morte. Appuntamento che nel 1978 aveva solo rinviato.

Per raccontare la storia del massacro, ho usato il thriller, la tecnica della paura, della tensione: questo è il primo romanzo che ambiento negli Stati Uniti, mi è venuta in mente una conversazione con Faletti e Connelly dove si parlava del linguaggio del thriller.

Ascoltando i loro discorsi, ho imparato quella scrittura: un linguaggio semplice, frasi brevi, soggetto predicato complemento, ogni frase una stilettata.

Nel romanzo c'è anche un aspetto erotico, quando Elizabeth incontra un ragazzo più giovane a cui concede la sua nudità, senza andare oltre.

Perché continuare a leggere? L'ultima domanda rivolta ai tre scrittori

Perché si continua a respirare (Barbato).
Perché la vita va avanti (De Marco).
Perché scrivere e leggere sono l'estensione del nostro vivere verso esperienze che non ci sono state date (Perissinotto)

L'Italia del coprifuoco

Benvenuti nell'Italia dei sindaci sceriffo, sempre pronti a installare telecamere per ogni dove, perché la sicurezza innanzitutto. Pronti a battersi per il decoro, a cacciare i mendicanti dal centro, a togliere la panchine per evitare bivacchi molesti.

Sceriffi che però si tolgono la stella dal petto quando di tratta di prendersi delle responsabilità per combattere il covid, perché rischierebbero di perdere consenso.

Benvenuti nell'Italia che, reduce da una estate di baldorie, di stadi aperti, di basta con questo smart working, sta entrando direttamente nella fase due della pandemia.

Perché non abbiamo imparato niente da quanto successo a marzo e aprile.

Mancano i vaccini e non è colpa del mes o del piove governo ladro.

Non riusciamo a fare tamponi in tempi brevi perché manca il personale tecnico, mancano infermieri. E sono persone che vanno formate e pagate bene.

Non abbiamo attivato tutti i posti per le terapie intensive, ma in Lombardia i manager della sanità hanno preso i bonus per il loro lavoro.

E, sempre in Lombardia, si torna a parlare dell'ospedale in Fiera: una struttura per le terapie intensive senza un ospedale vero attorno. 

I trasporti pubblici che portano studenti e persone a scuola e lavoro che non consentono un distanziamento. Eppure mi ricordo questa estate ministri, esperti, giornalisti discutere del ponte sullo stretto, dei progetti strategici che avremmo potuto realizzare coi soldi dell'Europa.

Mancano medici sul territorio (dove sono le USCA?), negli ospedali, eppure ci sono migliaia di medici che hanno passato il concorso e che aspettano solo di essere chiamati a ruolo. Aspettano solo la pubblicazione delle graduatorie, per i ricorsi fatti al tar di chi ha perso.

Dovevamo far riaprire le scuole a tutti i costi eppure adesso i governatori, quelli che chiedevano autonomia perché bravi a governare, parlano di didattica a distanza.

E così si arriva alle soluzioni di compromesso: quella del governo, che non scontenta troppo, che punta sul solito refrain, state a casa.

E la soluzione (che si rivelerà poco efficace) della regione Lombardia (quella di Fontana, quella che Report ci ha raccontato lunedì sera), col coprifuoco.

Soluzione che ora non va bene a Salvini, perché sarebbe un colpo all'immagine della gestione virtuosa della sanità lumbard. 

Dovevamo fare i tamponi a tappeto, almeno nelle aree maggiormente colpite, dovevamo proteggere gli studenti, gli ospedali, il personale sanitario, le persone anziane.

E invece torniamo ad ascoltare le testimonianze di persone che, ora e adesso, si sentono lasciate sole, a casa, a doversi preoccupare di quarantene, tamponi, chiusure..